RICHARD WAGNER WEBSITE
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LE FONTI DELL'ARGOMENTO

E LA COMMEDIA
Pur costituendo, nella loro serie, lo svolgimento di un'idea e di tendenze bene delineate, le opere di Wagner hanno tutte una loro fisionomia particolare, e cioè rappresentano, dell'evoluzione della sua arte, della sua personalità, un dato periodo ed un dato momento. Più di ogni altra assumono un aspetto singolare I Maestri Cantori di Norimberga, sebbene ad un'analisi appena un poco più attenta, l'opera d'arte, nel suo complesso organismo, si riveli sorta ed attuata con identico processo delle altre.
Non c'è, è vero, la tragedia, come in quasi tutte le altre, non vi sono i personaggi epici, gli eroi e le gesta, le passioni smisurate, come nel Tristano, le ideologie dell'Anello, il misticismo filosofico del Parsifal. L'azione non trascende dalla vita comune, l'ambiente è ben fermo in terra, fra i borghesi di una città medievale, coi suoi usi e costumi.

Senonchè, come vedremo più innanzi, la gaia commedia a lieto fine ha anch'essa un pensiero, un significato intimo e profondo, dei personaggi che sono - allo stesso modo dei mitici eroi e dei sovrumani amanti - delle figure d'eccezione, il cui contenuto assai maggiore, di quel che mostri la sola parvenza esteriore.
Il primo germe dei Maestri Cantori nacque nel periodo che seguì la creazione del Tannhäuser, la prima battaglia in campo aperto. Il successo del Tannhäuser aveva rivelato i propositi di Wagner, ed aveva diviso il campo del pubblico, dei musicisti, della critica. Wagner era stanco, spossato, sebbene non scosso. Sentì che aveva bisogno di ritemprarsi fisicamente, per riprendere la sua elasticità intellettuale. Parecchie idee, diverse visioni, erano rimaste impresse dalle letture e dagli studii che durante la sua permanenza a Parigi avevano occupato il suo tempo. Ma attendevano di essere fecondate. Nel luglio del 1845, ottenuto un po' di congedo dalle sue occupazioni come direttore d'orchestra del teatro di Dresda,

egli si ritirava per la cura delle acque ai bagni di Marienbad, fra i monti e le foreste della cosidetta«Svizzera sassone».

Wagner stesso ha riferito, molti anni più tardi, come gli sia balenata l'idea dei Maestri Cantori. Dopo il Tannhäuser parecchi amici gli consigliavano con insistenza di comporre un'opera di «genere più leggero»per riuscire con essa a farsi aprire le porte dei teatri di Germania, e tentare di ottenere così un successo anche finanziario, che giovasse a procurargli, per altri, lavori, più comode condizioni materiali.
Nel fervore vitale della convalescenza la fondamentale gaiezza del suo carattere si trasfuse nelle sue aspirazioni artistiche, ed egli si decise, anche per accontentare i suoi amici, a tentare un'opera comica. «Come presso gli ateniesi» - egli scriveva di poi nel '51 «una commedia satirica soleva far seguito alla tragedia così mi si presentò tosto la visione di un'azione comica, che veramente poteva contrapporsi come commedia satirica alla 'Gara dei cantori sulla Wartburg', del mio Tannhäuser.

Subito in pochi giorni Wagner tracciò lo scenario, concretato in tre atti, e del quale il perno doveva essere Hans Sachs, il poeta calzolaio, come ultima rappresentante dello spirito artistico nativo del popolo, contrapposto alla poesia imborghesita nel pedantismo delle corporazioni medievali. Tale primo abbozzo è rimasto, per quel che riguarda la vicenda, e l'azione scenica, quasi inalterato. In esso Wagner aveva allora prevalentemente di mira la satira polemica di coloro che fino allora avevano avversato la sua arte, specie nel Tannhäuser. Certo egli era a conoscenza di tutti gli elementi formali dell'epoca e dell'ambiente in cui aveva posta l'azione. Ma assai più umanamente profondi come vedremo più innanzi - divennero attraverso ai molti anni che trascorsero, dal primo schizzo, al compimento dell'opera, i caratteri, i personaggi, tutto quanto il pensiero informativo; e l'elemento satirico e personale, predominante forse eccessivamente, nel momento della prima concezione, si equilibrò, si rasserenò e si addolcì, nell'ultimo compimento. Più di sedici anni trascorsero, dal primo schizzo di Marienbad alla stesura del testo definitivo della commedia, che Wagner compì durante il suo soggiorno a Parigi il 25 gennaio 1862, tutto di seguito, pur avendo - secondo la sua abitudine - accumulato nella mente, e fors'anco notato durante quel tempo, dettagli e spunti numerosi.
La commedia - quale lo spettatore l'ha dinnanzi oggidì, nonostante le inevitabili manchevolezze ed oscurità della traduzione (ch'era del resto fra le più difficili) - riesce chiara ed animata; e la sua struttura si presta assai a facilitare la funzione approfonditrice e rivelatrice della musica.
Qualche nota indispensabile per comprendere l'ambiente di tempo e di luogo, nel quale la vicenda si svolge. Al fiorire della poesia aulica cavalleresca nelle varie corti dell'impero germanico che culminò nel XIV secolo, era seguita, in relazione coi mutamenti politici e le nuove idealità sostituitesi a quelle cavalleresche, una decadenza sempre più accentuata. In pari tempo, proprio un poeta cavalleresco, Enrico di Meissen, detto Frauenlob

perchè votatosi all'elogio della bellezza femminile, aveva gittato il seme del rinnovamento della poesia, fondando a Magonza una associazione di poeti-cantori, legati dall'osservanza di talune regole. Altre, fra le città, diventate sempre più potenti e ricche con lo sviluppo dei commerci e delle industrie, seguirono l'esempio e sorsero così scuole di poesia e di canto, nelle quali sopratutto si leggevano, considerandoli come i grandi esempii della poesia, i Minnesinger, Walter von der Vogelweide,

Wolframo di Eschenbach,

Sigmer il saggio, Bartolomeo Regenbogen ed altri. Tali associazioni erano andate organizzandosi sul modello delle Corporazioni d'arti e mestieri, e s'erano quindi bardate di un cumulo di leggi da osservare e di gerarchie professionali, che - se servivano a dare asilo alla poesia ed alla musica nell'ambiente dell'artigianato - non giovavano certo allo svolgersi libero di una nuova arte.
Il momento migliore di questo corporativismo artistico fu tra il 1490 e il 1580 in Norimberga con Hans Sachs, calzolaio di professione, ma fervente poeta e cantore, tempra d'uomo giusto e dagli elevati ideali, divenuto l'idolo del popolo.

Certo dei ben 4275 canti, dei 1700 racconti e farse e delle 208 composizioni drammatiche ben poco oggidì vale la pena di essere preso in considerazione; ma il numero basta, se non altro, a dare un'idea dell'importanza che avevano allora le Corporazioni dei Maestri Cantori. Tutti coloro che appartenevano ad un artigianato, alla corporarione di un mestiere, potevano partecipare a quella dei Maestri Cantori. Questa si proponeva la severa conservazione della purezza della lingua e della prosodia, secondo talune leggi stabilite ed immutabili. Erano elencati i soggetti che era permesso trattare in versi e musica, era definita la forma generale della canzone, il numero delle strofe che la dovevano comporre, alternandosi, per concludere con una chiusa, in diverso metro. La melodia, sulla quale erano da cantare, le strofe, doveva essere simmetrica od uguale. V'era anche un elenco dei 32 errori capitali, e commettendone qualcuno, si incorreva in una multa in danaro, durante le esercitazioni, e si era bocciati agli esami da garzone ad allievo, da allievo a maestro. Per divenire ancora maestro occorreva -- poiché i componimenti erano di solito parafrasi o imitazioni di modelli magistrali - inventare una nuova forma di verso, corrispondente ad una nuova melodia, senza però uscire dalle leggi stabilite. Si comprende facilmente come l'arte si riducesse così ad artificio. Tutti i regolamenti corporativi si concretavano nelle 'leges tabulaturae' che venivano proclamate ad ogni esercitazione, od esame, o concorso. Questo ambiente che Wagner aveva conosciuto a fondo, attraverso al codice di Cristiano Wagenseil (1697),

nei Maestri Cantori presentato in tutta la caratteristica delle sue formule, ma anche del suo spirito, mettendone in rilievo il lato ridicolo e caricaturale, e facendo muovere entro di esso i personaggi da lui creati, per la loro profonda, umanità e per il pensiero che essi rappresentano, di significato assai più vasto ed universale. I nomi dei Maestri che prendono parte alla azione, Wagner li ha tolti tali e quali, conservandone il mestiere, dall'antico codice, ed ugualmente tolte dal codice sono le leggi della tabulatura enunciate nel primo atto da Kothner e le determinazioni curiose dei modi e dei toni che David enumera al cavaliere Walter. Certo Wagner, nel comporre la commedia, ha tenuto conto di parecchi elementi, che gli erano capitati fra mano in opere anteriori di altri autori. La serenata interrotta e la baruffa sono, sebbene in altra epoca ed ambiente, in una commedia di Kotzebue e in parte in un'opera comica di Wenzel: l'idea della gara per la mano di una fanciulla anche nella commedia Il ritratto di Danae di Deinhardstein,

svolgendosi però essa tra pittori, fra i quali Salvator Rosa

fa la parte di Hans Sachs, cedendo un suo quadro al giovane pittore da lui protetto, per fargli vincere il premio.
Senonché Wagner, pur attingendo la materia prima drammatica dove la trovava rispondente al suo scopo - come del resto usò Shakespeare, - come quest'ultimo l'ha sempre trasformata in tal modo, le ha dato tale unità di impronta personale, da far dimenticare tutte le precedenti forme da essa assunte.
Ciò che costituisce però l'essenza, il contenuto vero dei Maestri Cantori, il significato assunto dai personaggi, lo spirito trasfuso in essi. Nel primo schizzo i caratteri erano appena accennati; nel Marcatore (i marcatori erano veramente secondo la tabulatura quattro, adibiti a rilevare quattro sorta diverse di errori), Wagner aveva voluto creare l'oggetto della propria polemica satirica. Nel periodo trascorso fino alla ripresa del progetto dei Maestri Cantori più netta, e più alta e più serena era divenuta in Wagner la visione dei suoi personaggi. Walter von Stolzing - il cavaliere senza fortuna, che venduto il suo castello rinuncia alla nobiltà, per darsi all'arte che ha imparato ad amare in segreto, e ad apprendere da sè, sulla scorta dei grandi poeti del passato - è divenuto Wagner stesso, che osteggiato dai pedanti e invidiato dai malvagi, finisce per conquistare l'arte, impersonata in Eva, e riportare la palma per giudizio di popolo. In Hans Sachs, conscio della superiorità del giovine innovatore, e che rinuncia - generoso e buono - perchè il premio tocchi a chi per l'arte potrà far di più, Wagner ha condensato le due figure di Franz Liszt, che in ogni modo gli aveva spianata la via, e di re Luigi di Baviera, che all'arte sua aveva dato così generoso appoggio, creando una figura umana di una filosofia delle più simpatiche e commoventi.
La psicologia, però, del tipo di Hans Sachs subì la maggiore modificazione, un più intimo approfondimento, per influenza del Tristano.
La rinuncia dell'uomo maturo alla giovane Eva, è un riflesso della rinuncia definitiva di Wagner stesso alla felicità sognata nell'amore di Matilde Wesendonck: fu dopo l'ultimo incontro, ch'egli ebbe coi Wesendonck a Venezia, che compose la canzone di Hans Sachs al deschetto, nella quale è prima accennato il tema grave e doloroso della rinuncia, che poi con tanta serena grandiosità è svolto nel preludio del terzo atto.
Beckmesser, il marcatore, è diventato il prototipo della critica maligna e subdola, avversa a tutto quanto è sincero, spontaneo, entusiasta di rinnovamento e di vita. Wagner fu dissuaso, non senza difficoltà, dal chiamarlo Giovanni Lick (in tedesco Hans Lick), e cioè R. Hanslick, il più feroce ed implacabile fra i critici che fin da principio avversarono l'arte nuova, e che non gli diede tregua fin che visse; e rimane, scenicamente e musicalmente, una figura incancellabile. David e Maddalena, Pogner ed i Maestri tutti, altrettanti caratteri umani di ogni tempo, sebbene in veste del 600.

WAGENSEIL, JOHANN CHRISTOPH:   (print this article)   
By : Crawford Howell Toy   Eduard Neumann  



German Christian Hebraist; born at Nuremberg Nov. 26, 1633; died at Altdorf Oct. 9, 1705. In 1667 he was made professor of history at Altdorf, and was professor of Oriental languages at the same university from 1674 to 1697, after which he occupied the chair of ecclesiastical law until his death. For his knowledge of Hebrew he was chiefly indebted to Enoch Levi, who had come from Vienna to Fürth about 1670. Wagenseil devoted his learning to publishing anti-Christian works of Jewish authors, and undertook long journeys to gather his material. The fruit of this work is the collection entitled "Tela Ignea Satanæ, sive Arcani et Horribiles Judæorum Adversus Christum, Deum, et Christianam Religionem Libri" (Altdorf, 1681), which includes the apologetic "?izzu? Emunah" of the Karaite Isaac b. Abraham of Troki. Becoming convinced by the "Toledot Yeshu" that the Jews were guilty of blaspheming Jesus, Wagenseil addressed to all high potentates his "Denunciatio Christiana de Blasphemiis Judæorum in Jesum Christum" (Altdorf, 1703), in which he implored them to restrain the Jews from mocking at Jesus, Mary, the cross, the mass, and Christian teachings. Although he would have been pleased to see the Protestant princes show greater zeal in the conversion of the Jews, Wagenseil was opposed to forcible baptism and similar measures, and devoted a special treatise to the refutation of the charge of ritual murder.

Wagenseil wrote, besides the above - mentioned books, "Hoffnung der Erlösung Israels" (Leipsic, 1705), which appeared in a second edition (Altdorf, 1707), augmented by a number of smaller works under the general title "Benachrichtigungen Wegen Einiger die Gemeine Jüdischheit Betreffenden Sachen." This collection contains the following treatises: (1) "Quomodo cum Judæo in Colloquio, Forte Fortuno Nato, Agendum"; (2) "Judæos non Uti Sanguine Christiano"; (3) "Quomodo Usura Judæorum Averti Possit"; (4) "De Precatione Judaica Olenu"; (5) "Denunciatio Christiana de Blasphemiis Judæorum in Jesum Christum"; (6) "Apologia"; (7) "Denunciatio ad Magistratus Christianos de Juribus Eorum a Judæis Violatis"; (8) "An Christianus Salva Religione Judæo Die Sabbati Inservire Possit." He wrote also: "Exercitationes Sex Varii Argumenti" (Altdorf, 1698); "Belehrung der Jüdisch-Deutschen Red- und Schreibart" (2d ed., Königsberg, 1699); "Disputatio Circularis de Judæis" (Altdorf, 1705); "Rabbi Moses Stendal's nach Jüdischer Rede-Art Vorlängst in Reimen Gebrachte Psalmen David's" (Leipsic, 1700); as well as an edition and Latin translation of the Talmudic treatise Sotah (Altdorf, 1674).
Bibliography: Wolf, Bibl. Hebr. ii. 1046;
Grätz, Gesch. 3d ed., x. 274-276;
Fürst, Bibl. Jud. iii. 489;
Steinschneider, Cat. Bodl. cols. 2711-2713.T. E. N.



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