GUIDA
AL DOKTOR FAUST

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PREMESSA II: BUSONI E L'OPERA

«È opinione della critica qualificata che le indicazioni busoniane sul teatro musicale siano da ritenersi essenziali. Secondo Busoni l'opera deve accogliere tutte le forme musicali e tutti i mezzi, dalla marcia, dalla danza alla canzone, dal canto all'orchestra, dal 'profano' allo 'spirituale': 'lo spazio smisurato di cui essa dispone la rende capace di assimilare ogni genere e ogni tipo, di riflettere qualsiasi stato d'animo.' Sempre a Busoni si deve l'asserzione secondo cui il pubblico dovrebbe liberarsi dall'idea di divertimento e dalla 'pretesa di assistere allo svolgimento di vicende sensazionali che lo eccitano psichicamente e a cui egli vorrebbe partecipare senza pericoli, s'intende, dal suo posto di platea.' Due intuizioni sul teatro musicale che anticipano addirittura lo straniamento brechtiano (non a caso Kurt Weill fu allievo di Busoni <e non a caso, aggiunge il curatore, Brecht e Busoni si sono spesso incontrati nella Berlino della Repubblica di Weimar>). Pochi artisti esprimono come Busoni il tormento storico dell'antinomia tra desiderio di comunicazione e rifiuto di identificare quell'esigenza con i mezzi linguistici della tradizione.» [Armando GENTILUCCI, "Guida all'ascolto della musica contemporanea", Milano, Feltrinelli, 1969, ristampata fino ai nostri giorni, p. 93.]

"La brevità del testo è condizione imposta dalla musica, poiché in media un testo musicato dura tre volte più di un testo parlato. Anche la lacunosità del testo poetico è intenzionale, per lasciare lo spazio che la musica dovrà riempire. Un dramma in sé compiuto non ha bisogno di musica. Ho scritto il testo durante il primo Natale di guerra, in sei giorni, come preso da una febbre; prima di abbandonare ciò che crollava dietro a me." [BUSONI I, pp. 426-427.]

"Già prima di stendere il libretto avevo atteso a degli 'studi musicali per il Faust', componendo un 'Nocturne symphonique' e una 'Sonatina seconda', che hanno trovato impiego e sviluppo nella partitura, dal punto di vista sia tematico che stilistico, e che mi sono serviti di utile preparazione come stimolo, norma, atmosfera. Mentre lavoravo all'opera complessiva, staccati da quella eppure da essa dipendenti, avevo scritto poi per prova (modello a scala ridotta) una Sarabanda e un Corteggio per orchestra, il cui ascolto mi procurò più sicurezza e nuovi insegnamenti.
Prima di tutto si trattava di abbozzare il piano complessivo, nelle linee generali già predisposto dal testo, di riflettere sulla scelta, la suddivisione, l'impiego dei mezzi e delle forme (temporali e compositive). Soprattutto mi stava a cuore di creare forme musicalmente indipendenti, che si adattassero alla parola e all'evento scenico ma avessero esistenza propria e significativa, anche staccate dalla parola. Come la melodia è al vertice di tutti i mezzi compositivi, così la voce umana rimane il mezzo sonoro più importante ed espressivo, lo strumento più vivo e più ricco di anima, che con facile vittoria risalta su tutti gli altri, artificiali, e di portata più estesa, penetrante come riesce all'aperto e a distanza. (Non è fuori luogo ricordare qui ancora una volta questi fatti ovvii e risaputi). I limiti di questo, che è il più nobile dei mezzi sonori, nascono, a loro volta, dalla sua dipendenza dalla lingua (come accentuazione) e dal testo (come andamento del pensiero), dalla economia del respiro, dall'estensione limitata, dalla frequente mancanza di precisione." [BUSONI II, pp. 195-196.]