Sergio Sablich

Le Elegie

 

[...] Con le «Elegie» [Busoni] riconobbe di aver assunto finalmente il suo volto assolutamente personale. «Elegie» è titolo eminentemente rilkiano, e proprio a Rilke, «musico della parola », Busoni aveva dedicato nel 1907 l'Abbozzo di una nuova estetica della musica, «con ammirazione e amicizia». Il 1907 è appunto l'anno di composizione delle «Elegie», una serie di pezzi per pianoforte con cui Busoni compie nella storia sua e del pianoforte una rivoluzione analoga a quella promossa in campo poetico da Rilke con i «Neue Gedichte», apparsi anch'essi, curiosa coincidenza, nel 1907. In origine, come si desume dalla lettera alla moglie scritta da Vienna il 1° dicembre 1907, il ciclo doveva comprendere cinque pezzi; ma successivamente Busoni ne ampliò il numero a sette, prima premettendo ad essi un «Preludio» dai chiari connotati simbolici, che fu portato a termine il 1° gennaio 1908, poi aggiungendo in coda una versione pianistica della «Berceuse élégiaque» per orchestra, quest'ultima composta alla fine del 1909. Inoltre volle che ognuna delle «Elegie» recasse la dedica a un pianista della sua scuola: rispettivamente Gottfried Galston, Egon Petri, Gregor Beklemischeff, Michael von Zadora, O'Neil Philips, Leo Kestenberg e Johann Wijsman.
Ma non è tutto. Ognuno di questi pezzi, con la sola eccezione del Preludio iniziale, rielabora parte del materiale di opere precedenti o in via di creazione, o viceversa anticipa spunti che saranno poi ripresi in lavori successivi, come nel caso del Preludio Corale «Meine Seele bangt und hofft zu Dir», terza delle «Elegie», poi riutilizzato nel capolavoro pianistico di Busoni, la Fantasia contrappuntistica. Così la seconda Elegia («All'Italia! In modo napolitano») si rifà al Concerto op. XXXIX, riprendendo da esso la canzone «Fenesta ca lucive» al culmine della prima parte, designata col suggestivo titolo di «Andante barcarolo», e lo spunto ritmico di tarantella per il conclusivo, pirotecnico Allegro; la quarta Elegia («Turandots Frauengemach. Intermezzo») è un libero adattamento per il pianoforte, molto piu ampio e virtuosistico, dell'omonimo quinto pezzo della musica per la «Turandot» al pari della quinta («Die Nachtlichen. Waltz»), ispirata al « Valzer notturno», settimo numero della Suite orchestrale «Turandot».
La sesta Elegia («Erscheinung. Notturno»), invece, evoca in una veste pianistica di aforistica concentrazione il clima magico e visionario della grande scena delle apparizioni della «Sposa sorteggiata», l'opera lirica a cui Busoni stava attendendo in quel tempo. Quanto all'ultima Elegia («Berceuse»), già dicemmo che essa e una trascrizione, abbreviata e anch'essa concentrata, della «Berceuse élégiaque», il capolavoro sinfonico di Busoni.
Tutto cio basterebbe a fare delle «Elegie» un'opera centrale nella produzione di Busoni, quasi il fulcro fra passato e futuro nell'orbita della sua evoluzione. Anche il carattere di queste rielaborazioni e anticipazioni, cosi tipiche dell'atteggiamento compositivo di Busoni, si pone qui a uno stadio assai piu avanzato e unitario rispetto a prima, cementato com'è da uno stile pianistico personale e maturo. Poiché già il cambiamento del mezzo impone una nuova scelta, non si tratta mai di semplici trasposizioni né tanto meno di trasferimenti integrali, ma di vere e proprie trascrizioni nel significato busoniano del termine: ampliamenti, o viceversa riduzioni, adattati al linguaggio peculiare del pianoforte. In questo contesto, la prima Elegia, si e detto, assume valore simbolico recando titolo e sottotitolo emblematici: Nach der Wendung (Dopo la svolta), dichiarato annuncio di quel nuovo stile individuato e realizzato nelle «Elegie», e «Recueillement» (Raccoglimento), nel duplice senso di raccoglimento interiore dello spirito e di raccolta delle esperienze precedenti. Essa inizia infatti riprendendo «a mezza voce» le ultime tre battute con cui si estingue («visionario») il sesto pezzo «Erscheinung» (Apparizione), in origine l'ultimo del ciclo, quasi a voler stabilire una corrispondenza circolare, infinita e immediata, fra principio e fine del ciclo stesso.
Dal punto di vista degli elementi compositivi, le «Elegie» portano molto avanti la ricerca nei campi della melodia e dell'armonia, da una parte nella tendenza sempre più spinta alla melodia dall'ampio respiro, non tema ma guida interna del divenire musicale e per cosi dire anima della polifonia; dall'altra nell'affermazione di una tonalità allargata, emancipata dalle dissonanze, «multiversale». Busoni non rinuncia polemicamente alla tonalità come punto di riferimento e stato di riposo (le triadi perfette), ma la avvolge in figurazioni che arricchiscono il succedersi di tensioni e distensioni e ampliano la funzione strutturale dei gradi tonali, ricercando centri di attrazione in perpetua rotazione e talvolta sovrapposti in stratificazioni politonali. Si realizzano così alcune delle convinzioni più drastiche contenute nel contemporaneo «Abbozzo di una nuova estetica della musica»: per esempio, la costituzionale identità dei modi maggiore e minore, sentiti non come opposti ma solo come un tipo complesso di variante psicologica, dove «il passaggio dall'uno all'altro e impercettibile e non costa fatica». Ciò porta a sfumature e chiaroscuri modali di impalpabile finezza, secondo quel «gusto dello smorzamento e della elisione modale» in cui Vlad riconosce una costante della sensibilita armonica di Busoni e, più latamente, della sua spiritualità.
Massima concentrazione espressiva e riduzione del suono in zone neutre del sentimento, sottratte all'immediatezza della percezione e intelligibili solo all'orecchio interiore dello spirito, sono due dei caratteri più marcati dello stile pianistico delle «Elegie». [...]
SABLICH, pp. 162-164