BIOGRAFIA E DOCUMENTI - 1856


La tragica avventura non può più finire che con la morte. Brahms

passa da Endenich nel febbraio del 1856 e rimane colpito vedendo Schumann trasformato al punto di essere irriconoscibile. Le allucinazioni della vista e dell'udito sono incessanti, ma essendo ormai permanenti, Schumann ne è sfibrato assai meno di prima. Schumann mette in ordine alfabetico i nomi ricavati da un atlante geografico. D'altro canto si sente ormai tagliato fuori; in una delle ultime lettere a Clara scrive, ansioso di sapere:

Se potessi vedervi, se potessi parlarvi! La strada, ahimè, è troppo lunga. Fammi sapere tu, allora, come si svolge la tua vita, dove abitate, e se suoni sempre il pianoforte così meravigliosamente bene. Hai sempre il pianoforte a coda di Klemm? Marie ed Elise fanno progressi? Cantano ancora con la loro voce fresca e pura? Conservi ancora tutte le lettere che ti ho inviato, le pagine d'amore che ti ho inviato da Vienna a Parigi? E forse un sogno pensare che l'inverno scorso eravamo insieme in Olanda e che tu, in quel paese, riportavi brillanti successi?

La morte di Schumann rimane avvolta nel mistero. Molti medici e psichiatri hanno tentato le diagnosi più disparate: schizofrenia, psicosi maniaco depressive, sifilide. Certamente nel corso della sua travagliata esistenza sono comparsi sintomi che confermano parzialmente ciascuna di queste tesi senza che nessuna di esse possa porsi come esaustiva. La cosa certa è che dal '44 le condizioni di salute del compositore sono andate peggiorando senza rimedio e il fallimento come direttore d'orchestra a Düsseldorf è soprattutto una conseguenza di quello stato. Schumann fatica ormai ad esprimersi e spesso la sua mente si assenta per lunghi periodi, perde i contatti con la realtà. Si può avanzare un'ulteriore ipotesi che, senza realmente contrapporsi alle altre, illumina il problema da un differente punto di vista rispetto alle tesi rigorosamente scientifiche e incapaci però di render conto del caso Schumann nella sua integrità.
Il musicista è probabilmente affetto da una sifilide contratta in gioventù; è inoltre soggetto a crisi depressive che solo in parte si possono far risalire a tale malattia ed alle cure al mercurio. Ma soprattutto Schumann è un sensitivo dotato di capacità ricettive non comuni. Ce lo confermano le molte premonizioni che costellano la sua vita e che, si è detto, prendono spesso forme musicali (i Nachtstücke ed il corale funebre dei tromboni del '39). Altre volte si manifestano attraverso il sogno: nel '37 scrive a Clara:

Sogno di passeggiare accanto a delle acque profonde e l'idea che mi attraversa è di gettare l'anello e di precipitarmi in esse.

È una visione che arriva dal futuro. Infine quelle anticipazioni si palesano nelle significative fobie; il musicista è angosciato dalle case di cura per malattie mentali, non ne sopporta la vista e la vicinanza. Prima di trasferirsi a Düsseldorf scrive a Hiller:

In un vecchio libro di geografia dove ho cercato recentemente qualche dettaglio su Düsseldorf ho letto che nella città vi sono tre conventi ed una casa di alienati. Dei primi non mi preoccupo, ma quella casa d'alienati mi è molto sgradita ed ecco le ragioni. Ti ricordi che qualche anno fa noi siamo stati a Maxen. Un bel mattino mi sono accorto che la finestra della mia camera dava su Sonnenstein, quella casa di alienati situata presso Pirna. Tutto il piacere di trovarmi in un luogo così affascinante fu cancellato da quella vista tanto triste. Temo che possa capitare lo stesso a Düsseldorf. Bisogna che eviti accuratamente tutte le impressioni malinconiche di tal genere: noi altri, musicisti, viviamo certo sulle alture serene della nostra arte, ma le disgrazie della vita reale ci penetrano più nel profondo.

Nuovamente un'immagine del suo destino ossessiona il compositore anzitempo.
Negli ultimi anni, mentre le condizioni fisiche peggiorano, Schumann scopre ed approfondisce le proprie capacità medianiche; da solo riesce ad evocare entità trapassate e a dialogare con loro per lunghe ore; e questa non è certo operazione alla portata di chiunque. Le allucinazioni sonore, le voci lontane che da molti anni ossessionano il compositore ora divengono presenze stabili, addirittura quotidiane nella sua esistenza. Questo "finale" è una conseguenza coerente della sua opera musicale così ricca di episodi mistici, di misteriose voci che sembrano parlarci da una lontananza remota, di tensione verso una dimensione trascendente ed immateriale. Ora quella lontananza, quelle voci sono più vicine, lo hanno raggiunto.
Nel periodo pianistico e rivoluzionario Schumann dà libero sfogo a questo universo di maschere e fantasmi, inconsapevolmente. Quanto più la sua esistenza è anticonvenzionale e trasgressiva, quanto più la sua arte è liberatoria e originale, sganciata da ogni schema classico, tanto meno sembrano manifestarsi i segni della malattia, le crisi depressive e le fobie. Gli episodi noti (nel '33 e nel '39) sono causati dalla perdita di persone care che incidono profondamente nell'animo ipersensibile del giovane e ne mettono in pericolo il precario equilibrio. La creazione artistica sembra compensare, sublimare e risolvere le lacerazioni interiori. Poi, dopo il matrimonio e la svolta "borghese", dopo la scelta di una vita più solida ed ordinata e dopo il parallelo ritorno alle strutture musicali tradizionali, l'inquietudine schumanniana sembra non trovare più canali idonei per estrinsecarsi. L'equilibrio esterno non è in accordo con le ansie e le angosce interiori. Ecco allora nuove suggestive premonizioni nelle scelte dei soggetti degli oratori: ovunque il tema della morte e della redenzione dalla colpa, ovunque il percorso verso una dimensione ultraterrena sentita come liberatoria. L'angelo Peri, il pellegrinaggio della Rosa, l'anima di Faust accolta nel cielo dei beati e, soprattutto, il lungo dialogo tra Manfred e il mondo degli spiriti: tutte queste storie anticipano le vicende conclusive della sua tormentata esistenza, il suo chiudersi con quell'ostinato ed entusiasta dialogo con l'aldilà. Se il discorso musicale si è fatto più rispettoso dei canoni tradizionali, la scelta di quelle storie evidenzia i significati impliciti e nascosti, forse inconsci, nei capolavori pianistici.
Il dialogo con gli spiriti lo porta alla conoscenza di un sapere esoterico che era adombrato in alcune opere musicali, in particolare ne Il pellegrinaggio della Rosa. Schumann si è ormai familiarizzato con l'idea della reincarnazione che sembra regolare l'evoluzione di ogni essere: attraverso numerose, necessarie esistenze ogni individuo perfezionerà la propria natura fino a dissolversi nel Tutto. Scrive l'amico Becker: "Le sue orecchie sentivano come un soffio lontano di una musica sostenuta dalle più nobili armonie... Egli pensava si trattasse di un ricordo di una vita anteriore dopo la quale egli aveva cambiato involucro corporeo ". Il 7 febbraio, venti giorni prima del tentato suicidio, Schumann scrive:
Adesso sono occupato con gli antichi, Omero e i Greci. In Platone specialmente ho trovato splendidi passi.
È facile immaginare che il musicista fosse interessato ai dialoghi platonici come Menone e Fedone, in cui il filosofo affronta il problema della reincarnazione e delle molteplici esistenze anteriori.
Il contatto con quella dimensione misteriosa e metafisica non è però solo caratterizzato da episodi lieti; accanto alle voci degli angeli egli sente anche voci infernali, ed anzi, in quei drammatici giorni di febbraio, dice addirittura di vederli. Ovviamente si è sempre pensato ai miraggi di una mente malata; alla luce di quanto sopra detto ci sentiamo invece di poter azzardare l'ipotesi che non si trattasse di mere fantasie. L'intera esperienza schumanniana, umana e musicale, porta verso quel superamento dei circoscritti limiti del quotidiano. Il musicista di Zwickau si getta nella nuova impresa con il consueto entusiasmo, ma anche con una certa incoscienza, ignaro dei rischi connessi a simili esperienze. Debole, malato, inesperto non riesce più a controllare i fenomeni che accadono e le entità che si manifestano durante le sue sedute medianiche; perciò in esse si introducono "ospiti indesiderati" che finiscono con il destabilizzare definitivamente la sua mente. A differenza del superuomo Manfred, Schumann non riesce a dominare gli spiriti; al contrario viene presto sopraffatto. Quando racconta di angeli dalle voci suadenti e di demoni che lo terrorizzano e lo conducono all'atto estremo, una sorta di ultima trasfigurazione dell'antitesi Eusebio/Florestano, non sta solo delirando.
A Düsseldorf, nel febbraio '54, durante quella vigilia di carnevale, si attua un destino che era inscritto nell'esistenza schumanniana già da molto tempo e di cui il musicista aveva avuto ampie ed inesorabili premonizioni. Il 29 luglio 1856 egli, finalmente, varca i limiti. Restando a letto sempre più a lungo, Schumann, man mano che l'estate avanza, continua a indebolirsi. Dal 14 al 23 luglio declina così rapidamente che il dottor Richarz spedisce a Clara un telegramma: «Venga in gran fretta, se vuoi trovare suo marito ancor vivo».
Clara accorre, seguita da Brahms.

L'indomani, il 28, Schumann cade in preda alle convulsioni. Urla per il dolore fino a metà della notte e poi si quieta, misteriosamente, mentre pare che tutte le sue membra si stendano. Sul far del giorno, il 29, il cuore batte in un ritmo sempre meno sensibile. Muore verso le quattro del pomeriggio, Schumann.

***

L'8 giugno 1856, giorno del suo compleanno, Brahms lo trovò che compilava elenchi di città e nazioni in ordine alfabetico. Il 23 luglio Clara fu chiamata a Endenich con un telegramma, perché sembrava che fosse in punto di morte, ma la crisi fu superata e Clara fece ritorno a Düsseldorf senza averlo potuto vedere. Brahms invece poté ancora rivederlo. L'attesa si era fatta intollerabile: Clara tornò a Endenich con Brahms il 27 e, per la prima volta dopo quasi due anni e mezzo, vide il marito. Schumann sembrò riconoscerla, ma non fu in grado di parlare in modo intelligibile. Il 28 Clara e Brahms gli furono quasi sempre vicino e il 29, alle quattro del pomeriggio, morì. Fu sepolto due giorni dopo a Bonn, nel cimitero adiacente alla Sternentor. [ABRAHAM]


SCHUMANN ET BRAHMS - 4
PAR CLAUDE ROSTAND
BRAHMS - FAYARD

Après sa tournée de concerts, Brahms devait rentrer à Düsseldorf pour passer les fêtes de Noël en compagnie de Clara. Mais, dès les premiers jours de janvier, il repartait. Nous le retrouvons le 10 janvier au concert du Gewandhaus de Leipzig, interprétant le concerto en sol majeur de Beethoven, et, en solo, quelques pièces de Schumann. La critique qui parut dans le Signale est caractéristique de la façon dont Brahms jouait - et continuera d'ailleurs toujours de jouer - du piano: «Bien des artistes possèdent une technique plus éclatante, mais il en est peu qui savent traduire les intentions du compositeur d'une façon aussi convaincante, ou suivre, comme Brahms le fait, le vol du génie beethovénien, et en révéler toute la splendeur.» Est-ce que là n'est pas aussi le secret et l'explication de son art à lui, et de son génie?
Johannes, se dirigeant ensuite sur Hambourg, s'arrête à Hanovre pour saluer l'ami Joachim, ce qui lui donne l'occasion d'assister à un des concerts d'abonnement que dirigeait celui-ci, et au cours duquel il entendit pour la première fois le grand Anton Rubinstein,

alors âgé de vingt-cinq ans. Les deux artistes firent connaissance, et c'est à l'occasion de cette rencontre que Rubinstein écrivit à Liszt la lettre contenant ces lignes restées célèbres: «J'ai fait la connaissance de Grimm et de Brahms à Hanovre, ainsi que celle de Joachim que je n'avais jamais vu auparavant. Des trois, c'est ce dernier qui m'a le plus intéressé; il m'a fait l'effet d'un novice qui sait qu'il peut encore choisir entre le cloître et le monde, mais qui ne s'est pas encore décidé. Quant à Brahms, il me serait difficile de préciser l'impression qu'il m'a faite. Pour le salon, il n'est pas assez fougueux, pour la campagne il n'est pas assez primitif, pour la ville il n'est pas assez général. J'ai peu de foi en ces natures-là. Grimm m'a paru être une esquisse incomplète de Schumann.» Si le pronostic s'est révélé plutôt controuvé par la suite, le portrait n'était pas mauvais, et vient assez bien compléter et résumer ce que nous connaissons jusqu'alors de Brahms. On sait, par différents et nombreux témoignages, celui de W.A. Thomas San-Galli en particulier, que les réactions et les gouts du grand Rubinstein

ont été au-dessus de tout soupçon. C'est donc très sincèrement, si l'on ose dire, qu'il n'éprouve, pas plus ce jour-là que plus tard, la moindre sympathie pour Brahms. Il resta toujours complètement formé à sa musique, prétendant qu'il n'avait jamais pu retenir aucun de ses thèmes, et que d'ailleurs la lignée des grands musiciens s'arrêtait avec Schumann.
De son côté, Brahms n'éprouva pas une vive sympathie pour le grand virtuose. Ou plus exactement, si le pianiste produisit sur lui une grande impression, le compositeur ne lui plut pas du tout : «Tantôt insignifiant, tantôt abominable, mais toujours adroit», écrit-il à Clara. [...]
Clara voyageait. Schumann, qui n'allait guère mieux, ne pouvait recevoir personne, et écrivait à peine. Brahms fut repris par la poésie de son cher Holstein natal, et décida de s'intaller auprès de ses parents pendant les mois de février et de mars. Il travaillait pour lui, et donnait quelques leçons, en particulier à une cousine de Otten, une certaine Fraülein Friedchen Wagner, professeur de piano. Par contre, il compose peu. Non, certes, qu'il fut découragé par ses expériences passées. Mais il n'a pas attendu la critique de la 'Neue Zeitschrift für Musik' pour être convaincu qu'il doit travailler et mûrir encore. Depuis l'automne 1854, en effet, il n'a rien publié. Sa tentative d'écrire cette symphonie à quoi l'avait poussé Schumann l'a un peu refroidi. Il s'est senti assez inférieur à une tâche aussi grande. Brahms conservera toujours, tout au long de sa vie, une impitoyable faculté d'autocritique. Là, il a connu ses faiblesses, ses manques. C'est donc à combler ceux-ci qu'il décide de consacrer le temps que lui laisse son activité de concertiste. Toutefois, il n'abandonne pas complètement son papier à musique et il commence, sans hâte, à noter les esquisses de ce qui deviendra par la suite le quatuor avec piano opus 60, lequel conportera un thème emprunté à Joachim à qui il en parle dans une de ses lettres de ce début de l'année 1856.
De temps à autre, Johannes recevait des nouvelles de Clara qui, parcourant l'Europe centrale, s'affirmait une des plus grandes pianistes de l'époque, et où, tristement, elle allait de triomphe en triomphe. A Vienne, où elle donna six récitals au cours de l'hiver, elle introduisit pour la première fois la musique de Brahms en jouant deux des fameux feuillets d'album restés inédits, la Sarabande et la Gavotte, ainsi que l'Andante et le Scherzo de la sonate en ut majeur. Le critique de la 'Wiener Zeitung', l'un des principaux journaux de la ville qui allait plus tard devenir la résidence de Brahms, trouvait ces pièces «d'une rare beauté, ce qui ne fait que confirmer l'impression que l'on avait déjà de l'exceptionnel talent du compositeur».
Ainsi la renommée du jeune aigle, du jeune prophète de Schumann commençait de franchir les frontières. Le critique viennois, Carl Debrois van Bruyck, schumannien ardent, connaissait d'ailleurs d'autres oeuvres de Brahms, en particulier les variations opus 9 et, à l'occasion des concerts de Clara, avait longuement entretenu ses lecteurs de la personnalité du nouveau génie qui commençait de rayonner sur l'Allemagne. «Un talent authentique et tout à fait original» s'écriait-il «une nature d'artiste merveilleusement douée. Certaines de ses pièces sont vraiment magiques, irréelles; les plus belles d'entre elles rappellent Schumann, peut-être intentionnellement; dans certaines autres, en particulier la dernière, le jeune compositeur montre une certaine tendance au vague et au mystique qui est plutôt inquiétante et dangereuse. A côté des variations, je mettrai les lieder; on y trouve des choses d'une grande profondeur et vraiment exquises... Brahms est évidemment dans le cercle des élus, et est déjà parvenu à une très réelle maturité bien que celle-ci ne soit pas encore actuellement suffisante pour ce qu'il a à nous dire. Et c'est le devoir de la critique sérieuse et impartiale que de le protéger des sarcasmes que les hommes les plus hautement doués n'ont jamais évité, surtout quand leurs dons sont particulièrement faits d'originalité. Comme nous l'avons dit, le talent naturel de Brahms est au-dessus de toute discussion, et les dangers qui le guettent, les doutes que l'on peut éprouver en ce qui concerne son évolution résident, pensons-nous, dans la tendance mi-instinctive, mi-volontaire qui le pousse vers la recherche d'un raffinement excessif, dans la tendance trop affirmée pour le démoniaque, le fantastique. Fasse Dieu qu'il réussise à combattre cela. Alors nous pourrons attendre beaucoup de fruits plus mûrs et plus parfaits, soit pour l'immédiat, soit pour le futur.» Cet article de Bruyck est d'autant plus étonnant et d'autant plus méritoire que Vienne, ainsi que l'on sait, a été, et reste, la ville la plus conservatrice de l'univers musical. C'était là pour Brahms - à qui Clara envoya l'article - un sérieux encouragement, et sans doute l'affection qu'il conservera toujours à la capitale viennoise sera-t-elle due en partie à l'intelligence et à la clairvoyance d'un critique tel que Bruyck dont la sympathie le consolait de certains articles aigres-doux et sournois parus à son sujet dans la presse de l'Allemagne occidentale.
L'état de Schumann devenant de plus en plus alarmant, et Clara, dans l'obligation d'accepter les tournées de concert qu'on lui proposait, étant partie pour l'Angleterre le 7 avril, Brahms décida de s'occuper lui-même de son maître bien-aimé. Il nourrissait secrètement le projet de faire sortir le malade de l'asile d'Endenich dont le traitement ne donnait pas de résultats bien encourageants. Il quitta donc Hambourg, où il passait des semaines laborieuses, et entreprit une enquête auprès des principaux psychiatres. Clara, qui était alors à Londres, apprit cette nouvelle avec soulagement. Dans une lettre du 15 avril adressée à Dietrich, alors directeur de la musique à Bonn, elle écrit : «... Je dois vous remercier encore très chaleureusement, vous et le professeur Jahn, pour la sympathie que vous avez témoignée à Johannes afin de favoriser son entreprise. C'est une grande consolation pour moi que de savoir qu'il n'est pas seul. Cela serait trop dur pour lui. En ce qui me concerne, je n'ai rien de particulièrement gai à raconter. En esprit, je suis toujours en Allemagne. J'ai joué hier à la Philharmonique avec le coeur bien meurtri. J'avais reçu le matin une lettre de Johannes dans laquelle j'ai lu entre les lignes, bien qu'il se soit efforcé, en toute affection, de me dire tout ce qu'il pouvait y avoir de consolant. Je ne sais comment j'ai trouvé la force de jouer...» Et elle ajoute en postscriptum: «Je pense vraiment que la lettre ci-jointe n'a pas grand intérêt. Johannes vous la montrera certainement ainsi qu'au professeur Jahn. J'ai simplement entendu parler du traitement des affections cérébrales par l'eau froide, et je suis très anxieuse de savoir si on va essayer de l'appliquer à mon mari. Voulez-vous, je vous prie, dire à Johannes que je vais lui écrire demain à ce sujet.»
Brahms a fait le tour de tous les spécialistes. Il est maintenant convaincu que l'heure est venue, et que le traitement préconisé par Clara n'est même plus à tenter. Il veut voir Schumann une dernière fois pour s'en convaincre. Il sort bouleversé de la maison de santé où il n'était pas revenu depuis tout juste un an. Pendant ce temps, Clara, seule à Londres, relit la dernière lettre reçue de Robert, qui date, elle aussi, tout juste d'un an, cette lettre dans laquelle Schumann parlait à nouveau des anges, et des ailes qui lui avaient permis de faire parvenir à Brahms son cadeau d'anniversaire. Dès lors Johannes, doucement, va préparer Clara, qui sait lire entre les lignes...
Celle-ci poursuit courageusement sa tournée triomphale dans les grandes villes britanniques en mai et juin. Ses programmes sont audacieux pour l'époque. Ils sont dominés par les noms de Schumann, de Sterndale Bennett,

de Brahms (dont elle continue de jouer la Sarabande et la Gavotte), et d'un musicien complètement oublié pour lors, Scarlatti.
Dans les intervalles que lui laissaient ses tournées, Brahms habitait Bonn. Il était ainsi à proximité de Schumann, il retrouvait l'ami Dietrich, et surtout il pouvait rencontrer le grand poète bas-allemand Klaus Groth


DISEGNO DI HANS OLDE

dont il avait fait la connaissance récemment. Les deux Nordiques passaient ensemble des heures au bord de ce Rhin qu'ils aimaient. Le Festival eut lieu à Bonn entre cette annéelà, du 11 au 13 mai. C'est à cette occasion que Brahms se lia avec Julius Stockhausen

venu là pour chanter l'Elie de Mendelssohn, des airs de Boiëldieu, ainsi que des lieder de Schubert, de Mendelssohn et de Schumann. Il allait devenir un grand ami de Brahms, avec lequel, d'ailleurs, il donnerait bientôt quelques concerts à la fin de mai, le 27 à Cologne au Casino, le 29 à Bonn dans la salle de la Lesegesellschatf. Brahms joua en solo la Fantaisie chromatique de Bach, les variations en ut mineur de Beethoven ainsi que celles en mi bémol, la romance de Clara, un impromptu de Schubert, et une fugue en la mineur de Bach. Puis il accompagnait Stockhausen dans une série d'airs et de lieder. Il eut personnellement un grand succès, ce qui est très significatif si l'on pense qu'il était surtout là en simple accompagnateur de vedette.
C'est la semaine suivante que tombait le quarantesixième anniversaire de Schumann. Accompagné des amis Dietrich, Groth et Jahn, Brahms se rendit à la maison de santé. Seul il fut autorisé à visiter le malade. Celui-ci le reconnut et lui dit, un moment, la joie qu'il éprouvait de le revoir. Clairière dans la nuit de ce pauvre cerveau qui avait sombré depuis longtemps. Brahms sortit sans illusions sur l'imminence de la perte que la musique allait faire.
Clara rentra d'Angleterre au début de juillet, épuisée de fatigue et d'angoisse. Le 23, elle reçoit le télégramme: «Si vous voulez voir votre mari encore vivant, venez en hâte, son aspect est terrifiant». Elle ne l'avait pas revu depuis la «chute» de 1854, les médecins s'étant toujours refusés à toute visite. Clara accourt à Bonn, mais un très léger mieux s'étant manifesté, la consigne d'interdiction rentre en vigueur, et Clara ne voit pas encore Robert ce jour-là. Le dimanche 27, elle revint à Bonn. Brahms était là et il la soutint quand elle entra dans cette chambre de mort où respirait encore celui qu'elle n'avait plus revu depuis deux ans et demi.
Florence May, à qui Brahms raconta la scène, nous la transmet ainsi: «Schumann reposait, les yeux fermés, au moment où elle entra, mais il les ouvrit aussitôt sur le visage de celle qui venait s'agenouiller au bord de son lit. On s'aperçut, après un court moment, qu'il avait reconnu sa femme. Il n'avait plus l'usage de la parole, mais une lueur de conscience passa dans son regard. Il prononça d'une façon à peine compréhensible un mot de tendresse, et soudain, dans un dernier sursaut de forces, il put mettre ses bras autour de son cou».
Laissons la parole à Clara elle-même: «Il me sourit et m'enlaça à grand-peine d'un de ses bras, car il ne pouvait plus commander à ses membres. Jamais je n'oublierai cet instant. Je ne donnerais pas cette étreinte pour tous les trésors du monde. C'est ainsi qu'il a fallu que nous nous revoyions. Avec quelle peine n'ai-je pas tenté de retrouver ses traits bien-aimés. Quel spectacle de douleur.»
Deux jours encore Clara et Johannes veillèrent le moribond qui était maintenant complètement dans les ténèbres. Un moment, le lundi soir, Clara mouilla ses lèvres d'un peu de vin. Il ouvrit les yeux et sembla la reconnaître une seconde. «Il mourut doucement le mardi à quatre heures de l'après-midi, le 29 juillet, écrit Florence May, et Frau Schumann, qui avait été se reposer un court moment à l'hôtel, revint accompagnée de Brahms et de Joachim...»
«Les funérailles, très simples, eurent lieu le 31. Brahms, qui précédait Joachim et Dietrich, avait dans les bras une couronne de lauriers», écrit Ferdinand Hiller, qui rendit compte de la cérémonie dans la 'Neue Zeitschrift für Musik'.
Au cimetière, Clara se tenait à l'écart. Brahms posa la couronne de la veuve sur le cercueil. Le pasteur Wiesemann et Ferdinand Hiller prononcèrent quelques mots. Puis on entendit la chorale, dirigée par ce dernier, pendant que les amis jetaient, l'un après l'autre, la pelletée de terre.
Brahms se tenait au bord de la fosse.
Le lendemain, tous les amis reconduisirent Clara à Düsseldorf. Mais là, le petit cercle schumannien devait se rompre définitivement. Le 2 août, Joachim écrit à Liszt: «Frau Schumann est rentrée hier; la présence des enfants et de Brahms - que Schumann aimait comme un fils - soutient cette noble femme qui me semble, dans son profond chagrin, d'une force surhumaine. Je resterai ici encore quelques jours.» Il devait, en effet, bientôt aller reprendre son poste à Hanovre. Grimm, lui, partait pour Göttingen où il était nommé directeur de la musique, fonction que Dietrich allait remplir à Bonn en remplacement de Wasielewsky, nommé à Dresde. Tous les jeunes amis de Schumann, un solide métier en main, sont maintenant, si l'on ose dire, casés. Brahms avait bien un moment brigué la place laissée libre à Düsseldorf par l'internement de Schumann, mais la chose ne se fit pas. On le trouva trop jeune, trop lié, aussi, avec les Schumann, et c'est le candidat officiel du comité et de la municipalité, Julius Tausch,

qui fut nommé.
Johannes n'ayant donc pas de fonction lui imposant en été des obligations précises avant les concerts qui l'attendaient pour la rentrée d'octobre, il put se consacrer encore un peu à Clara. L'état de santé de celle-ci, ses fatigues physiques des derniers mois, le choc de ses souffrances morales, lui commandaient, avant de reprendre ses tournées d'hiver, de faire une sérieuse cure de repos. C'est Brahms, là encore, qui fut l'ami de ces heures tristes et calmes. Sa propre soeur, Elise, qui souffrait de terribles maux de tête et à laquelle son modeste mais écrasant travail de couturière à la journée faisait une vie assez pénible, avait aussi besoin de repos. On se retrouva à Düsseldorf, et, sous la direction de Johannes, tout le monde, y compris les enfants Schumann, alla s'installer en Suisse, à Gersau, sur les bords du lac des Quatre-Cantons. A la fin de ces bonnes vacances, sur lesquelles nous n'avoos aucun détail, chacun reprit le travail. Clara repartit en tournées. Et Brahms regagna le bercail de Hambourg. Nous l'apercevons le 25 octobre au concert d'abonnement de Otten où il joue le concerto en sol majeur de Beethoven avec un grand succès, cette fois. Puis le 22 novembre au concert de la Philharmonique entièrement consacré à Schumann. Son interprétation du concerto pour piano - qui ne semble pas avoir particulièrement conquis le public - passa d'autant plus inaperçue que Joachim joua la Fantaisie pour violon avec un succès si foudroyant qu'il dut donner en bis la chaconne de Bach.