Amleto, di William Shakespeare
Copertina Note preliminari Personaggi Atto I Atto II Atto III Atto IV Atto V

Atto III

Scena I
Elsinore, una stanza nel castello.

Entrano il Re, la Regina, Polonio, Ofelia, Rosencrantz e Guildenstern

Re E non potreste voi,
con velate domande, fargli dire (075)
qualche cosa di quel suo turbamento
che inasprisce la pace dei suoi giorni
in una torbida, insidiosa insania?
Rosencrantz Ammette di non esser più se stesso,
ma si rifiuta di dirne la causa.
Guildenstern Né lo troviamo aperto e ben disposto
a lasciarsi sondare da noi due.
Quanto appena tentiamo d'invogliarlo
a dir qualcosa sul suo vero stato,
svicola, con astuta stravaganza.
Regina V'ha bene accolto?
Rosencrantz Da gran gentiluomo.
Guildenstern Facendo però assai forza a se stesso.
Rosencrantz Avaro di domande,
ma alle nostre scioltissimo a rispondere.
Regina Non avete tentato d'invogliarlo
a darsi qualche distrazione?
Rosencrantz Infatti,
signora, si dà il caso che per via
ci sia occorso di lasciarci dietro
alcuni commedianti qui diretti.
Gliene abbiamo parlato,
e ci sembrò che avesse un certo gusto
a udirne. Quelli sono ora a corte,
in qualche luogo, e credo abbian già l'ordine
di recitare innanzi a lui stasera.
Polonio Proprio così; è stato anzi lui stesso
a dirmi di pregar le vostre altezze
di assistere anche loro allo spettacolo.
Re Ma certo! Come no! Con tutto il cuore!
E non sapete quanto mi consola
apprendere ch'egli è sì ben disposto!
A voi, signori miei, di stimolarlo
ancora, indirizzandone lo spirito
a questo genere di distrazioni.
Rosencrantz Va bene, vostra altezza, lo faremo.
(Escono Rosencrantz e Guildenstern)
Re Andate pure voi, dolce Gertrude.
Abbiamo fatto, in tutta discrezione,
che Amleto venga qui,
sì che possa incontrarsi con Ofelia,
come fosse per caso:
il di lei padre ed io ci disporremo
da legittime spie, in modo tale
che potremo, vedendo non veduti,
dedurre dall'incontro miglior causa
di conoscenza della sua condotta,
e sapere s'è per la sua passione
o no, ch'egli si strugge in questo modo.
Regina Farò come voi dite. In quanto a te,
Ofelia, m'auguro che le tue grazie
siano esse solo la felice causa
della stranezza che pervade Amleto,
sperando che le tue virtù squisite
lo rendano alle forme sue consuete,
per l'onore di entrambi.
Ofelia Dio lo voglia.
(Esce la regina)
Polonio Ofelia, qui: comincia a passeggiare.
(Al re)
E noi, se non dispiace a vostra grazia,
andiamo intanto ad appostarci là.
(A Ofelia)
Mentre passeggi, leggi questo libro.
L'ostentazione d'un tale esercizio
può dar colore alla tua solitudine...
Troppo spesso noi siamo biasimati
in questo, ma è provato, arciprovato:
viso compunto e atteggiamento pio
riescono ad addolcire il diavolo.
Re (A parte)
Troppo vero, ahimè!... Ma che frustata,
queste parole per la mia coscienza!
La guancia d'una avvizzita puttana
non è più brutta dell'immonda pàtina
che la copre, di quanto sia più sporco
dell'urbano e compunto mio parlare
il mio modo d'agire sotterraneo.
Polonio Eccolo, monsignore. Ritiriamoci.
(Escono il re e Polonio)
Entra Amleto
Amleto Essere, o non essere...
questo è il nodo: (076) se sia più nobil animo
sopportar le fiondate e le frecciate
d'una sorte oltraggiosa,
o armarsi contro un mare di sciagure,
e contrastandole finir con esse.
Morire... addormentarsi: nulla più.
E con un sonno dirsi di por fine
alle doglie del cuore e ai mille mali
che da natura eredita la carne.
Questa è la conclusione
che dovremmo augurarci a mani giunte.
Morir... dormire, e poi sognare, forse...
Già, ma qui si dismaga l'intelletto:
perché dentro quel sonno della morte
quali sogni ci possono venire,
quando ci fossimo scrollati via
da questo nostro fastidioso involucro?
Ecco il pensiero che deve arrestarci.
Ecco il dubbio che fa così longevo
il nostro vivere in tal miseria.
Se no, chi s'indurrebbe a sopportare
le frustate e i malanni della vita,
le angherie dei tiranni,
il borioso linguaggio dei superbi,
le pene dell'amore disprezzato,
le remore nell'applicar le leggi,
l'arroganza dei pubblici poteri,
gli oltraggi fatti dagli immeritevoli
al merito paziente,
quand'uno, di sua mano, d'un solo colpo
potrebbe firmar subito alla vita
la quietanza, sul filo d'un pugnale?
E chi vorrebbe trascinarsi dietro
questi fardelli, e gemere e sudare
sotto il peso d'un'esistenza grama,
se il timore di un "che" dopo la morte
- quella regione oscura, inesplorata,
dai cui confini non v'è viaggiatore
che ritorni - non intrigasse tanto
la volontà, da indurci a sopportare
quei mali che già abbiamo,
piuttosto che a volar, nell'aldilà,
incontro ad altri mali sconosciuti?
Ed è così che la nostra coscienza
ci fa vili; è così che si scolora
al pallido riflesso del pensiero
il nativo colore del coraggio,
ed alte imprese e di grande momento,
a cagione di questo, si disviano
e perdono anche il nome dell'azione.
(Vede Ofelia)
Ma zitto, adesso!... La leggiadra Ofelia!
Ninfa, nelle tue preci
rammemoràti siano i miei peccati.
Ofelia Mio buon signore, come s'è sentito
vostro onore, durante questi giorni?
Amleto Oh, bene, bene, bene, umili grazie!
Ofelia Signore, ho qui con me vostri ricordi
che da tempo volevo ritornarvi.
Vi prego, riprendeteli.
Amleto Non io.
Non v'ho dato mai niente.
Ofelia Vostro onore,
voi ben sapete di avermeli dati;
e accompagnati pure da parole
spiranti tal profumo di dolcezza
da renderli oltremodo più preziosi.
Quel profumo è svanito. Riprendeteli.
A cuor gentile anche i doni più ricchi
si fan povera cosa,
se chi li dona si mostra crudele.
Eccoli, mio signore.
(Gli porge un pacchetto)
Amleto (Ridendo)
Ah, ah! Voi siete onesta?
Ofelia Monsignore?...
Amleto Siete bella?
Ofelia Che intende vostra altezza?
Amleto Che essendo onesta e bella, come siete,
mai la vostra onestà dovrebbe ammettere
che si parli della bellezza vostra.
Ofelia Con chi potrebbe meglio accompagnarsi
la bellezza, se non con l'onestà?
Amleto Oh, sì! Ma la bellezza ha tal potere
da far dell'onestà la sua ruffiana,
più di quanto non possa l'onestà
fare a sua somiglianza la bellezza.
Questo un tempo pareva un paradosso,
ma ora i tempi provano che è vero.
Una volta vi amavo.
Ofelia Mio signore,
confesso, me l'avete dato credere.
Amleto Non m'avresti dovuto prestar fede;
ché non si può innestare la virtù
sul nostro vecchio tronco
e fargli perdere la sua natura.
Io non t'ho mai amata.
Ofelia Tanto più mi considero ingannata.
Amleto Va' in un convento. Perché ti vuoi fare
procreatrice di peccatori? Anch'io
son virtuoso abbastanza, e tuttavia
mi potrei incolpar di tali cose,
da pensar che sarebbe stato meglio
mia madre non m'avesse partorito.
Sono molto superbo,
vendicativo, pieno d'ambizione,
con più peccati pronti ad un mio cenno
che pensieri nei quali riversarli,
o fantasia con cui dar loro forma,
o tempo sufficiente a consumarli.
Che ci fa al mondo un essere così?
Sempre a strisciare qui, tra cielo e terra?
Siamo grandi canaglie, tutti quanti:
farai bene a non credere a nessuno.
Va', va in convento... Tuo padre dov'è?
Ofelia A casa, mio signore.
Amleto Bada che sian serrate a lui le porte,
ch'egli non esca a far lo scemo. Addio.
(Fa per andarsene, poi torna indietro)
Ofelia (Tra sé)
O potenze celesti, soccorretelo!
Amleto Se ti mariti, voglio darti in dote
questo pestilenziale ammonimento:
puoi rimanere casta come ghiaccio,
candida e pura come fior di neve,
ma non potrai sfuggire alla calunnia.
Perciò ti dico: vattene in convento.
O, se proprio hai bisogno di sposarti,
prenditi un gonzo, perché quelli dritti
sanno fin troppo bene
quali mostri sapete far di loro. (077)
Va', chiuditi in convento. E presto. Addio.
(Fa ancora per andarsene, ed ancora torna indietro)
Ofelia (Tra sé)
O potenze celesti, risanatelo!
Amleto Ho sentito che usi imbellettarti...
Dio t'ha dato una faccia, e tu ti mascheri.
Quando cammini vai ballonzolando,
sculetti, bamboleggi a destra e a manca,
chiamando coi nomignoli più strani
le creature di Dio...
e fai passare la tua sfrontatezza
per ignoranza... Va', ce n'ho abbastanza.
È questo che m'ha fatto uscir di senno.
Sai che ti dico? Che è passato il tempo
dei matrimoni; quelli già sposati,
tranne uno, (078) proseguano a campare;
ma gli altri resteranno come sono.
Va', vattene in convento.
(Esce)
Ofelia Oh, qual nobile mente è qui sconvolta!
Occhio di cortigiano,
lingua di dotto, spada di soldato;
la speranza e la rosa del giardino
del nostro regno, specchio della moda,
modello d'eleganza,
ammirazione del genere umano,
tutto, e per tutto, in lui così svanito!...
Ed io, la più infelice e derelitta
delle donne, ch'ho assaporato il miele
degli armoniosi voti del suo cuore,
debbo mirare adesso, desolata,
questo sublime, nobile intelletto
risuonare d'un suono fesso, stridulo,
come una bella campana stonata;
l'ineguagliata sua forma, e l'aspetto
fiorente di bellezza giovanile
guaste da questa specie di delirio!...
Me misera, che ho visto quel che ho visto,
e vedo quel che seguito a vedere!
Entrano il Re e Polonio. Ofelia resta in disparte.
Re Amore, quello?... No, non è di là
che spira il vento. (079) Né quel suo parlare,
benché scucito, era un parlare pazzo.
C'è qualche cosa in lui
su cui la sua tristezza sta covando,
ed ho una gran paura
che la covata sia pericolosa.
Perciò, per precauzione, ho già disposto
di spedirlo senz'altro in Inghilterra
a reclamare il tributo arretrato.
Altri mari, altre terre,
con le lor varie e diverse atmosfere
può darsi che riescano a fugargli
quel qualcosa che gli sta fitto in mente,
su cui batte e ribatte il suo cervello,
estraniandolo tanto da se stesso.
Che ne pensate?
Polonio Che l'idea è buona;
ma io persisto a credere, signore,
che al fondo ed al principio del suo male,
a renderlo così angosciato e triste,
è questo amore non contraccambiato.
Ebbene, Ofelia, non è necessario
che tu ci dica quello che t'ha detto
il principe. Abbiamo udito tutto.
(Esce Ofelia)
Signore, agite come più vi aggrada.
Però, se non vi sembri inopportuno,
sarebbe bene che, dopo la recita,
la regina sua madre
s'intrattenga con lui, da solo a sola,
e gli chieda di dirle la sua ambascia:
e che sia un parlare ben deciso.
Io, se non vi dispiace,
andrò a piazzarmi in luogo ove origliare
potrò il lor colloquio.
Se poi nemmeno lei ne viene a capo,
inviatelo pure in Inghilterra,
o confinatelo dove parrà
alla vostra saggezza.
Re Questo, questo!
Così sarà. Ché la pazzia dei grandi
non deve rimanere incustodita.
(Escono)

Scena II
Elsinore, sala nel castello.

Entra Amleto con tre attori

Amleto (Al primo attore)
La tirata, ti prego, devi dirla
come l'ho pronunziata io a te,
sciolta, in punta di lingua. Se la urli,
come fan tanti nostri attori d'oggi,
sarebbe come affidare i miei versi
alla bocca del banditore pubblico.
Non trinciar troppo l'aria con la mano,
così, gesticola invece con garbo;
giacché pure nel mezzo della piena,
della tempesta, e potrei dir nel vortice
della passione devi mantenere
sempre quel tanto di moderazione
che le dia una certa compostezza.
Ah, mi ferisce fino in fondo all'anima
quando ascolto un robusto giovanotto
imparruccato che riduce a brani
un discorso d'amore, lacerandolo,
per rintronar gli orecchi alla platea,
che capisce soltanto, la più parte,
oscure pantomime e gran baccano.
Metterei alla frusta quel gaglioffo
che ti fa un forzato Termagante, (080)
e un Erode più Erode del reale. (081)
Evitalo, ti prego.
Primo attore Sì, vostro onore, ve lo garantisco.
Amleto Però non esser troppo in sottotono,
ma làsciati guidare dal mestiere
e dalla personale discrezione.
Il gesto sia accordato alla parola
e la parola al gesto, avendo cura
soprattutto di mai travalicare
i limiti della naturalezza;
ché l'esagerazione, in queste cose,
è contraria allo scopo del teatro;
il cui fine, da quando è nato ad oggi,
è di regger lo specchio alla natura,
di palesare alla virtù il suo volto,
al vizio la sua immagine,
ed al tempo e all'età la loro impronta.
Se tutto questo dall'azione scenica
riesce esagerato o impicciolito,
potrà far ridere l'incompetente,
ma non potrà che urtare il competente
il cui giudizio deve aver per voi,
che siete del mestiere, più importanza
di un'intera platea di tutti gli altri.
Ho visto e udito attori
(e udito anche lodarli e stralodarli,
per non dire di più, quantunque privi
d'accento e di movenze nel gestire
non dico da cristiani o da pagani
ma nemmeno da uomini comuni),
recitare gonfiandosi,
sbuffando e urlando in modo sì scomposto
da far pensare che madre natura
abbia commesso a fabbricare uomini
a qualche manovale da strapazzo,
che li abbia impastati malamente,
tal era la maniera abominevole
con la quale imitavano il reale.
Primo attore Spero che tutto questo in mezzo a noi
si sia corretto sufficientemente.
Amleto Giova però correggerlo del tutto,
sì che chi fa la parte del buffone
badi a non dire più di quel che è scritto;
perché ci son di quelli che sghignazzano
per tutto il tempo già per conto loro,
sol per suscitare le risate
d'un certo numero di spettatori
ignoranti, ed a volte proprio là
quando dovrebbe farsi risaltare
qualche passaggio essenziale del dramma.
Questa è davvero roba da villani,
che dimostra una misera ambizione
in quello stolto che vi fa ricorso.
Ed ora andate pure a prepararvi.
(Escono gli attori)
(A Polonio)
Ebbene, signor mio, si degna il re
di assistere alla rappresentazione?
Polonio Sì, mio signore, ed anche la regina.
Saranno qui tra poco.
Amleto Ottimamente.
Ordinate agli attori di affrettarsi.
(Esce Polonio)
(A Rosencrantz e Guildenstern)
Non vorreste anche voi sollecitarli?
I DUE - Va bene, monsignore.
(Escono)
Entra Orazio
Amleto Ehi, là, Orazio!
Orazio Eccomi, monsignore, per servirvi.
Amleto Orazio, tu sei proprio l'uomo giusto
col quale mi sia occorso fino ad ora
di scambiare parola.
Orazio Mio signore!...
Amleto Non creder ch'abbia voglia di adularti.
Che guadagno potrei sperar da te
che non hai, per mangiare e per vestire,
altra rendita fuori del tuo ingegno?
A che pro adulare uno che è povero?
Lecchi pure, la lingua tutto zucchero
l'assurda pompa, il ridicolo sfarzo;
e le rotelle dei pingui ginocchi
si pieghino là dove il vile ossequio
può ritrarne profitto. Tu m'intendi.
Da quando questa cara anima mia
fu padrona di fare le sue scelte
e fu in grado di scegliere tra gli uomini,
essa ha marcato te del suo sigillo;
però che tu sei uno
che, di tutto soffrendo, sei capace
di non soffrir di nulla; sei un uomo
che ha saputo ricever dalla sorte
gli schiaffi e le carezze,
con pari spirito di gradimento.
E fortunati quelli in cui l'istinto
è così ben commisto al raziocinio
da non esser per la Fortuna un piffero
ch'ella possa suonare a suo talento
diteggiandolo come più le piace.
Portatemi quell'uomo
che non sia schiavo delle sue passioni
e io me lo terrò stretto sul cuore,
come faccio con te. Ma di ciò basta.
Stasera qui si rappresenta un dramma
innanzi al re; una scena del lavoro
è molto simile alle circostanze
ch'ho avuto già occasione di accennarti
in riguardi alla morte di mio padre.
Ti prego d'osservare attentamente,
durante tutto il corso dell'azione,
l'aspetto di mio zio: se a un certo punto
il rimorso della sua colpa occulta
non vien fuori da solo dalla tana,
quella che abbiam veduto l'altra sera
è l'ombra d'uno spirito dannato,
e le mie sono solo fantasie
più annebbiate dell'antro di Vulcano.
Scrutalo attentamente; per mia parte,
io gli terrò piantati gli occhi in faccia.
Confronteremo poi i due giudizi
su quello ch'egli avrà fatto apparire
alla vista d'entrambi.
Orazio D'accordo, mio signore. S'ei dovesse,
nel corso della rappresentazione,
tentar di trafugarci qualche cosa
e io non lo scoprissi,
sarò disposto a risarcire il furto.
Trombe. Marcia danese.
Entrano il Re, la Regina, Ofelia, Polonio. Rosencrantz, Guildenstern, gentiluomini di corte, guardie che recano torce.
Amleto Vengono per il dramma;
è il momento per me di fare il tonto.
Tu vatti a scegliere un posto a sedere.
(Orazio si allontana)
Re Beh, come sta nostro nipote Amleto? (082)
Amleto In maniera eccellente,
faccio la dieta del camaleonte; (083)
mangio aria farcita di promesse,
nemmeno buona ad ingrassar capponi.
Re Questa risposta tua non mi riguarda,
Amleto: son parole non per me.
Amleto E neppure per me.
(A Polonio)
Sicché, signore,
un tempo avete anche voi recitato
all'università. Non è così?
Polonio Infatti, monsignore,
ed ero reputato un buon attore.
Amleto E che parte faceste?
Polonio Giulio Cesare. (084)
Venivo pugnalato in Campidoglio.
Era Bruto ad uccidermi.
Amleto E dev'essere stato un vero bruto
per uccidere un tale vitellone!
(Va a sedersi a fianco di Ofelia)
Sono pronti gli attori?
Rosencrantz Sì, signore,
aspettano soltanto un vostro cenno.
Regina Vieni, mio buon Amleto,
vieni a sederti qui, vicino a me.
Amleto Vogliate perdonarmi, buona madre:
ho qui una più attirante calamita.
Polonio (A parte al re)
Oh, oh, avete visto?
Amleto Posso giacermi in seno a voi, signora? (085)
Ofelia No, questo no, signore.
Amleto La testa, intendo, sopra al vostro grembo.
Ofelia Oh, questo sì, signore, accomodatevi.
Amleto Pensavate che avessi per la mente
pensieri da villano?
Ofelia Non ho pensato a nulla, mio signore.
Amleto È un pensiero gentile dopotutto
sdraiarsi tra le gambe di ragazze.
Ofelia Che dite, monsignore?
Amleto Niente, niente.
Ofelia Siete allegro, signore.
Amleto Allegro, io?
Ofelia Così mi sembra, mio signore.
Amleto Oh Dio,
il vostro comico intrattenitore. (086)
Perché non si dovrebbe stare allegri?
Guardate un po' com'è allegra mia madre,
col marito ch'è morto da due ore.
Ofelia Da due ore? Che dite, monsignore?
Son quattro mesi.
Amleto Ah, sì? Già tanto tempo?
Allora che si vesta a lutto il diavolo;
io mi voglio vestir di zibellino! (087)
Santo cielo! Morir due mesi fa,
e non essere ancor dimenticato!
Allora c'è speranza, per un grande,
che il suo ricordo possa sopravvivergli
almeno per lo spazio di mezzo anno;
ma dev'essere uno, per la Vergine,
che in vita sua ha costruito chiese;
altrimenti si deve rassegnare
alla sorte toccata al cavalluccio
in petto ai danzatori di moresca, (088)
l'epitaffio del quale porta scritto:
"Cucù, cucù, chi ti ricorda più?"

Trombe che annunciano l'inizio della pantomima.

Entrano due attori, uno vestito da re, l'altro da regina: lei s'inginocchia a lui, come a dimostrargli la sua devozione. Lui si pone a giacere su un'aiuola fiorita, e s'addormenta. Ella, vedendolo addormentato, s'allontana. Subito dopo entra un altro attore-uomo, toglie dal capo del re che dorme la corona, la bacia, versa da una fiala del liquido nell'orecchio del dormiente, e se ne va. Rientra la regina, vede il re morto, fa gesti di disperazione. L'avvelenatore, accompagnato da altri quattro, rientra, si avvicina alla regina, mostra di condividere il suo cordoglio. Il corpo del re morto è portato via dai quattro. L'avvelenatore corteggia la regina, porgendole doni. Ella sembra sul principio restia, ma poi accetta le profferte amorose di lui. Finita la pantomima, gli attori escono.

Ofelia (Ad Amleto)
Che vuol dire, signore, tutto questo?
Amleto Maria Vergine, un maledetto intrigo;
vuol dire maleficio.
Ofelia Forse la pantomima
riguarda l'argomento del lavoro?
Entra il Prologo
Amleto Ce lo dirà costui: i commedianti
non son capaci di tener segreti;
dicono tutto.
Ofelia Ce lo dirà lui,
allora, il senso della pantomima?
Amleto Oh, sì, e anche di qualsiasi altra
che gli possiate sciorinar davanti.
Non abbiate vergogna a sciorinargliela,
lui non avrà vergogna a dirvi il senso.
Ofelia Siete maligno voi, siete maligno.
Ma ora voglio stare attenta al dramma.
Prologo "Chinati innanzi alla vostra clemenza,
"per noi, per la tragedia, con licenza,
"chiediam che ci ascoltiate con pazienza".
(Esce)
Amleto È un prologo, o il motto di un anello?
Ofelia È stato breve.
Amleto Come amor di donna.
Entrano gli attori Re e Regina
Re "Ben trenta volte già di Febo il cocchio
"ha compiuto il suo viaggio
"intorno ai salsi lidi di Nettuno
"ed al rotondo suolo della Terra;
"ben trenta volte già dodici lune
"hanno, coi lor riflessi presi in prestito,
"compiuto il loro giro intorno al mondo,
"da quando Amore ha unito i nostri cuori
"e in santissimi nodi ha stretto Imene
"le nostre mani.
Regina E possan sole e luna
"farci così contare tanti viaggi,
"prima che Amore ci possa disgiungere!
"Ma voi, da qualche tempo - me infelice! -
"siete malfermo, stanco, sì e mutato
"a tal punto da quello che eravate,
"che ho paura per voi. Ma, mio signore,
"malgrado i miei timori, non turbatevi,
"ché timore e amore nelle donne
"son di eguale misura: o sono niente,
"o tutto. Quanto sia l'amore mio,
"lo sapete per prova; e a sua misura
"sono le mie paure; e a grande amore
"i più lievi sospetti son paure;
"e là dove le piccole paure
"si fanno grandi, cresce anche l'amore".
Re "Io ti debbo lasciare, amore mio,
"e sarà presto; ché io sono al termine
"delle mie forze; e tu, dopo di me,
"dovrai vivere, amata ed onorata,
"nel dolce mondo, e forse un altro sposo
"potrai, non meno degno..."
Regina "Oh, mio signore,
"tutto il resto degli uomini in malora!
"Un nuovo amore dentro questo petto
"sarebbe tradimento. Me dannata,
"se mi togliessi un secondo marito!
"Non tolse mai il secondo
"se non la donna che uccise il suo primo.
Amleto (Tra sé)
Assenzio! Assenzio è questo! (089)
Regina "Amor non è, ma basso mercimonio
"quel che ispira un secondo matrimonio.
"Ucciderei di nuovo il mio diletto
"se nuovi amplessi concedessi a letto.
Re "Son certo che pensate quel che dite;
"ma troppo spesso furono tradite
"le promesse da prima stabilite:
"schiava della memoria è la promessa,
"violenta a nascere, ad agir dimessa;
"sul ramo resta il frutto finché è acerbo,
"maturo, cade, senz'uopo di nerbo.
"Scordiamo per natura troppo spesso
"quel che ciascuno di noi deve a se stesso.
"E ciò di cui nell'empito d'amore
"facciam promessa, morto quello, muore.
"Dolore e gioia, se non son discreti,
"distruggono a vicenda i lor decreti;
"dove gioia più ride, di repente
"il dolore più geme;
"gioia e dolore insieme
"si mutan l'un nell'altro per un niente.
"Il mondo non è immobile
"e non è strano che pur sia mutabile
"il nostro amor con la nostra fortuna.
"Però che il punto da provare è questo:
"se sia l'Amore a guidar la Fortuna,
"o la Fortuna a guidare l'Amore.
"Cade l'uomo potente,
"e fuggire vedrai da lui la gente
"sua favorita; sale il mendicante,
"si fa amici i nemici; e fino qui
"Amore fu che Fortuna seguì;
"perché chi non è stretto da indigenza
"amici ne avrà sempre in abbondanza;
"e chi vuole provare un falso amico
"nel bisogno, ne fa tosto un nemico.
"Ma per tornare a dove ho cominciato
"le nostre volontà e i nostri fati
"corron sì separati
"che ogni nostro disegno n'è frustrato.
"Nostri sono i pensieri,
"i loro fini sono a noi stranieri.
"Tu potrai pur pensare
"di non volere un secondo marito;
"un tal pensiero ti può abbandonare
"quando il tuo primo fosse dipartito.
Regina "Luce mi neghi il sole e pan la terra
"e sian chiusi al mio svago! E sempre in guerra
"col mio riposo sian le notti e i giorni!
"Ed in disperazione mi ritorni
"fede e speranza! Mia sola ambizione
"rimanga l'eremo d'una prigione.
"Sperda e distrugga tutte le mie voglie
"ogni contrario che la gioia toglie
"di raggiungerle; e vita tormentosa
"mi mandi Iddio se mi rifaccio sposa."
Amleto (Tra sé)
S'ella adesso rompesse il giuramento!
Re "È un forte giuramento.
"Diletta, lasciami qui per un poco;
"mi sento intorpidito, e vorrei tanto
"sedar nel sonno il tedio di quest'ora.
(S'addormenta sdraiato sull'aiuola fiorita)
Regina "Culli il sonno la tua mente, e sciagura
"mai tra noi veda la vita futura."
Amleto (Alla regina)
Madre, come vi sembra questa recita?
Regina La dama si sbilancia, penso, troppo
a promettere.
Amleto Oh, ma manterrà!
Regina Conosci già la trama del lavoro?
Non c'è nulla che possa urtare alcuno?
Amleto No, no, costoro fan tutto per gioco;
avvelenano, sì, ma per ischerzo.
Non c'è davvero nulla di offensivo.
Re Il titolo?
Amleto "La trappola per topi"...
Naturalmente in senso figurato.
Il dramma rappresenta un assassinio
avvenuto davvero in quel di Vienna. (090)
Gonzago il duca, Battista la moglie
i loro nomi. Vedrete tra poco.
Un atto infame da capolavoro.
Ma a noi che fa? Le vostre maestà
ed io abbiamo la coscienza libera,
non ci tocca. Che scalci pur la rozza
ricoperta di piaghe purulente:
noi i garresi ce li abbiamo sani!
Entra un attore, come Luciano
Questo è Luciano, nipote del duca (091).
Ofelia Come coro, signore, siete bravo. (092)
Amleto Saprei cavarmela anche da interprete
fra voi e il vostro amante,
se potessi veder amoreggiare
le vostre marionette. (093)
Ofelia Siete pungente, signore, pungente.
Amleto Vi costerebbe un gemito
se mai cercaste smussarmi la punta.
Ofelia Sempre di meglio in peggio!
Amleto Così voi donne ingannate i mariti. (094)
(A Luciano)
Assassino, incomincia! Tocca a te!
Licenzia quelle tue dannate smorfie,
e attacca. Avanti! Il corvo crocidante
è qua che gracchia e domanda vendetta!
Luciano "Foschi pensieri, mani pronte, droga
"ad effetto sicuro, ora propizia
"e complice, e nessuno che mi veda.
"A te, atra mistura
"d'erbacce raccattate a mezzanotte,
"da Ecate tre volte avvelenata,
"tre volte infetta: mostra il tuo potere,
"la tua virtù capace di usurpare
"d'un sol colpo una vita alla natura".
(Versa il veleno nell'orecchio del duca che dorme)
Amleto (A Ofelia)
Lo avvelena in giardino, mentre dorme,
perché vuole carpirgli i suoi dominii.
Il suo nome è Gonzago. È storia vera,
e scritta in italiano, in bello stile.
Ora vedrete come l'assassino
si conquista l'amore della moglie
di quel Gonzago.
Ofelia Il re s'è alzato in piedi.
Amleto Che! Spaventato da uno sparo a salve?
Regina (Al re)
Che avete, mio signore? State male?
Polonio S'interrompa la rappresentazione!
Re (A Polonio)
Fatemi luce. Andiamo.
Polonio Luce! Luce!
(Escono tutti, meno Amleto e Orazio)
Amleto "Pianga il cervo ferito,
"ed il cervo scampato salti in tondo,
"perché c'è chi sta sveglio e chi assopito,
"e così gira il mondo."
Che te ne pare, Orazio? Andasse al Turco
ogni altra mia fortuna nella vita,
non pensi che mi basterebbe questo (095)
ed un ciuffo di piume sulla testa,
con paio di rose di Provenza
cucite sui calzari traforati
a ottenermi d'entrare in società
con una compagnia di commedianti?
Orazio A mezza quota. (096)
Amleto No, a quota intera.
(Recitando)
"Perché tu sai, Damone,
"questo regno in frantumi che cos'era:
"un Giove vi regnava, ed or v'impera
"un pavone". (097)
Orazio M'aspettavo una rima più calzante. (098)
Amleto Ah, buon Orazio, son pronto a puntare
mille sterline sulla verità
delle parole dello spettro. Hai visto?
Orazio Benissimo, signore.
Amleto Quando l'attore parlò del veleno...
Orazio Non m'è sfuggito nulla.
Amleto Ah, ah, ah!
Un po' di musica!... Su dunque i flauti!
"Perché se al re la commedia non piace,
"beh, vuol dire, perdio, che gli dispiace!"
Su, su, un po' di musica!
Entrano Rosencrantz e Guildenstern.
Guildenstern Buon signor mio, vorrei, se m'è permesso,
scambiar con voi una parola.
Amleto Oh, certo,
un intero discorso!
Guildenstern Il re, signore...
Amleto Già, il re; che n'è di lui?
Guildenstern È di là, ritirato, assai indisposto.
Amleto Dal vino?
Guildenstern No, signore, dalla collera.
Amleto La tua saggezza si dimostrerebbe
più ricca se tu andassi ad informare
di questo il suo dottore:
dovessi io prescrivergli la purga,
probabilmente lo sprofonderei
in una collera anche peggiore.
Guildenstern Signore mio cortese,
cercate di connettere il discorso
senza sviarlo sì selvaggiamente
dall'argomento che mi mena qui.
Amleto Sono addomesticato. (099) Parla pure.
Guildenstern Mi manda vostra madre, la regina.
È in grandissima pena.
Amleto Benvenuto!
Guildenstern Eh, no, mio buon signore,
non è una cortesia di buona lega
la vostra. Se vorrete compiacervi
di favorirmi una risposta a modo,
sarò in grado di adempiere all'incarico
che m'ha commissionato vostra madre;
se no, con tante scuse,
la mia missione è chiusa, e me ne torno.
Amleto Non posso, amico.
Rosencrantz Che cosa, signore?
Amleto Darti una ragionevole risposta.
Il mio spirito è infermo.
Ma se ti può bastare una risposta
qual posso farti, essa è ai tuoi comandi;
o piuttosto, come mi dici tu,
a quelli della mia signora madre.
Non più di tanto. Ma veniamo al punto.
Mia madre, mi dicevi...
Rosencrantz Dice questo:
che la vostra condotta l'ha colpita
di profonda sorpresa e di stupore.
Amleto O portentoso figlio, che tua madre
sai stupire così! Ma quale strascico
c'è alle calcagna di questo stupore?
Sarei proprio curioso di saperlo.
Rosencrantz Ella desidera parlar con voi
da solo a solo nel suo gabinetto,
prima che andiate a letto.
Amleto Obbediremo,
foss'ella nostra madre dieci volte.
Hai nient'altro da dirmi?
Rosencrantz Mio signore,
un tempo voi mi volevate bene.
Amleto E te ne voglio ancora, te lo giuro,
su queste mani ladre e borsaiole. (100)
Rosencrantz Buon signor mio, perché così smarrito?
Qual è la causa? Sbarrate voi stesso
la porta al vostro libero esternarvi,
nascondendo le pene ad un amico.
Amleto Non faccio più carriera, amico mio.
Rosencrantz Come potete dirlo, se il re stesso
v'indica come erede e successore
in Danimarca?
Amleto Sì, "campa cavallo..." (101)
L'antico adagio è piuttosto ammuffito.
Entrano gli attori con flauti e zampogne
Oh, ecco i flauti. Datemene uno...
(Prende un piffero dalle mani di un attore)
(A Rosencrantz e Guildenstern)
Per finirla con voi: perché cercate
di venirmi di contro sopravvento,
come a volermi trarre nella rete? (102)
Guildenstern Signore, se il mio zelo è troppo ardito,
è la mia devozione ch'è importuna.
Amleto Questa non l'ho capita bene, amico.
Non vorresti suonare questo piffero?
Guildenstern Non son capace.
Amleto Suonalo, ti prego.
Guildenstern Credetemi, non so...
Amleto Suvvia, ti supplico.
Guildenstern Non so dove toccarlo, monsignore.
Amleto È facilissimo. Come mentire.
Governi con le dita questi buchi,
quest'altro qui col pollice,
e poi qui, con la bocca, gli dài fiato:
ne sortirà una musica parlante.
Eccoli, guarda, questi sono i buchi.
Guildenstern Ma non saprei come trarne una musica;
non so la tecnica dello strumento.
Amleto Ebbene, vedi quanta poca stima
tu hai di me: pretendi di suonarmi,
pretendi di conoscere i miei tasti,
sradicarmi dal cuore il mio segreto,
vorresti farmi tutto risuonare
dalla nota più bassa fino al culmine
del mio registro... In questo strumentino
c'è tanta musica, suono eccellente,
eppure vedi, tu non sei capace
di trarlo fuori. Ma, sangue di Dio!,
credi ch'io sia più facile a suonare
d'una cannuccia? Tu mi potrai prendere
per qualunque strumento che vorrai,
tastarmi quanto vuoi: non puoi sonarmi.
Entra Polonio
Che Dio vi benedica, monsignore!
Polonio Signore, la regina vostra madre
vuole parlarvi, al più presto possibile.
Amleto Vedete quella nuvola laggiù? (103)
Non ha quasi la forma d'un cammello?
Polonio Càspita! Ci somiglia veramente!
Amleto O piuttosto, direi, ad un donnola.
Polonio Dal dorso, infatti, sì, sembra una donnola...
Amleto O una balena...
Polonio Proprio, una balena.
Amleto Allora vado da mia madre, subito.
(Tra sé)
Tendono l'arco della mia ragione
fino a spezzarlo!...
(Forte)
Sì, ci vado, subito.
Polonio Bene, signore. Vado ad annunziarglielo.
(Esce)
Amleto (Tra sé)
"Subito" è presto detto.
(Forte)
Amici, ora lasciatemi, vi prego.
(Escono tutti, Rosencrantz, Guildenstern e suonatori)
È l'ora più stregata della notte,
quando sbadigliano i cimiteri
ed esala l'inferno il suo contagio
sul mondo. Potrei bere caldo sangue,
ora, e compiere azioni così turpi
che a vederle si scrollerebbe il mondo.
Ma calma: ora vado da mia madre.
Cuore, non perdere la tua natura;
che mai non entri in questo saldo petto
l'anima di Nerone. (104) Che con lei
io sia crudele, ma non snaturato.
Con lei vorrò parlare di pugnali,
ma non usarne; in questa ipocrisia
s'alleino tra loro lingua e anima:
qualunque suoni nelle mie parole
rampogna atroce a lei, anima mia,
non voler dare ad essa alcun suggello. (105)
(Esce)

Scena III
Elsinore, una sala nel castello.

Entrano il Re, Rosencrantz e Guildenstern

Re Non mi piace, com'è.
Non c'è più sicurezza qui per noi,
a lasciar che la sua pazzia si sfreni.
Perciò restate pronti:
io faccio preparare immantinente
le credenziali per il vostro incarico,
ed egli partirà per l'Inghilterra
insieme a voi. Non può il nostro regno
rassegnarsi ad un rischio sì incombente
come quello che cresce d'ora in ora
nel suo cervello.
Guildenstern Ci terremo pronti.
È santo e sacrosanto il vostro scrupolo
di vigilare all'incolumità
dei tanti e tanti che in vostra maestà
trovan ragion di vita e di sostegno.
Ogni umano individuo, nel suo singolo,
deve cercare di evitar disgrazie
mettendo in opera tutta la forza
e la corazzatura del suo animo;
tanto più vi è tenuta quella mente
dal cui stato di sanità dipende
e riposa la vita di molti altri.
La maestà non muore mai da sola;
essa, cadendo, come un grande gorgo
risucchia tutto quello che ha dattorno;
è come una massiccia, enorme ruota
fissata in cima alla più alta vetta
nei cui giro di razzi sono appesi
diecimila altri pezzi più leggeri;
quando rovina, tutti quei frammenti
rovinano con lei, paurosamente,
travolti nel fragore del disastro.
Non c'è pianto di re
che non si muti in general lamento.
Re Preparatevi dunque in tutta fretta,
vi prego, a questo viaggio;
vogliamo porre ceppi a una minaccia
che ora corre troppo a piede libero.
I DUE - Ci affretteremo al massimo, signore.
(Escono Rosencrantz e Guildenstern)
Entra Polonio
Polonio Mio signore, sta andando da sua madre,
nello studio di lei;
ed io mi acquatterò dietro un arazzo
per udire il colloquio. Son sicuro
che gli darà una buona strigliata;
gioverà tuttavia, come voi dite,
e saggiamente, che qualche altro orecchio
oltre quello materno, per natura
troppo parziale, stia ad origliare
in luogo adatto quello che si dicono.
A presto, mio sovrano.
Tornerò prima che andiate a dormire
a riferirvi quel che avrò sentito.
Re Grazie, mio buon signore.
(Esce Polonio)
Il mio delitto è putrido!
Fa sentire il suo lezzo fino al cielo!
E porta il segno dell'originaria
prima maledizione... il fratricidio!
Vorrei tanto pregare, ma non posso;
la mia colpa è più forte
della mia volontà, e la soverchia.
Son come uno che, a due opre intento,
è indeciso da dove cominciare,
e le abbandona entrambe.
E che, dunque, se pur questa mia mano
fosse tutta ingommata a doppio strato
del sangue d'un fratello,
non ha pioggia bastante il dolce cielo
a rendermela bianca come neve?
A che serve la grazia
se non ad affrontare faccia a faccia
il peccato? E che forza ha la preghiera
se non di trattenerci dal cadere,
e, se caduti, farci perdonare?
Posso dunque levare gli occhi in alto:
la mia colpa è passata.
Ma quale forma dare alla preghiera
nel mio stato: "Perdona il mio delitto?"...
Non può giovarmi; ché posseggo ancora
le cose per le quali ho assassinato:
il trono, la corona, la regina,
la mia ambizione così soddisfatta.
Si può ottener perdono
conservando gli effetti della colpa?
Nelle corrotte vie di questo mondo
la mano delittuosa, se dorata,
può scampare al rigore della legge;
e non di rado s'è vista la legge
farsi comprar dai frutti del delitto.
Ma lassù è diverso. Non si scappa.
Lassù l'azione si mostra com'è,
e noi là siamo posti faccia a faccia
con i nostri peccati, naso a naso,
chiamati a renderne il dovuto conto.
Allora che mi resta? Il pentimento?
Che non può il pentimento? Ma che può
per uno che non sa come pentirsi?
O sciagurata condizione! O cuore,
nero come la morte!
O tu, avviluppata anima mia,
che più t'affanni e lotti a liberarti,
più rimani intricata! Angeli, aiuto!
Accorrete a far impeto su me!
Piegatevi, proterve mie ginocchia!
E tu, cuore, la tua fibra d'acciaio
come nervo d'infante rendi molle.
Tutto può esser bene.
(Si allontana e s'inginocchia)
Entra Amleto
Amleto (Vedendo lo zio in preghiera)
Sarebbe ora il momento, mentre prega...
ed ora lo farò... così va in cielo, (106)
ed io son vendicato... Vendicato?...
Questo merita d'esser riflettuto.
Qui c'è un ribaldo che uccide mio padre;
ed io, unico figlio di quel padre,
spedisco quel ribaldo dritto in cielo?...
Questa non è vendetta, è dargli un premio,
una mercede per servizio reso!
Egli colse mio padre appena sazio
di cibo, impreparato innanzi a Dio,
in un momento in cui i suoi peccati
erano ancora in piena fioritura,
freschi al pari di un maggio; e chi lo sa
qual ne sia stato il conto innanzi al cielo?
Per quello che ci è dato di pensare,
considerati tempo e circostanze,
il carico doveva essere grave.
Eppoi, sarei io dunque vendicato
a colpirlo così, proprio nell'atto
in cui si purga dai peccati l'anima,
pronto e maturo al suo trapasso?... No,
ferma, mia spada, tu devi conoscere
per ciò ben più terribile momento:
quand'egli sarà ebbro addormentato,
o in preda alla sua rabbia, o tutto immerso
nel piacere incestuoso del suo letto,
o fra le sue bestemmie mentre gioca,
e insomma in qualche azione, qual che sia,
ma che non abbia sapor di salvezza:
è lì che devi dargli lo sgambetto,
sì che con le calcagna scalci il cielo
ed abbia l'anima dannata e nera
come l'inferno, dove dovrà andare!
Ma m'aspetta mia madre: questo farmaco
non farà che protrar la tua condanna. (107)
(Esce)
Re (Rialzandosi)
Le mie parole volano,
e i miei pensieri sempre in terra stanno;
ma senza questi, quelle in ciel non vanno.
(Esce)

Scena IV
L'appartamento della Regina.

Entrano la Regina e Polonio

Polonio Sta arrivando. Toccatelo sul vivo.
Ditegli che con le sue stravaganze
è andato veramente oltre ogni limite
perché si possa ancora tollerarle;
che è stata vostra grazia ad interporsi
per proteggerlo da una grande collera.
Io starò qui in silenzio ad ascoltare.
Siate con lui risoluta, vi prego.
Amleto (Da dentro)
Madre! Madre!
Regina (Rispondendo a Polonio)
Potete star sicuro.
Ma ritiratevi. Sento che arriva.
(Si siede. Polonio va a nascondersi dietro il tendaggio)
Entra Amleto
Amleto Ebbene, madre, che c'è?
Regina C'è, Amleto,
ch'hai molto offeso tuo padre.
Amleto Anche voi,
avete molto offeso il padre mio.
Regina Evvia, su, queste son risposte oziose.
Amleto E le vostre domande maliziose.
Regina Ehi, come parli Amleto?
Amleto Come parlo...
Regina Ti dimentichi forse chi son io?
Amleto No, per la Croce! Siete la regina,
moglie al fratello del vostro marito
nonché - così non fosse! - madre a me.
Regina Ah, è così? Ti troverò qualcuno
allora che saprà come parlarti.
(Fa per alzarsi)
Amleto Oh, no, sedetevi, non vi muovete
prima ch'io v'abbia messo avanti agli occhi
uno specchio nel quale rimirare
la parte più segreta di voi stessa.
Regina Che mai vorresti fare? Forse uccidermi?
Soccorso, gente!
Polonio (Da dietro il tendaggio)
Aiuto! Aiuto! Aiuto!
Amleto (Sguainando la spada)
Che c'è là dietro, un sorcio?...
(Affonda la spada nel tendaggio)
Morto!... Mezzo ducato che l'ho preso!
Polonio (c.s.)
Ohi, ohi, io sono ucciso!... Son finito!
(Stramazza dal tendaggio e muore)
Regina Ahimè, che hai fatto?
Amleto Non lo so. È il re?
Regina Oh, quale azione truce e sanguinosa
è mai questa!
Amleto Un'azione sanguinosa!
Quasi così cattiva, buona madre,
come quella di assassinare un re
e sposarne il fratello.
Regina Assassinare un re?
Amleto Così ho detto.
(Solleva il tendaggio e scopre il corpo di Polonio)
Addio, tu, miserabile balordo,
temerario e indiscreto ficcananso!
T'avevo preso per uno più alto. (108)
Avrai imparato una volta per tutte
quant'è pericoloso il troppo zelo.
In ogni caso, hai quello che ti spetta.
(Alla madre)
E smettete di torcervi le mani!
Sedete e zitta, ch'io vi torca il cuore:
perché questo farò,
se è fatto di materia penetrabile,
e se l'uso dannato che ne fate
non ve l'ha reso duro come bronzo,
tanto da farlo diventar coriaceo
e refrattario ad ogni sentimento.
Regina Che ho fatto perché ardisca la tua lingua
dimenarsi con tanta villania
contro di me?
Amleto Un'azione
che sfigura la faccia della grazia
e che fa arrossir la verecondia,
un'azione che strappa via la rosa
dal volto dell'amore genuino
per deporvi un bubbone purulento;
un'azione che rende falsi e nulli
i voti delle nozze
come quelli d'un giocator di dadi;
Oh, un'azione tale
è come se strappasse via dal corpo
d'un contratto in comune stabilito
l'anima stessa, e fa d'un sacro rito
una vana accozzaglia di parole!
Il cielo stesso avvampa di rossore
nel volger la sua faccia
su questa massa solida e compatta,
come di fronte al Giudizio finale...
nauseato dall'atto.
Regina Ohimè, che atto
sarà mai questo che ruggisce e tuona
così, avanti d'esser nominato? (109)
Amleto Guardate questo ritratto, e quest'altro:
sono le immagini di due fratelli.
Osservate la grazia ch'era assisa
su questo volto: ricci d'Iperione, (110)
fronte degna di Giove, occhio di Marte
sempre pronto alla sfida ed al comando;
atteggiamento di Mercurio Araldo
nell'atto in cui si posa sopra un colle
che bacia il cielo: un'armonia di forme
nella quale sembrava che ogni dio
avesse impresso il suo proprio suggello
per dare al mondo la perfetta immagine
d'un uomo. Questo era il vostro sposo.
Attenta adesso a quel che viene dopo.
Questo è vostro marito:
una spiga infettata dalla ruggine,
ch'ha infettato e corrotto il seme sano
di suo fratello... Ma gli occhi, li avete?
Come avete potuto abbandonare
i pascoli di questo monte aprico
per grufolare in questo immondezzaio?
Avete occhi, dico?... Non mi dite,
per carità, che è stato per amore!
All'età vostra ogni bollor di sangue
s'addolcisce e s'accorda alla ragione;
ma qual ragione potrebbe decidere
di passare così, da questo a quello?
Discernimento, certo, voi ne avete, (111)
ché non potreste avere volontà,
ma questo senso è in voi paralizzato
sicuramente, perché la follia
non peccherebbe; né il discernimento
fu mai tanto asservito al vaneggiare
da non sapere conservare in sé
un minimo di facoltà di scelta
di fronte ad un sì chiaro paragone.
Qual è stato il demonio
che v'ha presa così a mosca cieca? (112)
Occhi che fossero privi del tatto,
tatto che fosse privo della vista,
orecchi senza mani e senza occhi;
odorato da solo, senza gli altri,
o anche solo una parte malata
d'un solo senso, non avrebbe agito
in un modo così sconsiderato.
O Vergogna, dov'è il tuo rossore!
Dannata ribellione della carne,
che puoi ancor destare la tua vampa
nel cuore d'una femmina matura!
Allora per l'ardente giovinezza
sia cera la virtù, e si liquefaccia
con l'ardore della sua stessa fiamma!
Né si gridi vergogna
se un impulsivo ardore ci assalisca,
ché pure il ghiaccio si fa fuoco vivo
se alla voglia è mezzana la ragione.
Regina Oh, basta, finalmente, Amleto! Basta!
Tu mi fai volger gli occhi in fondo all'anima,
e là io vedo sì macchie nere
e sì tenaci, che nessun lavacro
sarà capace più di cancellare.
Amleto No, certo, ma seguiteranno a vivere
nel fetore d'un talamo lardoso,
crogiuolandosi nella corruzione,
tra carezze ed amplessi, e a far l'amore
in un sudicio brago...
Regina Amleto, basta!
Le tue parole m'entran negli orecchi
come pugnali. Basta, dolce Amleto!
Amleto Un assassino ed un vile! Uno sguattero
che non vale il ventesimo d'un decimo
del vostro primo sposo, un re da ridere,
un ladrone del regno e del governo,
che ha trafugato il prezioso diadema
da uno scaffale, e se l'è messo in testa...
Regina Oh, basta!...
Amleto ... un re di toppe e sovrattoppe!
Entra lo Spettro
(Allo spettro)
O angeli del cielo, miei custodi,
proteggetemi con le vostre ali! (113)
Che chiede la tua nobile figura?
Regina O me infelice! È veramente pazzo! (114)
Amleto Vieni forse a coprire di rampogne
la negligenza di questo tuo figlio
che, consunto dal tempo e dalla rabbia,
trascura di eseguire il tuo comando,
importante e terribile?... Su, parla.
Spettro Non ti dimenticare. Questa visita
vuole solo aguzzare il tuo proposito
ormai quasi smussato. Ma tua madre
guarda, lo smarrimento sul suo volto.
Oh, mettiti fra lei e la sua anima
sì combattuta: in più debole corpo
più forte agisce l'immaginazione.
Parlale dunque, Amleto.
Amleto Che cos'è che vi turba, mia signora?
Regina Ahimè, dimmelo tu quel che ti turba,
che fissi gli occhi al vuoto,
e discorri con l'etere incorporeo.
Quasi ti schizza l'anima dagli occhi,
i tuoi lisci capelli stanno ritti
come soldati desti dall'allarme,
quasi animate escrescenze del capo.
Diletto figlio, spruzza qualche goccia
di serena pazienza sul bruciore
del tuo malessere... Ma dove guardi?
Amleto A lui! A lui! A lui!
Guardate come splende il suo pallore!
Se quella sua figura e la sua causa
parlassero alle pietre,
farebbero sensibili anche quelle!
(Allo spettro)
Non guardarmi così,
che tutta la pietà d'un tal tuo gesto
non muti la mia fredda decisione:
se quello che ho da fare si scolora,
saranno solo lacrime e non sangue.
Regina Ma a chi parli?
Amleto Laggiù, vedete nulla?
Regina Nulla; e pur vedo tutto ciò che è.
Amleto E non avete nulla udito?
Regina Nulla,
all'infuori di noi.
Amleto Guardate là.
Guardate come se ne fugge via...
Mio padre, nei suoi abiti da vivo.
Eccolo là, sta uscendo dalla porta.
(Esce lo spettro)
Regina Son tutte fantasie del tuo cervello.
Il delirio è maestro
nel crearsi queste incorporee forme.
Amleto Delirio!... Il polso mio pulsa normale,
un battito scandito, come il vostro,
una musica sana, come il vostro.
Non è follia quel che ho detto poc'anzi;
mettetemi alla prova:
lo ripeto parola per parola.
La follia se n'andrebbe divagando
a caracollo. Per amor di Dio,
madre, non vi spalmate adesso il cuore
col dolce balsamo dell'illusione
che a spingermi a parlarvi in questo modo
di queste cose sia la mia follia
e non la vostra colpa.
Sarebbe come stendere su un'ulcera,
per coprirla, una sorta di pellicola
quando la corruzione cancrenosa
va sotto sotto tutto imputridendo.
Confessatevi al cielo,
pentitevi di quel che avete fatto,
cercate di schivare il da venire,
e di non concimare la malerba
perché non cresca ancor più rigogliosa.
E perdonate a me la mia virtù,
giacché in tempi di grascia come questi,
in mezzo a tanto grasso, la virtù
è costretta a implorar perdono al vizio
e a chiedergli in ginocchio,
il permesso di procurargli bene.
Regina Amleto, m'hai spaccato il cuore in due.
Amleto Gettate via la parte d'esso guasta,
e vivete più pura con quell'altra...
E così, buonanotte...
Ma non tornate al letto di mio zio.
Assumete su voi una virtù
se proprio non l'avete: l'abitudine,
questo mostro che ci divora sensi,
diavolo delle usanze, in questo è un angelo
che all'esercizio d'atti onesti e puri
fornisce una divisa, una livrea
che ci si adatta addosso facilmente.
Fate astinenza, almeno questa notte;
questo vi renderà più tollerabile
la prossima, e ancor più le seguenti:
l'abitudine può quasi cambiare
l'impronta dataci dalla natura,
piegare il diavolo, o cacciarlo via
del tutto, con meravigliosa forza.
Ancora, buona notte.
E quando sentirete il desiderio
d'una benedizione,
sarò io ad implorar la vostra.
(Indicando il corpo di Polonio)
Quanto a questo messere, io mi pento.
Ma è piaciuto alla volontà del cielo
di punir me con lui, e lui con me,
facendo sì ch'io fossi suo flagello
e ministro. (115) Vedrò di sistemarlo
e son pronto a risponder di persona
della sua morte. Ancora buona notte.
Sono costretto ad essere crudele
per essere pietoso... Malo inizio,
e il peggio resta ancora da venire.
Buona signora, un'ultima parola.
Regina Che vuoi che faccia?
Amleto Nulla,
di quello che v'ho chiesto che faceste.
Che il tronfio re vi tenti nel suo letto,
dandovi pizzicotti sulle guance,
con scherzosa lascivia,
e chiamandovi "topolino mio"
tra un bacio e l'altro; e tastandovi il collo
con quelle dita che sanno di rancido,
vi spinga a dirgli tutta la faccenda:
cioè che non è vero ch'io son pazzo,
ma che lo son soltanto per astuzia.
Bello davvero, se glielo direte!
Perché chi altro se non la regina
che voi siete, leggiadra, sobria, saggia,
potrebbe mai tener celato a un rospo,
a un pipistrello, ad un gatto bastardo
un sì prezioso segreto? Chi altro?
No, sia pure a dispetto d'ogni logica,
d'ogni prudenza e d'ogni discrezione,
scoperchiate il paniere ch'è sul tetto,
fatene volar via tutti gli uccelli,
e poi, come la scimmia della favola,
saltate nel paniere,
per vedere anche voi quel che succede,
e giù, rompetevi il collo cadendo. (116)
Regina Sta' sicuro: se la parola è fiato
e il fiato è vita, io non ho più vita
per dare fiato a quanto tu m'hai detto.
Amleto Pare ch'io debba andare in Inghilterra.
Lo sapevate?
Regina Ahimè, m'era sfuggito.
È stato ufficialmente decretato.
Amleto Le credenziali sono già stilate
e sigillate; i miei bravi compagni
dei quali, in verità, mi fido tanto
quanto di due serpenti velenosi,
hanno già ricevuto il lor mandato.
Spetterà a loro spazzarmi il cammino
che mi deve menare al trabocchetto.
S'accomodino. Sarà un bello spasso
veder saltare in aria il bombarolo
per lo scoppio del suo stesso petardo;
e non mi sarà facile,
ma scaverò di sotto alle lor mine
tanto da farci scoppiare la mia
e da scaraventarli sulla luna.
Sapeste che delizia
quando due trame di senso contrario
vanno a scontrarsi sulla stessa pista!
(Cercando di rialzare il corpo di Polonio)
Questo signore mi fa far bagaglio.
Vedrò di trascinar questa trippaglia
nella stanza vicina. Buona notte.
Beh, madre, questo vostro consigliere
finalmente mi pare assai tranquillo,
composto, riservato, anche solenne.
E dire che da vivo era un gaglioffo,
non si sa se più stolto o chiacchierone.
Di nuovo buona notte, madre mia.
(Esce trascinandosi il corpo di Polonio)

continua...

Note

075 "... by no drift of conference get from him...": è espressione analoga a "by drift of question", di cui alla nota 45, sopra.
076 "To be, or not to be... that is the question": è la frase più celebre di tutto il dramma. Molti curatori intendono "question" per "problema"; il termine "problem" nel senso di "question proposed for solution", "proposizione logica o matematica con dati certi la cui conclusione è una soluzione e una risposta" esiste nell'antico inglese. Shakespeare non lo usa mai, tanto meno l'avrebbe usato qui, dove non che un problema da risolvere, Amleto enuncia il dubbio eterno dell'uomo nell'esistenza dell'aldilà come liberazione dai mali dell'esistenza mortale: "nodo", dunque, "nodo" della mente e dell'animo, nel senso dantesco ("... solvetemi quel nodo / che ha inviluppato mia sentenza", Inf., X, 95-96). Altri traduttori (Lombardo) hanno "questione", generico che non dice nulla.
Il verso "Già, ma qui dismaga l'intelletto", che traduce il "Ay, there is the rub" del testo è preso dal libretto dell'"Amleto" di Arrigo Boito.
077 "... what monsters you make of them": si capisce che il soggetto è "voi donne".
078 Cioè il re suo zio, che ha sposato sua madre, e ch'egli vuole morto.
079 "His afflictions do not that way tend", letteralm.: "I suoi sentimenti non volgono da quella parte". È reso a senso.
080 "... for o'erdoing Termagant": Termagante è il nome di una divinità saracena, spesso citato nelle sacre rappresentazioni come il nemico numero uno dei cristiani.
081 Anche questo è nome tratto dalle sacre rappresentazioni e "mistery plays": Erode è il simbolo del tiranno malefico e sanguinario.
082 "... our cousin Hamlet": Shakespeare usa "cousin" come termine generale per ogni sorta di parentela o affinità "cugino", "nipote", "cognato", "zio", ecc. Qui non può essere che "nipote": "cugino", come traducono molti, è un nonenso.
083 Era antica credenza che il camaleonte si nutrisse d'aria. È il simbolo della persona mutevole d'animo e di mente, quasi un epiteto che Amleto si affibbia da sé.
084 Si tratta, per riferire la congettura di alcuni curatori, del dramma in latino sulla morte di Giulio Cesare, di cui si sa che venne rappresentato a Oxford nel 1582, ma non se ne conosce l'autore. Anche nelle università - tanta era la moda del teatro nell'Inghilterra elisabettiana - si davano rappresentazioni, per lo più di carattere satirico o allegorico, e per lo più in latino, ad opera degli stessi studenti. Anche l'"Amleto" di Shakespeare fu rappresentato, vivente l'autore, nelle università di Oxford e Cambridge, ma da compagnie di attori professionisti.
Secondo il Melchiori (G. Melchiori, Shakespeare, Laterza, 1994, pag. 335) questo riferimento di Polonio a Giulio Cesare sarebbe una conferma della datazione all'anno 1599 del dramma omonimo di Shakespeare; lo stesso anno in cui fu completato l'"Amleto", o poco prima. Questa battuta di Polonio - nota il Melchiori - "acquista sapore per il pubblico contemporaneo soltanto se effettivamente lo stesso attore caratterista che impersonava Polonius era apparso poco prima nel ruolo di Cesare".
085 "... shall I lie in your lap?": durante le rappresentazioni in ambiente privato i giovani signori usavano restare accovacciati per terra, ai piedi delle dame sedute, in modo da poggiare la testa sul loro grembo. Ma la frase "to lie in one's lap" ha anche un significato sessuale.
086 "O God, your only jig-maker": era detto "jig-maker" l'attor comico che, durante gli intervalli della rappresentazione, attendeva ad intrattenere il pubblico con allegre battute. Amleto sa che il dramma che si sta per rappresentare è tetro e sanguigno, e ad Ofelia che gli dice di vederlo allegro risponde: "Lo sono a bella posta per te, per intrattenerti un po' in allegria durante gli intervalli".
087 "... for I'll have a suit of sables": la pelliccia di zibellino, di color marrone, era l'abito elegante dei nobili. Il commercio di tali pellicce, provenienti dalla Russia, era fiorente all'epoca. I poveri vestivano di lana.
088 "... with the hobby-horse": "hobby-horse" era chiamata l'immagine del cavallo che figurava dipinta sulla larga fascia di cui s'avvolgevano il petto i danzatori della "moresca" ("morris-dance"), una vivacissima danza popolare in costume risalente all'epoca di Robin Hood, e che ancora si danza in Inghilterra nelle piazze al Calendimaggio. I gesti di questi danzatori furono ritenuti osceni dai puritani, e la danza del cavalluccio dipinto fu abolita sì che nessuno, trascorso poco tempo, dell"hobby-horse" si ricordò più.
Stupisce che tutti i curatori consultati, compreso il Praz, traducano "cavallino di legno", del quale non si sa chi non si dovrebbe ricordare più.
089 "That's wormwood, wormwood!": l'assenzio ("wormwood" o "absinthe"), il liquore fatto con l'umore estratto dalla omonima pianta, è amarissimo. Con questa esclamazione Amleto sembra dire a se stesso e al pubblico: "Ora viene l'amaro!"; per la madre, naturalmente, perché si parla di secondo matrimonio.
090 Perché a Vienna, non si capisce. La trama è italiana, scritta in italiano nell'originale - come lo stesso Amleto dirà dopo -, e la scena non può essere che l'Italia, Mantova, verosimilmente, dato che si parla di un Gonzaga. In realtà un assassinio con il veleno versato nell'orecchio ebbe luogo ad Urbino nel 1539 ai danni di quel duca, che aveva sposato una Gonzaga di Mantova; autore dell'assassinio fu il fratello di costei, Luigi Gonzaga.
091 Il testo ha "... nephew to the King", "... nipote del re"; ma si deve trattare di una svista del copione, perché nel dramma che si rappresenta non c'è nessun re: c'è il duca Gonzago.
092 "You are as good as a chorus, my lord": Ofelia allude, chiaramente, al coro della tragedia greca - ripreso anche da Shakespeare nell'"Enrico V"- la cui funzione era quella di spiegare al pubblico all'inizio, negli intervalli e alla fine, lo svolgimento della vicenda nelle parti in cui non veniva rappresentata sulla scena.
093 "I could interpret between you and your love, if I could see the puppets dallying": per intendere bene questa battuta di Amleto, che dà della marionetta ad Ofelia, gioverà riferirsi a quell'"interpret", il cui sostantivo "interpreter" significa "interprete" ma anche "burattinaio".
094 "So you mis-take your husbands": il senso studiosamente allusivo di queste due battute - che pochi curatori hanno inteso - sta in ciò: che Amleto nel riprendere idealmente le parole prima pronunciate da Ofelia: "Still better and worse", le associa alla formula che si scambiano gli sposi nel matrimonio anglicano: "I take you for better and for worse", "Io ti prendo (in moglie/in marito) per il meglio e per il peggio", e risponde ad Ofelia che proprio con quella formula le donne non "prendono" affatto ("take"), ma "mis-prendono" ("mis-take", il trattino dopo il prefisso peggiorativo "mis" è d'obbligo) i loro mariti, cioè li ingannano.
095 "Questo", cioè il pezzo recitato dall'attore Luciano, e scritto da lui, Amleto.
096 "Half a share", "A mezza azione". Al tempo di Shakespeare gli attori non ricevevano un salario stabilito, quindi è incorretto tradurre qui, come han fatto molti: "A mezza paga". Gli attori, come entravano a far parte della società filodrammatica, ricevevano un numero di quote (noi diremmo azioni) di partecipazione commisurato al valore di ciascuno.
097 Si tratta, probabilmente, di una ballata popolare, in cui si narra del filosofo greco Damone che, insieme al collega Pizia, visse alla corte di Dionisio il Giovane, tiranno di Siracusa e fu da questi messo a morte.
098 Orazio scherza sulle facoltà poetiche di Amleto. Il testo della ballata che questo ha recitato si compone di due distici a rime alternate, terminanti l'una in "dear/hear", l'altra in "was/ pajock": forse Orazio si aspettava un "ass", "asino", che facesse rima con "was": un asino e non un pavone (alludendo al re Claudio). Ma come farlo intendere ad un lettore italiano, se non in una nota?
099 "I am tame, sir: Pronounce": Amleto usa ironicamente "tame", "addomesticato", che si usa per gli animali selvatici, perché Guildenstern ha usato prima il termine "selvaggiamente".
100 "... by these pickers and stealers": è una formula di giuramento, in cui "mani" è sottinteso; "pickers and stealers" sono gli attributi delle mani secondo il canone della chiesa anglicana che ammonisce i fedeli ad astenersi dall'arraffare e dal rubare la roba altrui: "from peaking and stealing", appunto; e queste sono azioni che possono commettere solo le mani.
101 Il testo ha "... Ay, sir, but "While the grass grows..."", "Sì, amico, ma "Mentre l'erba cresce..."", che è la seconda parte dell'adagio popolare: "Campa cavallo che l'erba cresce".
102 "... why do you go about to recover the wind of me, as if you would drive me into a toil?": tutta la frase è presa dal gergo venatorio. "To recover the wind" è l'azione del cacciatore che, nella caccia al cervo, si apposta "sopravvento" affinché l'animale, sentendo il suo odore, corra spaventato nella direzione opposta e incappi nella rete ("toil").
103 "Do you see yonder cloud...?": dove sia questo "laggiù" ("yonder") è lasciato alla fantasia del regista; per chi legge, poiché la scena si svolge verosimilmente al chiuso del castello, ci piace di suggerirgli che immagini Amleto fare il gesto di indicare il cielo fuori di una finestra.
104 Cioè: non sia mai ch'io mi faccia matricida. Nerone, come si sa, uccise sua madre, Agrippina.
105 Suggellare una parola è far seguire l'azione conseguente; qui, il suggello della parola di rampogna di Amleto sarebbe il matricidio. Ma egli ha scacciato da sé l'anima di Nerone.
106 Va in cielo - e non all'inferno - perché pregando sta purgando l'anima dal delitto.
107 "This physic but prolongs thy sickly days": letteralm.: "Questa medicina solo prolungherà i giorni della tua malattia". Si capisce che queste parole sono rivolte allo zio.
108 Cioè per il re, come aveva creduto quando ha chiesto alla madre se era il re "la cosa" che aveva infilzata.
109 "... in the index": metafora del libro: l'atto è indicato solo all'indice, cioè nella tavola degli argomenti contenuti nel volume, ma non ancora descritto.
110 V. sopra la nota (19).
111 "Sense, sure, you have": è una delle frasi di Amleto più diversamente intese, di quelle che, per la loro apparente ambiguità, ispirano i sensazionalisti a far dire a Shakespeare quello che non ha detto. Addirittura c'è stato chi visto in essa un ammiccamento incestuoso di Amleto, che direbbe alla madre "Tu, certo, hai i sensi ben desti, altrimenti non potresti avere certi slanci"; senza spiegare, peraltro, perché subito dopo egli le dica che ce li ha "paralizzati". ""To have sense" significa semplicemente "aver discernimento", "aver giudizio" ("to be wise enough to do something", "Oxford Dictionary", alla voce).
112 "What devil was't that thus hath cozen'd you at hoodmanblind?": si chiama "hood man-blind" (o anche "blind's-man-bluff") il gioco nel quale un giocatore, bendato gli occhi, deve cercare di acciuffare e identificare gli altri, dai quali viene continuamente toccato e spinto. Chi gioca qui a questa specie di mosca cieca, e cioè bendato, secondo Amleto, non è il demonio, ma la madre, nello scegliere di sposare lo zio; il demonio ne ha solo ispirato la scelta.
113 Si noti l'analoga invocazione agli angeli di Amleto, ogni volta che gli appare lo spettro: la prima volta ha invocato: "Angels and ministers of grace defend us!", "O angeli e ministri della grazia, difendeteci voi!".
114 Si capisce che la regina non vede lo spettro, che si fa visibile solo ad Amleto.
115 Questo "suo" si riferisce ovviamente al cielo. L'inglese ha "their", "loro".
116 A quale favola si alluda qui, non si sa. Della scimmia che vede volar via gli uccelli da un paniere su un tetto, e si vada a mettere nel paniere per fare la stessa esperienza, precipitando giù, non si ha traccia nella narrativa e nella poetica inglese dell'epoca.

continua...

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