RICHARD WAGNER WEBSITE

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Da un segreto senso della fine degli dei è dominata la spiritualità religiosa europea precristiana nelle due originali sue tradizioni, la etrusca ed ellenica e la scandinavo-germanica: dall'oscura ansia quindi verso una divinità eterna, ansia e speranza di cui sono, in Grecia, Eleusi, l'orfismo, la tragedia e la filosofia, le discordi e concordi testimonianze.
Assurge, nell'altra delle due tradizioni, quel segreto senso a esplicita certezza di dogma, quale nella parte teologicamente fondamentale dell'Edda, il poema cosmogonico Voluspa, si definisce. Analogo, questo poema ai due poemi esiodei; ma se in Esiodo trionfa il mondo celeste su quello terrestre (Teogonia) e il mondo divino sull'umano condannato alla catastrofe (Opere e giorni), universale è nella Voluspa la catastrofe, ed anzi è il mondo divino quello che primo appare condannato. Condannato per un crimine, che Locki (Loge), il dio della fine, sovente rinfaccia agli dei, annunziando il giorno della loro rovina: consiste nell'esser «divenuti» tali, il crimine degli dei, nell'essersi fatti dominatori dell'universo contro e sopra dominatori precedenti, e d'essersi anche serviti di questi, vinti, nell'affermazione della loro sovranità (costruzione del Walhall), a sostegno della propria potenza togliendo l'innocenza stessa del mistero (furto dell'oro del Reno) che così diventa contro di essi la maledizione. La Voluspa è la grande profezia di Vala (Erda), la Veggente, sulla fatale rovina, castigo degli dei, e del mondo con essi.
Quasi tutte le concezioni poetico-religiose e mitiche del Nord europeo appartengono, nella loro forma letterariamente redatta, al tempo di crisi spirituale nel transito dall'antica alla fede nuova, cristiana: significano una difesa di quella contro questa e però un approfondimento del suo intimo spirito. Ligio alle anteriori credenze è il cristiano autore del poema cosmogonico-escatologico, Gylfaginning; e motivi e spirito pagano, attraverso una tradizione di poesia gelosamente sentita come patrimonio spirituale, in poemi quali Muspilli (Giudizio finale) ed Heliand (Redenzione), nello sviluppo del tema cristiano insistono profondi. D'una misteriosa sopravvivenza degli antichi tramontati dei, in ira contro gli uomini ormai adoratori secondo un'altra fede, a lungo ancora il senso perdura.
Attraverso la sincrèsi ellenistica e romana vien tutta a spontaneamente risolversi nel cristianesimo la civiltà mediterranea; dal cristianesimo quella nordica è come sopraffatta, distratta da se stessa nel momento del suo definitivo sviluppo interiore, così che alla propria irriducibile originalità non può non resistere fedele e secondo essa quindi sforzarsi di vivere la fede nuova verso la quale il suo naturale divenire non l'ha ancora disposta e avviata.
Dei che la propria potenza conquistano, dei che tali «divengono» per tragiche vittorie su anteriori divinità, come quelli nordici anche quelli ellenici: Crono vincitore di Urano, Zeus di Crono, logicamente, fatalmente, dei morituri, vittoriosi e destinati ad essere vinti; e come quelli etruschi, dii consentes, subordinati ai dii involuti, e nati, destinati a scomparire.
Dalle oscure alle potenze luminose ascende, nella concezione ellenica, la storia degli dei; da un'età aurea a una oscura età quella umana è in discesa. È come se gli dei abbiano a sopravvivere alla stirpe degli uomini su cui pesa una tacita maledizione. Nell'universo fatto armonioso, e unificato in forza della rivoluzione divina, per l'imposizione del potere divino che ne deriva, questo viene a gravare sugli uomini, che pur sono «simili» agli dei, e una nuova discordia, nuova dualità, spezza la compiuta armonia. Della divinità che non è eterna, che tale è diventata per proprio volere lottando contro altre potenze divine, è fatale l'oppressione di quanto sia sotto il suo dominio: divinità gelosa e superba della propria conquistata potenza, e intimamente sospettosa, per mantenerla, anche verso gli uomini: a costo di rimanere in ultimo sola, senza più nulla su cui dominare.
Se all'umanità, secondo il pensiero ellenico (Esiodo), è concessa la speranza, secondo il pensiero nordico l'umanità non s'illude: civiltà che eroicamente spera, e civiltà che dispera eroicamente; e l'una vede, contro ogni sua illusione, morire la propria fede, il proprio mondo divino (morte di Pan, di Zeus, di Apollo), cadere, ma per rinnovarsi, nella nuova fede, la propria storia, secondo la sua disperazione profetica soffrendo assiste l'altra alla morte della propria fede, alla fine del creduto mondo divino (crepuscolo degli dei), e nella fede nuova la sua più vera storia comincia.
Fede nuova ma inquietata via via. dallo spirito della antica: accenti eterodossi dell'esperienza mistica (Meister Eckhart), e la tragica esperienza religiosa di Lutero, che soltanto nella musica trova una sua catarsi. Nel profondamente, innocentemente, luterano Bach tale catarsi si conclude. Bach: il dogmatico sistematore della coscienza musicale moderna, nel quale l'infimo dissidio spirituale religioso germanico trova una risoluzione, una sovrana pace.
Se nella poesia dantesca, nell'arte di Michelangelo, nella musica palestriniana la coscienza religiosa mediterranea ha i propri esaurienti limiti espressivi, li ha con Bach, nella sola musica, la coscienza religiosa nordica; coscienza che Goethe mira a porte tutta in funzione della poesia, come un momento della poesia, e così Mozart tutta in funzione della musica, come momento musicale, la soffre e la gode. Al cattolico piú di Mozart, Beethoven, torna essa nella propria realtà non di musicale momento: realtà che la musica, come la poesia, può sentirsi vocata e impegnata a domare, ad assumere nel cielo del proprio mistero.
Lineare storia, questa, del cui senso è Wagner l'erede. D'un triplice esauriente limite espressivo, quale per la coscienza mediterranea, è la sua esigenza originaria: ogni singola forma d'arte a sé non è che astratto momento dell'espressione totale, musicale-poetica-figurativa, «arte suprema». In forza di tale esigenza, in lui tutta la realtà della coscienza spirituale religiosa nordica s'accende d'un lume finale, s'impone a lui nella propria significazione eterna. Dalla storia leggendaria, dalla favola emblematica (Olandese volante, Tannhäuser, Lohengrin), è il suo istintivo cammino che lo porta in faccia alla maestà del mito, alla tragica fede degli avi antichi. Risale alle remote sorgenti : scopre il sacro testo dell'Edda, ascolta la terribile profezia di Vala; Lutero è ancora futuro. Soltanto rifacendosi a quelle sorgenti, ripetendo in sé il secolare cammino della sua gente, avrà sguardo a nuovamente vedere la verità della fede nuova, di là da ogni sconcertante o insidiosa camuffata nostalgia verso l'antica, da ogni segreto dissidio e sottile compromesso fra l'una e l'altra. L'Anello dei Nibelungo e Parsifal: dell'interiore storia nordica testo completo.
«lo cercai parole nella parola originaria delle parole», sta scritto nel Discorso runico (str. 4), che fa parte dei Poemi d'Odino (Wotan) nell'Edda antica di Semundo il saggio.
È la musica, in Wagner, questa parola originaria delle parole. Ed è il segno dell'innocenza, della beatitudine: il suono di quel silenzio impassibile che è la beata innocenza. Il mito cosmogonico figura l'innocenza come elemento primordiale e finale, da cui ogni forma d'esistenza ha la sua genesi e il suo ultimo termine: è l'Acqua, l'Urwasser, né terra né cielo ancora, né luce né tenebre, ma indistintamente l'uno e l'altra; elemento che fisicamente si determina in un preciso emblema: in un fiume, che ha un nome, Reno.
La tetralogia L'Anello del Nibelungo può considerarsi un'epopea cosmogonica la cui prima e la cui ultima parola è l'elemento assoluto manifesto e pensabile come «acqua» ed esprimibile come «musica» cioè suono del beato silenzio: è l'enorme pedale in mi bemolle, di cui la tonica isolata è sostenuta per molte battute, al principio della prima Giornata del dramma, L'Oro del Reno, ed è la frase finale di due battute sull'accordo di terza di re bemolle, al termine dell'ultima Giornata, Il Crepuscolo degli dei:



Frasi ambedue ascendenti secondo, l'intimo spirito della melodica wagneriana nella quale la coscienza tonale sistematicamente definita in Bach perviene a un limite estremo dove l'esigenza cromatica si precisa e s'impone in tutta la sua logica necessità espressiva (Tristano): coscienza fondata sull'emergere della sensibile ascendente come essenziale suono motore che gravitando sulla tonica appunto la valorizza in tutta la potenza del suo volume sonoro quale centro d'un'orbita d'armonie, ed a sé quindi subordina la funzione della sensibile discendente che con minore peso gravita sul terzo suono della gamma nell'ambito del tetracordo inferiore di cui tale sensibile è il suono iniziale (fa-mi-re-do).
Con l'emergere della sensibile ascendente, o settima, i due opposti moti naturali del tetracordo inferiore e di quello superiore (sol-la-si-do) si fondono in un unico moto ascendente risultando così il complesso dell'ottava che dalla tonica bassa procede verso la ripetizione di questa nell'acuto; di natura melodica, e però più modale che propriamente tonale, il tetracordo inferiore resta assorbito quale parte integrante dell'ottava governata dal moto del tetracordo superiore, che è di natura armonica e quindi tonale. In una molteplice possibilità di modi sì sviluppa il carattere melodico del diatonismo quale è dato da una supremazia del tetracordo discendente; in un'analoga molteplice possibilità di toni il carattere armonico del tonalismo, quale è dato da una supremazia del tetracordo ascendente, e articolato in un unico modo (maggiore) con la variante della terza minore imposta dall'altro tetracordo nel suo irriducibile carattere melodico.
Tipicamente nella Tetralogia la poetica melodica wagneriana s'afferma secondo il moto ascendente, in una inesorabile tendenza all'acuto verso la superiore ripetizione del suono fondamentale (tonica); e al di là del valore risolutivo statico di questo seguiterà verso ulteriori suoni, non compresi nella diatonicità della gamma, suoni cromatici, la cui presenza e urgenza appunto è data dallo spessore sonoro della tonica quale centro di gravità della gamma, spessore che dal violento moto della sensibile verso di essa è reso evidente e attivo.
Si mantiene in essenza entro l'orbita diatonica la poetica melodica della Tetralogia: il musicista sente diatonicamente il carattere armonico, e quindi cromatico, del tonalismo, secondo lo spirito del tetracordo discendente sente e tratta il movimento di quello ascendente; sente e risolve in senso melodico l'armonia Questa è in principio, è il principio, l'infinito presupposto sonoro; dal cui fondo liberare un infinito melodico, un complesso organico di melodie. Essenzialmente procede per terze nello spirito diatonico-tonale la melodica wagneriana della Tetralogia: è come un'interpretazione melodica di ciò che costituisce il principio stesso dell'armonia. Ne Il Crepuscolo degli dei, opera successiva all'esperienza cromatica del Tristano, tale concezione melodica acquista un senso quasi di reazione al cromatismo, di superiore ritorno e riscoperta del diatonismo nel suo originario carattere melodico: accanto ai nuovi motivi quelli già apparsi nelle tre anteriori giornate intensamente risentono di questa puntuale acuta volontà melodica agitata nel cuore stesso del principio armonico; e così a volte suonano nuovi, in una luce di segreta inquietudine espressiva. È l'armonia stessa sentita e concepita come melodia, e quindi il cromatismo stesso sentito e concepito come diatonismo; e s'intende l'armonia nella sua immediata elementarità, procedente appunto per terze dal basso all'acuto (ogni movimento melodico in discesa non è che un naturale movimento in ascesa rovesciato per particolari ragioni di espressività rappresentativa d'un dato motivo).
La tonica isolata del lungo pedale in mi bemolle al principio della Tetralogia dura in realtà impassibilmente attraverso tutto lo sviluppo musicale delle quattro giornate, in una sottintesa presenza; elemento primordiale, la cui manifestazione fisico-visiva è l'acqua, elemento di presenza costante pel quale, una volta manifestatosi col proprio segno espressivo, torna superfluo insistere su tale segno esplicitamente. L'intero sviluppo musicale nella sua ricca moltitudine melodica ne emana: la tonica del pedale in mi bemolle è qui come il simbolo della Musica stessa, quasi un assoluto sonoro musicale, potente d'ogni attuabile articolazione armonica e però d'ogni idea melodica. In principio è l'Acqua, e l'Acqua in essenza non è realmente che la tonica di quel pedale che riapparirà in ultimo, alla fine del Crepuscolo degli dei, come frase di quattro suoni sull'accordo di terza di re bemolle.
Da una tonica di mi bemolle come pedale a una terza di re bemolle nella sua pienezza accordica: l'alfa e l'omega della Tetralogia. Nel rapporto di tali due estremi tutto l'organismo musicale-drammatico dell'opera consiste, si snoda e palese si giustifica.
Cercar parole nella, parola originaria delle parole - è l'assunto di Wagner nella Tetralogia: parole, cioè un poematico complesso di motivi musicali l'uno dall'altro ontologicamente distinti, scoperti dall'intimo di quella parola originaria che è la musica - determinata e articolata, simbolicamente, nel rapporto d'un pedale in mi bemolle e d'una frase in re bemolle, motivi che non divengono, per sviluppo dinamico secondo lo spirito della forma sonata e della sinfonia, ma che si manifestano nella loro staticità di idee, di realtà eterne, in sillabe costituite di suoni orchestrali; motivi che postulano quindi e presuppongono un complesso di realtà determinabile e concepibile - almeno in via provvisoria - anche fuori della musica, ed esprimibile - non integralmente e concretamente - in parole e movimenti di poesia, per un linguaggio dunque da comune discorso umano. Dalla potente vita di quella parola originaria sorge l'idea musicale come sorge l'idea poetica, sorgono una poesia ed una musica: sorge quella non superficiale unità espressiva di cui ancora ci è lecito accettare l'analisi dei due elementi, poetico, e musicale, che la compongono e le dànno assieme concretezza. Dalla Musica quale un assoluto primordiale e finale, indifferenziato, nasce e s'apre formalmente una poesia che è formalmente anche musica, nasce e s'apre formalmente una musica che è formalmente anche poesia; un'espressione dunque costituita di motivi musicali e di parole e momenti poetici, di suoni e di sillabe. Perché anche quel primordiale e finale assoluto, se si manifesta in linguaggio puramente dì suono ed è simbolo della Musica, è in uno pure simbolo della Poesia.
Costante è l'intento wagneriano verso un soggetto da assumersi in forma d'arte, un soggetto di cui il materiale contenuto stesso già sia un contenuto musicale poetico: un poeta-musico è Tannhäuser, è Walter; musicalmente-poeticamente, vive nella ballata di Senta il misterioso nocchiero olandese; Lohengrin, è portato dal canoro cigno; nella melodia del pastore ascolta Tristano (sapiente cantore di lai, nella leggenda) il mistero del proprio destino. Nella Tetralogia un assoluto musicale -poetico, (la Poesia-Musica) costituisce il contenuto motore e risolutore. Come poesia quell'assoluto si presenta quale Acqua, si precisa quale fiume, e un dato fiume, il Reno. E l'Acqua è emblema di innocenza, di beatitudine: poesia-musica è innocenza, beatitudine, come queste sono musica-poesia.
Nel suo carattere emblematico il termine «acqua» si approfondisce e si completa in un altro, nell'«oro» : due termini per tale carattere già assieme acquisiti alla poesia-musica:

Ottima è l'acqua
e l'oro quale ardente fuoco
tutto risplende
nella notte sovr'ogni tesoro

canta nella 1ª Olimpica Pindaro. E l'oro è inteso poi come segreta luce dell'acqua, come l'intimo sue, cuore: aurea è l'acqua, l'innocenza, la parola originaria.
Acqua-oro-fuoco-notte: questi quattro sostantivi della strofe pindarica convergenti nella significazione d'un'unica idea, tornano nella poetica wagneriana per la medesima convergenza. Il Tristano è inno alla Notte come la Tetralogia è inno all'Acqua e all'Oro cuore dell'Acqua; simile a fuoco nella notte splende l'oro: splende nelle profondità dell'acqua, che simile è dunque alla notte, e così il fuoco, elemento distruttore-purificatore, è come l'oro il segreto dell'eterna Acqua. Novalis (la Notte) per il Tristano, Böhme (l'Urgrund, l'abisso originario) per L'Anello del Nibelungo, nelle rispettive concezioni wagneriane possono intendersi presenti.
Tali «parole» scoperte nell'intimo della «parola originaria» che è poesia-musica, si articolano agendo in una parola significatrice non d'un oggetto, come quelle, ma d'un sentimento, d'un movimento spirituale: amore: parola che quelle comprende, spiega e in sé aduna, l'una all'altra mediatamente identifica rivolgendole, alla parola eterna da cui hanno origine. Rompere tale identità profonda, è togliere all'Acqua la sua luce, il suo occhio, è pervertire il fuoco riducendolo a cieca potenza di distruzione, pervertire la notte riducendola a cieca tenebra nebbiosa e tempestosa: è privare del suo tesoro misterioso il sacro fiume, rubare l'oro dagli abissi del Reno, - maledicendo all'Amore. È il peccato d'una creatura della notturna caligine, del cieco abisso terrestre: il peccato del Nibelungo. Così dall'originale puntuale concezione del poeta-musicista inteso a «cercare parole nella parola originaria delle parole» logicamente il mito eddico risorge, nuovo e integralmente concepito.
L'esperienza wagneriana del termine poetico «acqua» non si limita alla Tetralogia: qui l'acqua si presenta come fiume sacro col suo arcano tesoro, se ne L'olandese volante essa è l'oceano dove sprofondando col suo vascello trova per amore d'una fanciulla liberazione il nocchiero maledetto, ed è nel Lohengrin l'oceano di là dal quale giunge sulla barca mossa dal cigno il misterioso cavaliere a liberare e amare una fanciulla vittima d'ingiustizia, ed è nel Tristano il mare dove il tragico beato evento d'amore accade e sulle cui sponde nella morte liberatrice e rivelatrice si consuma. E nella vita dell'uomo Wagner il mare, le acque, hanno singolare presenza: da un periodo di naufragio presso le coste danesi, all'incanto della marina ligure, dove la musica de L'Oro del Reno prende forma, dall'incanto della marina partenopea dove s'apre quella del Parsifal, alla città costruita sull'acqua e tutta viva di acqua, Venezia, dove è scritto gran parte del Tristano e dove la vita dell'uomo Wagner si conclude. E i laghi della Svizzera...
Del termine «acqua» come idea motrice e simbolica di poesia-musica resta il Fiume col suo Oro l'espressione suprema.
E a tutti i «termini» che costituiscono in persone, oggetti, situazioni gli elementi del dramma musicale wagneriano non va meccanicamente riferita per ciascuno la tematica musicale: soltanto in modo improprio, secondo un ormai comodo uso, si dice, per esempio, tema o motivo dell'acqua, di Sigfrido, della maledizione ecc.; propriamente, si tratta di pure idee melodiche, armoniche, timbriche, in funzione d'una parola-realtà di poesia libera da ogni rapporto logico-pratico, con un ovvio significato materiale, descrivibile. Non, dunque, tema o «leitmotiv» dell'acqua, dell'Anello, ecc., ma l'idea di questi (in senso platonico), la loro «parola» preesistente ad essi, come attuale, assolutamente formale, realtà musicale-poetica, liberamente viva rei singoli momenti dell'opera d'arte secondo le rigorose leggi della poesia e della musica.