LAURETO RODONI «LA PUREZZA DELL'ELEMENTO SPETTRALE È LA CHIAVE DI VOLTA DELLA MIA TECNICA» OPERE DI GEORGES SEURAT ESPOSTE A ZURIGO Una versione ridotta (riprodotta in calce) di questi 'appunti laureto@rodoni.ch
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CRONOLOGIA DI GEORGES SEURAT
Nato nel 1859, Georges Seurat trascorse gran parte della sua breve vita (morì nel 1891, a 31 anni appena compiuti, fulminato dalla difterite) a Parigi, con brevi soggiorni estivi, negli ultimi cinque anni, in località marittime della Normandia, per scopi esclusivamente pittorici.
una rivelazione sconvolgente: in esse scopre un mondo nuovo dove ogni accademismo è bandito e dove i colori, resi in tutta la loro ricchezza e luminosità, si affermano prepotentemente. Ma l'obiettivo fondamentale delle sue ricerche è andare oltre l'impressionismo senza però rinnegarlo, per individuare una sorta di 'sistema' (André Chastel) o di sintesi formale che gli consenta di fissare l'attimo «in una ieratica cristallizzata eternità» (Calvesi). Il critico d'arte Félix Fénéon coniò il termine di neo-impressionismo per indicare questa nuova tendenza della pittura. Seurat mirava a elaborare dipinti che potessero sfidare le opere del passato da una parte e reggere il confronto con quelle future, dall'altra. Come Cézanne, egli voleva fare «qualcosa di solido e duraturo come l'arte dei musei». *** Come detto, agli impressionisti rimprovera la mancanza di rigore, il lato istintivo e casuale, basato sull'effimera realtà dell'attimo. Per Seurat la coscienza deve soggiogare l'intuizione.
Si tratta di una sorta di cronaca pittorica, vasta e attenta, di un pomeriggio domenicale dei parigini in riva alla Senna: una quarantina di personaggi guardano tutti nella stessa direzione, senza legami gli uni con gli altri, fissati in una sorta di ieratico affresco in cui il tempo sembra sospeso e sembra regnare unamisteriosa inquietudine. Preceduta da oltre sessanta di studi a olio o a carboncino, questa enorme tela può essere considerata una delle più complesse e stupefacenti composizioni dell'Ottocento. In essa il principio ottico della luce arriva alla sua formulazione puntinista. In Francia il fenomeno è detto pointillisme, ma Seurat preferiva il termine divisionisme, adottato anche dai suoi seguaci in Italia (divisionismo [7]). I colori non sono più mescolati sulla tavolozza, ma sono stesi, puri e separati ('divisi' per l'appunto) a linee, punti, virgole, tratteggi direttamente sulla tela in modo che la fusione avvenga nell'occhio di chi guarda. L'effetto di luminosità risulta così potenziato e lo spettatore ha l'impressione che dal quadro si sprigioni veramente la luce con la sua mobilità e con le sue iridescenze. [8]
Quest'ultimo bozzetto contiene già tutti gli elementi che compariranno nella versione finale. Nello stesso tempo in cui lo studio scientifico della luce raggiunge l'apice (cfr. supra), la realtà oggettiva così individuata non si pone davanti a noi con il suo contorno, con i suoi valori plastici e strutturali, ma entra nel campo dell'emozione visiva, delle suggestioni, delle sembianze misteriose e simboliche. Si pensi alle affinità tra musica, poesia e pittura, sostenute e discusse con grande convinzione, al simbolismo di Mallarmé, alla poesia delle «corrispondenze» baudelairiane, ai tentativi di «dar voce all'ineffabile» di Rimbaud. La realtà oggettiva e statica approda a una sorta di spiritualismo in cui si accendono evocazioni magiche, peregrine , sfuggenti. Il puntillismo è quindi una delle correnti artistiche più consapevoli e solide alle soglie del Novecento. Alla verità della natura subentra la verità dell'ideale grazie a uno strumento, la luce per l'appunto, che è il più immateriale e di certo il più adatto per indagare il mondo del mistero, dell'angoscia, dell'anima...
da quelli che sono veri e propri studi preparatori delle grandi tele e quindi meditazioni sulle proprie opere. È a partire dal 1883 che Seurat esegue i suoi schizzi in vista di un programma ben determinato: l'elaborazione di un'enorme tela con bagnanti sulle rive della Senna.
Si tratta della prima opera di grandi dimensioni dipinta da Seurat. A differenza degli impressionisti, Seurat si propone di rappresentare "un'arcadia democratizzata". Rispetto a tutte le implicazioni ovvie e 'normali' di Une Baignade, quelle poetiche sono altrettanto forti. Il trionfo di Seurat è di aver raggiunto la verosimiglianza intellettuale e visiva applicando la logica e la scienza. E perché no, dopo tutto? Prima di potersi applicare completamente, alcune menti hanno bisogno di ridurre i risultati delle loro conoscenze e delle loro sensazioni in una serie di giudizi astratti. Seurat fu una di queste persone. Così intorno al 1883, procedendo sistematicamente per analisi e classificazioni, egli aveva individuato per proprio uso le proprietà affettive della linea, del tono e del colore, ed aveva cominciato a formulare i principi in base ai quali ciascuno di questi elementi pittorici doveva essere usato in accordo reciproco, così da corrispondere esattamente al concetto emotivo dell'artista. Non si può forse esaminare nulla di più cerebrale e di più inibitore dell'ispirazione. E pure ispirazione è la parola che più si deve usare parlando di Seurat, perché non vi era nulla di meccanico e di uniforme nella sua pittura e la sua formula era sempre condizionata dalla visione. [11]
Anche tra i 39 disegni ci sono cinque studi preparatori: Jeune Femme (cfr. infra) e Singes per Un Dimanche à la Grande Jatte; L'Homme couché per Une Baignade, Asnière; Clown et trois personnages cat. 67, Clowns et poney - une Parade (cat. 69) per La Parade du cirque: Seurat nelle sue opere giovanili ricorre all'uso della matita Conté e una carta molto porosa ed esegue disegni sprovvisti di tratto nei quali il bianco e il nero sono lavorati in zone di ombra e di luce. Questi disegni sono legati agli esordi del neo-impressionismo e privilegiano le periferie urbane, le rive della Senna (motivi cari anche agli scrittori naturalisti e simbolisti contemporanei di Seurat), umili figure umane al lavoro, campi di grano e alberi, animali. «La prima comparsa della 'scrittura rigorosa' di Seurat» scrive Chastel «si trova nei grandiosi studi in nero, a matita o a carboncino, trasposti talvolta in olio.» [12]
Seurat abbandona quindi la traccia lineare e adotta la tecnica antitetica del chiaroscuro e del modellato. I dettagli vengono banditi e gli oggetti esistono soltanto nel loro volume, come in Le Chat blanc (cat. 18) e Jeune fille (cat. 33) in cui il pittore raggiunge vertici artistici assoluti.
Dal 1885 al 1890 con la sola eccezione del 1887, Seurat trascorre qualche settimana sulle coste della Normandia in località sempre diverse: a Grandcamp (cat. 62), Honfleur (56-57), Port-en-Bessin (58), Le Crotoy (59), Gravelines (60, 61, 63, 64).
In un raro documento epistolare, Seurat scrisse che era per lui impellente il bisogno di «togliersi dagli occhi la luce dello studio per imprimere sulla tela, il più esattamente possibile, la vivida luminosità esterna in tutte le sue sfumature». Dipinge marine quiete, desolate, austere, scruta gli angoli dei porti, le banchine, la costa. Popola suoi scenari soltanto di navi, vele, fari, sporgenze rocciose. In questo mondo di solitudine e di malinconia, l'uomo è assente e la marina assurge a scorato paesaggio dell'anima. Ottiene stupefacenti effetti cromatici accostando, secondo la tecnica del pointillisme che affina sempre più di anno in anno, minuscoli punti di colori puri che all'occhio dello spettatore appaiono come un pulviscolo cromatico variegato. L'estrema complessità e l'implacabile rigore strutturale di quest'opera non compromettono la spontaneità, la vivacità, il movimento, l'atmosfera fastosa della scena, in cui paradossalmente il fruitore riesce anche a percepire un aspetto essenziale di questo genere di spettacoli: l'improvvisazione.
La costruzione aveva sollevato le violente proteste di un gran numero di intellettuali che ritenevano il progetto assurdo. Seurat è il primo dei numerosi artisti che si ispirano alla torre; da Robert Delaunay a Bonnard, Gromaire, Chagall e altri diverrà motivo ricorrente nell'arte moderna. Il pittore la rappresenta alta e imponente in un cielo cosparso di una miriade di punti simili ad allegri coriandoli blu e arancio. furono decisive anche per l'orientamento futurista: Alla morte prematura di Seurat, Camille Pissarro scrisse: «Il Pointillisme è finito. Credo però che un giorno avrà una grande importanza per l'arte. Seurat ha davvero messo in moto qualcosa.» E in effetti questo genio schivo e apparentemente freddo fu uno dei pionieri, con Cézanne, Van Gogh e Gauguin, dell'arte moderna. |
[1] André Chastel, in I. (cfr. infra la BIBLIOGRAFIA), p. 5. |
[2] Eugène Chevreul (1786 - 1889) - Chimiste français, connu pour ses recherches fondamentales sur les corps gras et ses travaux sur les couleurs. Né à Angers, Eugène Chevreul travaille comme chimiste dans l'usine de Nicolas Vauquelin en 1804 et devient, en 1810, préparateur du cours que donne celui-ci au Muséum national d'histoire naturelle. Il commence par étudier les colorants, puis les substances organiques, alors que la plupart des chimistes ne sont intéressés alors que par les minéraux. Il publie en 1823 ses Recherches chimiques sur les corps gras d'origine animale. Dans cet ouvrage majeur, il expose les lois communes aux composés minéraux et aux composés organiques, et propose notamment une théorie de la saponification, réaction chimique qui transforme les matières grasses en savon. Grâce aux procédés de dissolution, de fusion et d'ébullition fractionnées, il sépare les différents constituants de certains corps gras. Cette méthode lui permet notamment de mettre au point les bougies stéariques. Nommé professeur de chimie et directeur des teintureries de la manufacture des Gobelins en 1824, il s'intéresse particulièrement aux matières colorantes, et découvre notamment l'indigotine, colorant bleu de l'indigo. Chevreul élabore également une théorie des couleurs qui influence de nombreux peintres, les impressionnistes notamment. Il est reçu à l'Académie des sciences en 1826, et succède à Vauquelin en 1830 à la chaire de chimie du Muséum, dont il assure la direction de 1864 à 1879. |
[3] Le teorie di Seurat, insieme con quelle di Charles Henry, rivelano il passaggio maturato lungo la via tracciata da Charles Blanc e Humbert de Superville, da un insieme di cognizioni puramente scientifiche a una sorta di simbologia formale che prevede i rapporti, gli accordi, le rispondenze fra la sfera fisica e la sfera psichica, fra il mondo chiaro e ordinato delle linee e dei colori - il mondo governato la leggi ottiche e geometriche e il mondo assai più ambiguo e fluttuante (ma per loro solo apparentemente tale) dei sentimenti e delle sensazioni. Alla formulazione matura di tali teorie Seurat è arrivato ovviamente per gradi, ma senza conoscere deviazioni lungo il proprio percorso, studiando, sperimentando e perseguendo il proprio fine con un rigore e un'intransigenza che sarebbero sufficienti di per se stessi a qualificarlo come un personaggio eccezionale: spirito di ricercatore puro, figura quasi di profeta, è normale che si trovasse in breve tempo circondato da adepti, anche se la cosa non gli tornava troppo gradita; ma non è da credere che, a parte Signac, i suoi seguaci fossero altrettanto partecipi e consapevoli delle ragioni profonde che, nel pensiero di Seurat, giustificavano il carattere dogmatico della sua regola: pittori discreti, dotati di qualità medie, i vari Cross, Angrand, Luce si sono limitati ad assumere il nuovo linguaggio divisionista penetrandone unicamente l'aspetto esteriore ed adeguandosi ad una formula che, spogliata così della sua più intima vitalità, poteva talvolta divenire un impedimento alla libertà dell'espressione La ricerca di Seurat, le mete a cui tende non sono nuove in senso assoluto nella storia della pittura: i suoi problemi di linguaggio sono anzi gli stessi già dibattuti dai massimi cultori della forma, da Piero della Francesca a Raffaello, da Poussin a Ingres, si ricollegano cioè ad una strada maestra nella storia della pittura, una strada che giunge fino a Puvis de Chavannes, tanto per citare un artista la cui conoscenza è stata indubbiamente illuminante per il giovane Seurat In effetti ciò che colpisce a tutta prima in Seurat è la sua forma mentis, la sua disperata serietà nell'affrontare e risolvere i problemi della pittura: un atteggiamento che, per l'importanza che dava Seurat alla pittura, coinvolge anche il suo essere uomo, ogni sua aspirazione, ogni suo anelito; una disciplina morale che si traduce in volontà di equilibrio e di ordine, una chiarezza in quest'ordine che diviene strumento di conoscenza, capacità di penetrare le forme eterne del reale e insieme limpida elaborazione di un nuovo linguaggio, di un nuovo mezzo di comunicazione. Non pare più azzardato a questo punto fare il nome di Piero della Francesca e istituire un rapporto col Quattrocento italiano. (R. NEGRI, Seurat e il divisionismo, in "L'arte moderna", I, 5, 1969). |
[4] Lucie Cousturier, Maximilien Luce, Hippolyte Petitjean, Camille e Lucien Pissarro, Théo van Rysselberghe, Jeanne Salmersheim-Desgranges, Henry van de Velde, Willy Finch, Louis Hayet, Léo Gausson e Antoine de la Rochefoucauld, Henry-Edmond Cross, Charles Ongrand, Albert Dubois-Pillet... |
[5] André Chastel, in I., p. 5. |
[6] André Chastel, in I., p. 6. |
[7] Tra i principali maestri del divisionismo italiano si ricordano: Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Gaetano Previati, Angelo Morbelli, Filippo Carcano, Plinio Nomellini e Biagio Biagetti. Di particolare interesse la scuola ligure con Rubaldo Merello, Cornelio Geranzani, Giuseppe Cominetti ed Eso Peluzzi, la scuola lombarda e quella piemontese. |
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[9] FÉLIX FÉNÉON, in Les Impressionnistes en 1886, 1886. |
[10] FIORELLA MINERVINO, in I., p. 101. |
[11] D. COOPER, Georges Seurat. "Une Baignade ci Asnièes", 1946. |
[12] A Montmartre una delle distrazioni preferite degli impressionisti era il circo Fernando. Da principio era stato soltanto un circo modesto che, dopo aver girato nelle periferie, aveva piantato le sue tende su un terreno incolto all'angolo di rue des Martyrs e boulevard de Rochechouart. Visto il successo riportato, il suo proprietario, un belga che diventato cavallerizzo da circo aveva preso il nome di Fernando, fece costruire l'edificio in muratura che noi abbiamo conosciuto sotto il nome di Medrano. Questo Medrano, che avrebbe poi preso il posto di Fernando, era un clown famoso, Boum-Boum, adorato da tutti i bambini di Parigi. A Renoir piaceva l'atmosfera del circo, i vestiti sgargianti che scintillavano sotto le violente luci a gas della ribalta, e nel periodo in cui dipingeva Le bal du Moulin de la Galette, prima di rientrare in rue Saint-Georges gli Capitava spesso di fermarsi ai circo. Inevitabilmente questo l'avrebbe condotto a dipingere van quadri ispirati alla sua magia: Le clown blanc, Les jongleuses... Degas, quando abitava in rue Blanche - si sarebbe trasferito in rue Victor-Massé so!tanto ne! 1886 - andava anche lui al circo, la sera, in compagnia di Gervex e di Forain. Oltre a Boum-Boum la grande attrazione era una mulatta: Miss La-la, detta la «donna cannone». Chissà perché, visto che il suo numero consisteva nell'issarsi sotto la volta del circo arrampicandosi su una corda liscia e, arrivata in cima, nel iasciarsi penzolare nel vuoto tenendosi aggrappata con i denti, mentre i tamburi ruilavano. Sempre attento ai gesti precisi degli acrobati, Degas fece numerosi schizzi, che gli servirono poi a creare nel suo studio il quadro Miss La-la au cirque Fernando. Non fu un successo: l'angolo dal quale aveva rappresentato l'acrobata scandalizzà i critici e ancora di più i pompiers. Questi ultimi, ignoranti oltre che presuntuosi, non erano riusciti a capire che Degas si era ispirato alla prospettiva dei soffitti del Tiepolo e de! Settecento itaiiano per la composizione del suo quadro. Medrano avrebbe affascinato i pittori che seguirono gli impressionisti, in realtà quasi fino ai giorni nostri, poiché Toulouse-Lautrec gli dedicò la sua ce!ebre serie Le cirque, realizzata durante il suo internamento nelia casa di cura Saint-James per dimostrare che era in possesso di tutte !e sue facoltà mentali. Seurat ne rappresentò La parade e un numero di cavalierizzi in Le cirque, al Musée d'Orsay. Rouauit, Van Dongen, Picasso e moiti altri artisti contemporanei trovarono nei circo i soggetti di alcuni dei ioro quadri migliori. Quanto a Picasso, gli consacrò tutto ii «periodo rosa», che Fernande Olivier chiamava giustamente il «periodo dei saltimbanchi». [VII. pp. 173-175] |
[13] I. p. 138 |
[14] Oltre a lasciare ai posteri un'opera di notevoli capacità espressive, Seurat trasmette alle generazioni future delle illuminazioni estetiche, dei ritrovati tecnici di fondamentale interesse. E tra i primi pittori che alla fine del diciannovesimo secolo cercarono di liberare la pittura dalla costrizione del soggetto e dall'imitazione servile, di far sentire il potere dei volumi, cosa di cui il cubismo beneficerà ampiamente, di innalzare la natura a una espressione nuova, a effetti inattesi. |
BIBLIOGRAFIA I. Georges Seurat, Figure dans l'espace, a cura di CHRISTOPH BECKER e JULIA BURCKHARDT BILD, Hatje Cants, Catalogo della Mostra al Kunsthaus di Zurigo, 2009. II. L'opera completa di Seurat, presentazione di André Chastel, apparati critici e filologici di FIORELLA MINORINO, Rizzoli, Milano, 1972. III.MICHAEL F. ZIMMERMANN, Seurat, Rizzoli, Milano, 1992. IV. ALFREDO DE PAZ, L'età postimpressionista. Scienza, soggettività e simbolo da Seurat a Klimt, Liguori Editore, Napoli, 2003. V. Seurat, Signac e i neoimpressionisti, a cura di MARINA FERRETTI BOCQUILLON, Skira, Catalogo della Mostra a Palazzo Reale, Milano, 2008. VI. L'arte nella società: l'impressionismo, a cura di Maurizio Calvesi, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1976. VII. JEAN-PAUL CRESPELLE, La vita quotidiana a Parigi al tempo degli impressionisti, Rizzoli, Milano, 1988. |
ERRATA/CORRIGE
terza colonna in fondo: addotti al posto di esposti
tra la quarta e la quinta colonna Popola e non Popoli