GUIDA
AL DOKTOR FAUST

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VORSPIEL II
(Preludio II)

Stessa scena, a mezzanotte. Faust si prepara ad evocare gli spiriti, con gesti rituali. Si toglie la cintura e ne fa un cerchio sul pavimento. Poi vi entra tenendo in mano la chiave. Invoca Lucifero, alzando la chiave che incomincia a lampeggiare. Un coro invisibile domanda a Faust quali siano i suoi desideri. Faust chiede che gli vengano inviati i servi di Lucifero. Subito la chiave e la lampada dello studio si spengono e e sei lingue di fuoco si librano nell'aria. Faust, in preda all'orrore, chiede chi esse siano. Il primo si rivela come: Gravis e si definisce lento come sabbia che scorre nella clessidra. Faust lo allontana sarcastico, cosicché la prima fiamma si spegne. Il secondo è Levis, veloce come foglia che cade. Anche questo è congedato bruscamente: "Io (Faust) so cader più rapido." Il terzo è Asmodus, veloce come un ruscello che scorre dalla sorgente all'oceano. Faust lo definisce un vantatore perché sa essere veloce solo nella discesa. A questo punto le speranze di Faust sembrano svanire. Evoca il quarto: è Belzebù, veloce come una palla dell'archibugio. Ma ciò non gli basta:

"Ein Spottfürst! Ist die Flinte nicht etwa Menschenwerk? Ist des Menschen Wunscht, ist denn nicht sein Traum höher zielend, weiter tragend? Wie könntest du mir, Faust, genügen? Entweiche"

[Principe beffardo! (in tono sommesso e appassionato) L'arma non è forse opera dell'uomo? E il desiderio umano, il suo sogno non tende a mète più alte e lontane? Come puoi tu bastare a me, Faust? Vattene via!]

Così, anche la quarta fiamma si spegne. Il quinto spirito evocato è Megäros, che in rapidità eguaglia l'uragano. Ma anche questo non riesce a soddisfare le esigenze di Faust.
A questo punto egli esce dal cerchio e medita, insoddisfatto e deluso, di sospendere l'evocazione:

"Ein einzelner blieb. Ich zögre, die letzte Hoffnung zu zerstoren: mir bangt vor der eklen Leere, die folgen muss. So wäre dies der ganze Höllenprunk! Wie steht doch eines Menschen Geist darüber! In ihm ist des Gottes Hauch. Wie ich euch verachte, die ihr hier gedämmert, und nun dunkelt, ihr Dunkelhaften! Ich kehre mich ab von euch. Welchem Wahn gab ich mich hin! Arbeit, heilende Welle, in dir bade ich mich rein!"

[Non ne resta che uno solo. Non oso distruggere l'ultima speranza; temo il vuoto orribile che seguirà... E sarebbe solo questa la potenza infernale? Oh, quanto è ben più elevato lo spirito di un uomo. In lui vi è il soffio divino. Come vi disprezzo, o vane luci, splendenti ma poi subito spente! Io vi rifuggo. A quale delirio mi sono abbandonato! O lavoro, onda purificatrice, è in te che mi immergerò!]

Improvvisamente, senza essere stata evocata, la sesta fiamma, la più splendente e alta, si annuncia affermando di essere veloce come il pensiero umano. Faust, che nel frattempo è uscito dal cerchio e quindi non è più protetto contro le potenze infernali, è finalmente pago della risposta ottenuta ("Che posso sperare di più?") e domanda alla fiamma di rivelare il suo nome: "Mefistofele" è la risposta e Faust gli chiede di materializzarsi: subito dopo, vestito di nero, entra furtivamente nello studio. Faust se lo trova dinanzi improvvisamente e subito gli chiede: "Mi vuoi servire?" "Forse... forse" - è la risposta - "e in qual maniera?"

"Beschaffe mir für meines Lebens Rest die unbedingte Erfüllung jeden Wunsches, lass mich die Welt umfassen, - den Osten und den Süden, die mich rufen; o, lass mich die Welt umfassen, der Menschen Tun begreifen, es ungeahnt erweitern; gib mir Genie, gib mir auch sein Leiden."

[Promettimi per il resto dei miei giorni di esaudire incondizionatamente ogni mio desiderio; fammi abbracciare il mondo, l'oriente e l'occidente, che mi chiamano; fammi abbracciare il mondo, fa' che io comprenda tutte le azioni umane, fa' che ne accresca in modo finora impensabile la loro grandezza. Dammi il genio e tutto il suo tormento.]

Faust gli chiede anche di renderlo libero. Mefistofele gli promette questo e altro, ma in cambio vuole che, quando tutti i desideri saranno esauditi, quando sarà libero dalle catene della condizione umana diventi a sua volta il suo servitore, sia sottomesso a lui per l'eternità. Faust oppone un secco rifiuto: "Non posso e non lo voglio. Vattene via." Ma Mefistofele gli ricorda le persone che lo perseguitano: i creditori, il fratello della ragazza che egli ha sedotto e che vuole vendicarsi uccidendolo, i preti che stanno in agguato per mandarlo al rogo, accusato di stregoneria per le sue attività di alchimista. Essi già picchiano alla porta. E d'altra parte gli offre ricchezze e onori, gioie d'amore, immensa fama e tutte le meraviglie tutte della terra. Faust, chiuso ormai in una morsa diabolica, non ha vie di scampo e si arrende. Allora Mefistofele, su ordine di Faust, uccide all'istante i suoi persecutori. Dalla Cattedrale, intanto, giunge il canto del Credo. Faust è in preda a una disperata angoscia:

"Wo ist mein Wille, wo mein Stolz geblieben! Unseliger Faust, das Höllenwerk begann. (Tritt an das Fenster) Wie wird mir! [...] Ostertag! Da ziehen die Guten zum Münster. Oh, Tag meiner Kindheit! [...] Du, Faust, bist nun ein Toter. Ich werde gerichtet! Wer hilft mir?"

[Dove son finite la mia volontà, la mia fierezza! Ah, sventurato Faust, l'opera infernale è cominciata. (si avvicina alla finestra) Che ne sarà di me? (sorge il giorno) [...] E' Pasqua! I buoni si recano in chiesa... O, giorno della mia infanzia! ][...] Faust, tu ormai sei morto! Sarò chiamato al giudizio! Chi mi potrà ancora aiutare?]

Un corvo entra volando e porta nel becco una penna; Mefistofele la prende e ordina a Faust di mantenere la parola data. Faust temporeggia, ma poi firma col suo sangue il patto stipulato con le forze infernali.

Mentre il coro continua a intonare il Credo, Faust è colto da un'angoscia disperata:

"Es gibt kein Erbarmen. Es gibt keine Seligkeit, keine Vergeltung, den Himmel nicht und nicht die Höllenschrecken: dem Jenseits trotz' ich!"

[Non c'è pietà, non c'è beatitidine, non c'è redenzione; né cielo, né gli orrori dell'inferno! Io li sfido!]

Poi tremante sottoscrive con il suo sangue il patto e cade svenuto. Mefistofele contempla per un istante la sua vittima, gli strappa di mano il foglio, poi scompare, dicendo con tono sarcastico: "E' nelle mie mani!" Intanto la scena si fa sempre più chiara: i raggi del sole mattutino inondano di luce la stanza. E’ il lunedì di Pasqua. Le campane suonano a distesa, mentre il coro inneggia: "Gloria in excelsis Deo et in terra Pax. Alleluia."