1913

In January 1913 Turandot (as a play with music) was given at the St. James's Theatre in London. Busoni saw two acts and fled, consoling himself with Le Rouet d'Omphale at Queen's Hall. His delight in the music of Saint-Saëns never failed. Mahler's seventh symphony, which he also heard in London, was «a small satisfaction and a great disappointment». Turandot opened Busoni's eyes to the musicianship of the average English theatre-manager. «An orchestra of about twenty, that played out of tune; some bits played four or five times over, other parts cut; the whole thing in the style of a music-hall. And as there was then too little music for the producer, pieces by Saint-Saëns and Rimsky-Korsakov shoved in! Imagine!» Oskar Fried conducted; Vollmoeller was also in London. To hear those two talk about money-making, said Busoni, was like a scene from Molière. «What do you think about Turando?, he wrote to Gerda, 'as an opera, in Italian of course, to the words of Gozzi?' He signs himself, 'Your Ferruccio, who finds himself at a moment of indecision.» [Traduzione]
He was in bad health and exhausted with work; he found rest and comfort at Maud Allan's house in Regent's Park, where he remained inaccessible to all but intimate friends. His agent was told to keep his address a secret, and this caused some difficulty with the Philharmonic Society, which had proposed to perform a work of his. Busoni offered them the Fantasia Contrappuntistica, which had been orchestrated for him by Stock of Chicago. The Fantasia was composed, as Busoni stated openly in print, simply as a piece of music-without any consideration for the instrument on which it was to be played. Busoni himself published it as a pianoforte solo, in which form it is hardly playable, and as a duet for two pianofortes. Middelschulte arranged it for the organ and Stock for orchestra. The Philharmonic directors were quite ignorant of all this, and Busoni never thought it necessary to enlighten them.
At the rehearsal he found that Stock's orchestration was not always satisfactory, and began suggesting alterations. The directors present were naturally somewhat surprised to note, first, that Busoni had had his work orchestrated for him by some one else, and secondly, that he seemed never to have seen the score himself until the rehearsal. On the other hand, one can quite well understand Busoni's own point of view. In composing the Fantasia he had concentrated his attention on counterpoint and construction; for this particular work orchestral colour was of little importance. That was no doubt the reason why he had allowed Stock to orchestrate it. The Philharmonic concert offered a convenient occasion for 'trying it out'; he knew how quick and intelligent the London players were at seizing anything new, for Henry Wood had once allowed him half an hour at a rehearsal to try out the score of the Berceuse Elégiaque. The concealment of his London address made it impossible for the directors to see the score beforehand so as to judge of its length and difficulty, and the time that it might require for rehearsal. As it was the Fantasia had to be withdrawn at the last moment, for it was impossible to get the proposed alterations copied into the parts in time. Busoni wrote an injured but very courteous letter to Sir Alexander Mackenzie, who naturally did everything he could to smooth matters over. The directors asked Busoni to substitute some other work of his own which vas printed and could be rehearsed in time, but Busoni preferred to retire from the conflict altogether.' The secretary, William Wallace, was very much puzzled by the fact that Busoni's letter to Mackenzie bore the postmark 'Holloway'. If he had known Busoni better he would have guessed that he posted it on one of his solitary rambles in unfamiliar (and to most people unattractive) quarters; and that before posting it he had taken some time to think over the question of whether it would be advisable to post it at all. It was a habit of Busoni to write letters in order to relieve his own feelings; it was fortunate that he also had the habit of not always putting them into a letter-box.

E in altra lettera, scoraggiato dalle traversie per l'esecuzione di «Turandot»:

Ho scritto un aforisma: le composizioni pel teatro dovrebbero essere scritte, ma non rappresentate.

Ma la sua salute non sempre regge alle fatiche che gli impongono i concerti e l'inflessibile norma di lavoro. Si concede un breve riposo nei dintorni di Londra, e ingiunge al suo agente di tenerne segreto l'indirizzo. Ciò è causa di un non lieve incidente con la Società Filarmonica; la quale aveva offerto al Maestro l'esecuzione di qualche suo lavoro. E il Maestro aveva proposto la «Fantasia Contrappuntistica». Come è detto ben chiaro nella edizione di questo lavoro, Busoni scrisse la «Fantasia contrappuntistica» come composizione astratta, cioè all'infuori di ogni proposito strumentale o coloristico. Musica fine a se stessa, senza alcuna considerazione esecutiva. La prima stesura, quasi ineseguibile, fu scritta per pianoforte, e la seconda, redatta in seguito dal Maestro per due pianoforti, rimane una delle opere più significative e poderose del genere contrappuntistico. Middelschulte ne fece una trascrizione per organo, e lo Stock di Chicago finalmente l'orchestrò. Ma il direttore della Filarmonica non sapeva nulla di tutto ciò, né Busoni aveva creduto opportuno di informarlo. Alle prove d'orchestra l'autore, che non aveva ancora avuto tempo e modo di esaminare la partitura dello Stock, accorgendosi che in vari punti l'orchestra non risultava a dovere, cominciò a proporre modificazioni, a chiedere correzioni, a suggerire cambiamenti, proprio come se si trattasse dell'opera di un altro. I presenti non riuscivano a spiegarsi tutto ciò, ignorando che il Maestro non era l'autore della partitura. Busoni invece, con quella sua particolarissima ingenuità di fanciullo, aveva proposta l'esecuzione della «Fantasia» proprio per «provarla» e sentirne l'effetto, tanto più conoscendo per prova l'abilità di quella orchestra. A queste peripezie si aggiunga ancora che, in causa del celato indirizzo, il direttore d'orchestra aveva ricevuta la partitura all'ultimo istante, così da essergli mancata la possibilità di esaminarla e studiarla. All'atto pratico, un po' per le ragioni dette, un po' per l'impossibilità materiale di apportare alle parti d'orchestra tutte le modificazioni richieste, ma sopratutto per la eccessiva lunghezza e difficoltà del lavoro, si dové rinunciare all'esecuzione. Né il Maestro acconsentì a sostituire quella composizione con altra, come gli era stato proposto. Aveva voluto «sentire» la «Fantasia», e lo scopo era stato raggiunto, anche se negativamente.
Da autentico artista, il Maestro, anche questa volta, si consola delle amarezze che gli procura l'Arte, dedicandovisi ancor più intensamente. Sta lavorando al Nocturne symphonique e ne è soddisfatto.

Col Nocturne Symphonique dovrei considerare momentaneamente conclusa la serie dei lavori preparatori; col che non è detto che 'cammin facendo' non continui ad arricchire il mio vocabolario musicale.
Ma considerando la mia età e il grado della mia maturità, credo di non dover esitare oltre ad affrontare un lavoro capitale e monumentale, verso cui, in fondo, ha puntato tutto quel che ho fatto fino adesso. E allo stesso tempo vorrei far rifluire il corso
della mia vita di nuovo verso la sua sorgente e tentare che la mia opera più importante sia importante anche per l'Italia. Ma bisogna saper mettere le mani su un argomento vitale, per colpire insieme tutti i cuori e tutti i cervelli. [A Gerda, Londra, 25.1.1913] - [*]

Al musicologo Draber scrive ironicamente:

Certo ora ho imparato un po' a comporre, ma non ho ancora imparato a comportarmi da compositore. Bisognerebbe iniziare un nuovo corso di studi - e io sono rimasto indietro in tante altre cose che devo ancora imparare...!
Bene, caro Draber ... comincio a capire: si fa lentamente strada in me, tardi - ora che il cammino della mia vita volge alla fine - la convinzione che, dato che non si può plasmare il mondo secondo le proprie idee, si... dovrebbe plasmare se stessi a seconda del mondo. Cosa che certo la maggior parte delle persone fa con zelo e con ciò vien data loro ragione, mentre hanno tutti torto.
[21.1.1913]

Londra, 25 gennaio 1913

(Busoni a Gerda).

Questa lettera sarà un piccolo documento circa un'idea che può essere, per me, molto importante. [*] Questo è ciò che Wagner intese fare coi «Nibelungi», opera però relativamente estranea al popolo tedesco... L'Italia ha Dante, che è ugualmente apprezzato da tutti ed è popolare nonostante la sua grandezza; anche fuori d'Italia. Il cinema mi diede l'ideavedendovi a «L'Inferno di Dante»... Ma io non mi fermerei all' Inferno, come pure non azzarderei il Paradiso, ma giungerei soltanto all'incontro con Beatrice. Piazza della Signoria, con Dante seduto sul gradino su cui egli suoi abbandonarsi ai suoi sogni, scena caratteristica dell'ambiente e dell'epoca e, forse, con Beatrice che passa. Poi, circa sei quadri coi più salienti episodi: Ugolino, Paolo e Francesca, un paio di scene con masse, e finalmente l'ascensione con Beatrice. E, beninteso in italiano....

Un mese dopo, da Cassel:

Vedrò s'è il caso di scrivere a D'Annunzio. Penso che forse l'idea di un «Leonardo» sarebbe migliore che quella di un «Dante». Ma tu hai ragione: Moi, je raisonne trop. Credo, dopo tutto, che queste interruzioni di lavoro servano a maturarmi e a chiarirmi a me stesso...

D'Annunzio risponde:

Ieri sera ho avuto la prima gioia dopo molto tempo; D'Annunzio mi ha risposto telegraficamente:«Felicissimo, mi dica se verrà a Parigi per incontrarci.» Questo ha fatto sì che mi sento come un ragazzo, e ora vedremo...

In attesa che gli eventi lo maturino, e più che altro per tenere il cervello in esercizio, il Maestro schizza uno Scenario per Balletto, di cui il titolo sembra dover essere «La Danza della vita e della morte». Il canovaccio, tracciato in ogni particolare e pieno di scene affascinanti, avrebbe poi dovuto essere, nella maggior parte, rivestito di musiche già esistenti e adattate per l'occasione [Questo canovaccio è contenuto nelle sue linee maestre in una lettera del 6 marzo alla moglie].
D'Annunzio, intanto, risponde con telegramma alla lettera di Busoni, invitandolo ad un incontro.
E questo avviene il 22 giugno a Parigi, nell'abitazione del Poeta, Via Bassano, 11. Il Maestro ce ne offre i particolari in una spassosissima lettera. D'Annunzio, pallido e assorto, drappeggiato in un kimono giapponese, appare a Busoni come a Mefistofele che riceve lo scolaro». E gli annuncia che sta proprio scrivendo un libro intitolato «L'uomo che rubò la Gioconda». Gli confida quindi, con tutta serietà e con abbondanza di particolari, che il quadro della «Gioconda» (rubato giorni prima al Museo del Louvre) è in suo possesso; lo stesso ladro glie l'ha consegnato nella sua Villa d'Arcachon. Così egli ha vissuto per ben quattro giorni con «Gioconda»; la quale però, e non sa spiegare per qual misterioso incantamento, al quinto giorno è svanita, così che sulla tela è rimasto soltanto lo sfondo. «E nello sfondo ií sorriso di lei»...
Questo d'annunzianissimo racconto aveva forse lo scopo di «abbagliare» il musicista o di farlo trasecolare? Ma Busoni era empolese, cioè due volte toscano. Il racconto lo divertì immensamente; ma gli fece anche comprendere, una volta di più, come gli ideali d'arte suoi e del Poeta fossero inconciliabili in un'opera d'arte quale Busoni sognava il «Leonardo». Né d'altra parte sembrò che D'Annunzio approvasse nemmeno il soggetto, poiché durante il colloquio ebbe a dire: «Né a Gesù né a Leonardo oserei prestare le mie parole».
Il Poeta si opponeva a questo dramma sopratutto per la mancanza di passione e di sentimento in Leonardo. «È un cervello nato da uno scheletro, come una luce accesa dentro una lanterna». Ma quando Busoni gli espresse l'idea di fare di Leonardo un «Faust italiano, egli cominciò a intravvederne la possibilità. «Non un Leonardo storico, ma simbolico. Il Mistico deve aleggiare su tutto. Una serie di quadri senza connessione drammatica».
A questo colloquio ne segue un altro. Ma da quanto ce ne riporta il Maestro, possiamo dedurre che i due cervelli, seppure entrambi ottimi conduttori d'elettricità, messi a contatto non davan scintilla.
La relazione di questo incontro una sola cosa ci conferma: che il chiodo fisso di Busoni era pur sempre uno solo: «Faust».

Sempre a Parigi, il Maestro incontra Marinetti e Boccioni da cui riceve la spiegazione di quella che era l'arte futurista di allora e in particolar modo la «scultura futurista».
E sembra che il Maestro non solo sappia penetrare la nuova teoria, ma la condivida in parte, <pur essendo> uno dei più ferventi ammiratori del Boccioni. A conclusione delle sue impressioni di quei giorni, scrive: «Paragonato con 'questa' arte e con l'incarnazione di Monna Lisa amante di D'Annunzio, il «Pierrot Lunaire» di Schönberg è un'insipida limonata».

Il 13 maggio 1913 a Milano esegue per la prima volta la Sonatina seconda (tra il pubblico vi è anche Boccioni). Dopo la metà di giugno si reca a Parigi dove incontra di nuovo il pittore e D’Annunzio. A Busoni non sarebbe dispiaciuto collaborare con il poeta. Aveva in mente di scrivere un’opera con Leonardo come protagonista. Ma questo progetto non fu condotto in porto, anche per l’enorme diversità di temperamento e di culture dei due artisti. Di ritorno a Berlino, Busoni riprende e conclude la partitura del Nocturne Symphonique per orchestra, secondo «studio» per il Doktor Faust, dopo la Sonatina seconda.

BUSONI A BOLOGNA

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