Sulla visionarietà di Umberto Boccioni si veda il mio volume, ormai esaurito, ma pubblicato integralmente in rete.


INTRODUZIONE AL CARTEGGIO

IL CARTEGGIO BOCCIONI-BUSONI

Di seguito, alcuni brani tratti dal fondamentale volume contenente gli scritti teorici boccioniani, curato da Zeno Birolli.

Un insieme scultorio, come un quadro, non può assomigliare che a se stesso, poiché la figura e le cose devono vivere in arte al di fuori della logica fisionomica.

Nessuna paura è piú stupida di quella che ci fa temere di uscire dall'arte che esercitiamo. Non v'è né pittura, né scultura, né musica, né poesia, non v'è che creazione! Quindi se una composizione sente il bisogno d'un ritmo speciale di movimento che aiuti o contrasti il ritmo fermato dell'insieme scultorio (necessità dell'opera d'arte) si potrà applicarvi un qualsiasi congegno che possa dare un movimento ritmico adeguato a dei piani o a delle linee... [28]

Intanto per educare la sensibilità bisogna avere il coraggio di abbandonare la copia dal vero. L'opera d'arte deve vivere di vita propria e indipendente dagli episodi infiniti che ci passano innanzi. Noi dobbiamo sviluppare e controllare in noi stessi la concezione del mondo che la nostra modernità ci fa intuire... [59]

Mentre gl'impressionisti fanno un quadro per dare un momento particolare e subordinano la vita del quadro alla sua somiglianza con quel momento, noi sintetizziamo tutti i momenti (di tempo, luogo, forma, colore-tono) e ne costruiamo il quadro. E questo quadro, come organismo indipendente, ha una sua propria legge, e gli elementi che lo compongono obbediscono a questa legge creando cosí la rassomiglianza del quadro con se stesso.
Torniamo dunque a concetti-plastici generali, ma conservando tutto il nostro orrore, il nostro odio per i concetti plastici che diressero la pittura antica. Quindi facciamo una reazione violenta all'impressionismo e proclamiamo l'avvento di un nuovo ordine plastico, di una nuova gradazione di valori costruttivi. Ma nessuna affinità ci fa simpatizzare con gli ordini gerarchici tradizionali, come avviene in alcuni cubisti fino allo smarrimento della verità. Ecco quanto scrivevamo infatti nella prefazione-manifesto al catalogo della prima Esposizione di Parigi (5 febbraio 1912): "Pur ripudiando l'Impressionismo, noi disapproviamo energicamente la reazione attuale, che vuole uccidere l'essenza dell'Impressionismo, cioè lirismo e movimento. Non si può reagire contro la fugacità dell'Impressionismo se non superandolo. Nulla è piú assurdo che il combatterlo adottando le leggi pittoriche che lo precedettero "Ora io aggiungo che, piuttosto che tornare indietro, siamo pronti a distruggere tutto e a rifare agli angoli dei sobborghi le barricate impressioniste. Noi vogliamo che il quadro torni ad imperare indipendente, usando di una legge di forza che scaturisce dalla potenza di moto dell'oggetto e che il tempo e le ricerche degli artisti futuristi definiranno maggiormente.
Per andare verso lo stile plastico della nostra epoca bisogna invece vivere la sensazione che ci viene dal rinnovamento impressionista, e dimenticare la fissità della contemplazione tradizionale del vero, e concepire e determinare in una forma la relazione plastica che esiste tra la conoscenza dell'oggetto e la sua apparizione. Chi non comprende e non applica questo, in pittura e in scultura, è fuori dalla verità.
[118-119]

Abbiamo infinite volte ripetuto che la nostra pittura non si propone la riproduzione verosimile della realtà. Noi aspiriamo a costruire un organismo plastico indipendente e rassomigliante con se stesso.
Bisogna invece dimenticare quello che fino ad ora si è chiesto al meccanismo esteriore del quadro e della statua. Bisogna considerare l'opera d'arte di pittura o di scultura come costruzione di una nuova realtà interna che gli elementi della realtà esterna concorrono a costruire per una legge di analogia plastica quasi completamente sconosciuta prima di noi.
Ed è per questa analogia - essenza stessa della poesia - che noi giungiamo agli stati d'animo plastici.
È vero che se non si passa attraverso il concetto di pittura pura è impossibile distruggere tutte le volgari abitudini letterarie e filosofiche, ma bisogna anche rammentare che non possiamo accontentarci di puri accordi di toni, o di volumi, o di linee.
Se a questi accordi di toni, di volumi, di linee noi accordiamo la possibilità di una evoluzione lirica, vediamo che essi sono il principio degli stati d'animo plastici: anzi sono lo stesso stato d'animo in potenza. Siamo convinti perciò che dalle reciproche influenze dell'ambiente con l'oggetto, dai suggerimenti della potenzialità plastica degli oggetti, dalla loro forza, che ho chiamata psicologia primordiale, scaturisce l'organizzazione coordinatrice dello stato d'animo plastico e ciò senza che la forza plastica della pittura e della scultura possa esserne diminuita. Quelli che negano ciò sono vittime di un pregiudizio nordico verista che trionfa oggi.
[168]

Il principio stesso dell'emozione pittorica è uno stato d'animo. Esso è l'organizzazione di elementi plastici della realtà interpretati nella emotività stessa della loro dinamica, non la trascrizione di immagini riflettenti idee letterarie e filosofiche. Esso è la valutazione lirica dei moti della materia, espressi attraverso le forme.
Occorre quindi che le sensazioni naturali suggeriscano al pittore degli stati di colore, degli stati di forma, in modo che le forme e i colori esprimano in sé, senza ricorrere alla rappresentazione formale degli oggetti né di parti di essi. I colori e le forme debbono perciò divenire concetti architettonici.


Risaliamo fino alla sensazione prima, universale che il nostro spirito già percepisce per la sintesi acutissima di tutti i sensi in un unico universale che ci farà ritornare attraverso la nostra millenaria complessità alla semplicità primordiale.
Noi vogliamo cioè che il soggetto si identifichi con l'oggetto.
Insomma la realtà non è l'oggetto, ma la trasfigurazione che esso subisce nell'identificarsi col soggetto. Creazione ed emozione sono la stessa cosa.
[193 ss.]

Verrà un tempo forse in cui il quadro non basterà piú. La sua immobilità, i suoi mezzi infantili saranno un anacronismo nel movimento vertiginoso della vita umana! Altri valori sorgeranno, altre valutazioni, altre sensibilità di cui noi non concepiamo l'audacia...
L'occhio umano percepirà il colore come emozione in sé. I colori moltiplicati non avranno bisogno di forme per essere compresi e le forme vivranno per se stesse al di fuori degli oggetti che le esprimono. Le opere pittoriche saranno forse vorticose architetture sonore e odorose di enormi gas colorati, che sulla scena di un libero orizzonte elettrizzeranno l'anima complessa di esseri nuovi che non possiamo oggi concepire.
Usciamo forse dai concetti tradizionali di pittura e scultura che imperano da quando il mondo ha una storia? Giungiamo alla distruzione dell'arte come è stata intesa fino ad oggi? Forse! Non lo so! Non importa saperlo! L'essenziale è marciare in avanti!
[203]

Sono contrariissimo a qualsiasi impressionismo dettato da necessità di verisimilianza di tempo e di spazio. L'arte moderna, per fortuna, lotta per uscire dalla schiavitú del documento. Il vero non serve che come serbatoio e controllo di quantità e di qualità plastiche necessarie alla costruzione del quadro, che è poi un organismo a parte assolutamente indipendente. Questo ormai è risaputo, ma bisognerà ripeterlo ancora per vent'anni.