WILLIAM SHAKESPEARE

ANTONIO E CLEOPATRA



ATTO QUARTO




SCENA I - Davanti ad Alessandria. Il campo di Cesare


Entrano OTTAVIO CESARE, AGRIPPA, MECENATE, con l’esercito

OTTAVIO - (Leggendo la lettera di Antonio)
Mi dà del ragazzetto e mi rimprovera,
come se avesse lui tanto potere
da cacciarmi di forza dall’Egitto.
Ha fustigato con verghe il mio messo,
e qui mi sfida a battermi con lui,
Cesare contro Antonio, faccia a faccia…
Fate sapere a quel vecchio ruffiano
che per morire ho diversi altri modi,
e che mi prendo a gabbo la sua sfida.

MECENATE - Devi pensare, Cesare,
che quando un grande della sua statura
comincia ad infuriare, è quello il segno
che si sente sull’orlo dell’abisso.
Perciò non devi dargli più respiro,
e devi profittar subito adesso
del suo stato di frenesia mentale:
l’ira furiosa non è stata mai
una buona custode di se stessa.

OTTAVIO - Sappiano allora i nostri comandanti
che domani intendiamo dar battaglia,
l’ultima delle molte combattute.
So che ci sono nelle nostre file
uomini che hanno abbandonato Antonio
ancora di recente, e sono tanti
che bastano essi soli a catturarlo.
Si provveda che tutto ciò sia fatto,
e che s’offra all’esercito un banchetto.
Abbiamo vettovaglie a sufficienza,
per permetterci questo largo scialo:
se lo sono ampiamente meritato.
Povero Marcantonio!…

(Escono)



SCENA II - La reggia di Cleopatra ad Alessandria


Entrano ANTONIO, CLEOPATRA, ENOBARBO, CARMIANA, IRAS,
ALESSA e altri

ANTONIO - Non vorrà battersi con me, Domizio?
Che dici?

ENOBARBO - Non lo credo.

ANTONIO - E perché non dovrebbe?

ENOBARBO - Penserà
che sentendosi superiore a te
venti volte, sarebbe venti a uno.

ANTONIO - Domani, io soldato,
vorrò combattere per mare e terra;
o vivrò, o laverò col sangue
il mio morente onore di soldato,
sì da farlo tornare a nuova vita.
E tu, sei pronto a batterti da prode?

ENOBARBO - Colpirò al grido di “Tutto per tutto!”.( )

ANTONIO - Ben detto! Andiamo, chiama qui i miei servi:
stasera, a cena, voglio esser munifico.

Entrano tre o quattro SERVI

Qua la mano: ti sei sempre portato
onestamente; ed anche tu… e tu…
e tu… m’avete tutti ben servito,
e avete avuto per compagni i re.

CLEOPATRA - (A parte, a Enobarbo)
Che dice?

ENOBARBO - È uno di quei tratti strani
che il dolore sprigiona dalla mente.

ANTONIO - (A un altro servo)
Anche tu sei onesto…
Come vorrei mutarmi in tutti voi
e di voi tutti fare un solo Antonio,
per fare a questo Antonio il buon servizio
che avete reso a me.

TUTTI - Gli dèi non vogliano!

ANTONIO - Ebbene, cari amici,
accuditemi ancora questa notte;
non lesinatemi le coppe piene,
ed usatemi tutte le attenzioni
come quando anche a voi era compagno
il mio impero, ed obbediva a me.

CLEOPATRA - (A parte, a Enobarbo)
Che dice?

ENOBARBO - (A parte, a Cleopatra)
Sta cercando di commuovere
e di far piangere la servitù.

ANTONIO - Sì, servitemi ancora per stanotte.
Può esser l’ultima del vostro ufficio.
Può darsi che non mi vediate più;
o, se sì, sarò un’ombra sfigurata.
Forse domani potrete trovarvi
a sottostare a un diverso padrone.
Vi guardo come chi sta congedandosi.
Onesti amici miei, non vi licenzio,
anzi, quale padrone affezionato
e sposato alla vostra fedeltà,
io rimango con voi fino alla morte.
Assistetemi ancora questa notte.
Ancora per due ore: altro non chiedo.
E che gli dèi ve ne rendano merito.

ENOBARBO - Perché vuoi sconfortarli, generale?
Piangono, guarda. Ed io pure - che asino! -
ho gli occhi di cipolla…
Vergogna! Trasformarsi in femminucce!

ANTONIO - Oh, oh! Che mi si porti la versiera,
se avevo in mente una cosa del genere!
Che possa crescer la divina grazia
dove vanno a posarsi quelle stille!
M’avete preso in senso troppo triste:
io vi parlavo per darvi conforto,
e vi pregavo solo, cari amici,
d’incendiarmi la notte con le torce.
Voglio, anzi, che sappiate, cuori miei,
che per domani ho degli ottimi auspici,
e che saprò condurvi tutti quanti
dove piuttosto che morte onorata
v’attenderà una vita vittoriosa.
Su, tutti a cena! E abbasso i mali auguri!

(Escono)



SCENA III - Alessandria. Davanti alla reggia


Entrano due SOLDATI per montare la guardia

1° SOLDATO - Buona notte, fratello… Gran giornata,
Domani è il giorno.

2° SOLDATO - Sì, in un verso o l’altro,
tutto sarà risolto. Buona notte.
Nulla di strano, in giro per le strade?

1° SOLDATO - Nulla. Perché?

2° SOLDATO - Mah! Saran solo voci…
Buona notte, compagno.

1° SOLDATO - Buona notte.

Entrano altri due SOLDATI

2° SOLDATO - Salute, camerati, e buona guardia.

3° SOLDATO - Anche a te. Buona notte.

2° SOLDATO - Buona notte.

(Si piazzano ai quattro angoli della scena)

4° SOLDATO - Noi qui. E se domani la giornata
sarà propizia per la nostra flotta,
son sicuro che sulla terraferma
il nostro esercito ce la farà.

3° SOLDATO - È un esercito forte e ben deciso.

(Musica di oboi, da dentro, come se provenisse
da sottoterra)

4° SOLDATO - Silenzio! Che cos’è questo rumore?

1° SOLDATO - Udite!

2° SOLDATO - Attenti!

1° SOLDATO - Musica dall’aria…

3° SOLDATO - No, da sotterra.

4° SOLDATO - Sarà segno buono?

3° SOLDATO - No.

1° SOLDATO - Ma che vorrà dire?… Zitti, dico!

2° SOLDATO - Sarà forse la voce del dio Ercole,( )
che Antonio amava, e che adesso lo lascia.

1° SOLDATO - Vediamo un po’ se gli altri della guardia
odono anch’essi ciò che udiamo noi.

2° SOLDATO - Ehi, voi, compagni!

TUTTI - Ehi, là, sentite niente?

1° SOLDATO - Certo ch’è strano.

3° SOLDATO - Lo sentite o no?

1° SOLDATO - Seguiamo il suono fino dove arriva
la nostra guardia. Vediamo se cessa.

TUTTI - D’accordo, andiamo. Ma che cosa strana!

(Escono)



SCENA IV - Alessandria. Una stanza nella reggia


Entrano ANTONIO, CLEOPATRA,
CARMIANA e seguito

ANTONIO - Eros, la mia armatura.

CLEOPATRA - Sta’ un po’ tranquillo.( )

ANTONIO - No, mia gallinella.
Eros, olà, la mia armatura, presto!

Entra EROS recando l’armatura di Antonio

Forza ragazzo mio,
dammi una mano a mettermela su.
Se oggi la fortuna non ci è amica,
è perché la sfidiamo. Avanti, su!

CLEOPATRA - Voglio aiutarti anch’io… Questo a che serve?

ANTONIO - Oh, no, tu cara, lascia stare, lascia!
Tu sei quella che mi corazzi il cuore.
No, non così, ti sbagli… Questo, questo!

CLEOPATRA - Fermo. Così. Voglio aiutarti. Là!
Deve stare così.

ANTONIO - Bene, benissimo.
Adesso sì che vinceremo, cara.
Vedi, amico?… Va’, àrmati anche tu.

EROS - Subito.

CLEOPATRA - Toh! Non l’ho affibbiata bene?

ANTONIO - A perfezione. E chi vorrà sfibbiarla,
finché non piaccia a noi di liberarcene
per riposare, incontrerà tempesta.
Eros, stai pasticciando: la regina
è scudiero più abile di te.( )
Fa’ presto, Eros, sbrigati.

(A Cleopatra)
Amor mio, se soltanto tu potessi
veder come combatto, e fossi esperta
in questa arte da re,
ammireresti all’opera un artista.

Entra un SOLDATO, armato

Buon giorno a te e sii tu benvenuto.
Tu m’hai l’aria di uno
che conosce il mestiere di soldato.
Quando a noi un lavoro ci va a genio,
ci alziamo di buon’ora
e ci accingiamo ad esso a cuor contento.

SOLDATO - Per quanto di buon’ora, generale,
posso dirti che sono un buon migliaio
quelli ch’hanno già addosso le armature,
e son là che t’aspettano alle porte.

(Grida all’interno. Squilli di trombe)

Entrano UFFICIALI e soldati

UFFICIALI - Bella giornata. Buondì, generale!

TUTTI - Buongiorno, generale!

ANTONIO - Ed una bella musica, ragazzi.( )
Il mattino s’è ridestato presto,
come un giovin signore spiritoso
che vuol farsi notare…

(A Eros)
Ecco, così.
Ora porgimi quello. Così. Bravo.

(A Cleopatra)
Addio, signora! Accada quel che può
d’Antonio, questo è il bacio d’un soldato.

(La bacia)

Indugiare nei soliti saluti
sarebbe riprovevole e passibile
di vergognosa censura. Ti lascio
come un uomo d’acciaio;
e chi di voi è ansioso di combattere
mi segua. Io vi guiderò. Addio.

(Esce Antonio con gli ufficiali e i soldati)

CARMIANA - (A Cleopatra)
Desideri rientrar nella tua camera?

CLEOPATRA - Sì, fammi strada. Se ne va da eroe.
Se questa guerra potesse decidersi
in uno scontro tra Cesare e lui
in singolar tenzone, allora Antonio…
Ma adesso… adesso, ormai… Va bene, andiamo.

(Escono)



SCENA V - Alessandria. Il campo di Antonio


Squilli di tromba

Entrano ANTONIO ed EROS.
Un SOLDATO li incontra

SOLDATO - Gli dèi rendano questo un fausto giorno
per Antonio!

ANTONIO - Se tu e le tue ferite
foste stati capaci di convincermi
quel giorno di combattere per terra!( )

SOLDATO - Se tu lo avessi fatto,
i re che ti si sono ribellati
e quel soldato che t’ha disertato
si troverebbero oggi al tuo fianco.

ANTONIO - Chi è che m’ha lasciato stamattina?

SOLDATO - Chi? Uno che ti fu sempre vicino.
Chiama Enobarbo: non ti ascolterà.
O se ti ascolterà, lo udrai rispondere,
dall’altra parte: “Non son più dei tuoi!”.

ANTONIO - Che dici?

SOLDATO - Che è con Cesare, signore.

EROS - Le sue casse, con tutto il suo peculio,
sono qui, generale.

ANTONIO - Se n’è andato?

SOLDATO - Senza il minimo dubbio.

ANTONIO - Va’, va’, Eros,
vedi di rimandargli il suo tesoro.
E subito, te l’ordino:
non trattenerne nemmeno un centesimo.
Scrivigli - io firmerò - un gentile addio,
con bei saluti; digli che il mio augurio
per lui è ch’ei non abbia più ragione
in avvenire di cambiar padrone.
Ah, Enobarbo!… L’avversa mia sorte
ha corrotto gli onesti!… Svelto, Eros!

(Escono)



SCENA VI - Alessandria. Il campo di Cesare


Squillo di tromba
Entrano OTTAVIO CESARE, AGRIPPA, ENOBARBO e altri

OTTAVIO - Avanti, Agrippa, inizia tu l’attacco.
Antonio voglio che sia preso vivo.
È un ordine. Fallo sapere a tutti.

AGRIPPA - Sarà eseguito, Cesare.

(Esce)

OTTAVIO - Il tempo della pace universale
non è lontano, e nel trinacrio mondo,( )
se la giornata ci sarà propizia,
liberamente fiorirà l’olivo.

Entra un MESSO

MESSO - Antonio è sceso in campo.

OTTAVIO - Allora corri ed ordina ad Agrippa
di schierare davanti, in prima fila,
tutti quelli che han disertato Antonio:
così ch’ei possa avere l’impressione
di sfogar la sua furia su se stesso.

(Escono tutti meno Enobarbo)

ENOBARBO - Alessa ha disertato.
Era partito in Giudea per Antonio,
e là giunto, ha convinto Erode il Grande
a passare con Cesare,
abbandonando Antonio, suo signore;
in compenso di queste sue fatiche,
Cesare l’ha impiccato.
Canidio e tutti gli altri disertori
hanno avuto da Cesare un impiego,
ma non un’onorevole fiducia.
Mi sono comportato molto male,
e ne porto un rimorso tanto amaro,
che non conoscerò più la lietezza.

Entra un SOLDATO di Cesare

SOLDATO - Salute a te, Enobarbo.
Antonio ti ha mandato il tuo peculio,
intatto, e in più un suo dono personale.
Il messo è giunto mentre ero di guardia,
e adesso sta davanti alla tua tenda
a scaricare i muli.

ENOBARBO - Sì, sì, prendilo tu. Te lo regalo.

SOLDATO - Non è uno scherzo, Enobarbo. È davvero.
Pensa piuttosto a far scortare il messo
fuori dal campo. L’avrei fatto io stesso,
ma devo attendere alle mie mansioni.
È sempre un Giove, quel tuo generale!

(Esce)

ENOBARBO - L’unico scellerato della terra
son io, e più che mai lo sento adesso.
Oh, Antonio, Antonio,
tu, miniera di generosità,
come avresti saputo compensare
un migliore servizio da mia parte,
se compensi con l’oro la mia infamia!
Sento che il cuore mi si gonfia dentro,
e se a spezzarlo non sarà il rimorso,
un mezzo più spedito lo farà.
Ma basterà il rimorso: già lo sento.
Combatter io contro di te?… Giammai!
Saprò pure trovarmi un qualche fosso
in fondo a cui andare a darmi morte;
più sozzo esso sarà, più sarà degno
di quest’ultimo gesto di mia vita.

(Esce)



SCENA VII - Campo di battaglia fra i due accampamenti


Frastuono di guerra - Tamburi e trombe
Entra AGRIPPA con altri

AGRIPPA - Ritirata!… Ci siamo spinti troppo!
Cesare stesso sta in difficoltà;
la pressione nemica è superiore
di molto a quella che ci aspettavamo.

(Escono)

Tamburi

Entrano ANTONIO e SCARO

SCARO - Generale, mio prode condottiero!
Questo sì che è combattere, perdio!
Avessimo operato così prima,
li avremmo rimandati tutti a casa,
tutti col capo fasciato di stracci.

ANTONIO - Ma tu sanguini forte.

SCARO - Questa ferita era a forma di “T”,
è diventata un’“H”.

(Trombe di ritirata, in distanza)

ANTONIO - Battono in ritirata.

SCARO - Nei cessi li dobbiamo ricacciare!
Io qui ci ho posto ancora per sei tacche.

Entra EROS

EROS - Son battuti ed in fuga, generale!
E questo nostro primo sopravvento
è già per noi una bella vittoria.

SCARO - Marchiamoli a frustate sulla schiena
e prendiamoli in trappola da dietro,
come si fa per catturar le lepri!
Malmenare chi scappa è divertente.

ANTONIO - Mi riprometto di ricompensarti
una volta per questa tua allegria,
che tutti ci conforta,
e dieci volte per il tuo coraggio.
Seguimi.

SCARO - Zoppo, ma ti vengo dietro.

(Escono)



SCENA VIII - Sotto le mura di Alessandria


Tamburi
Entra ANTONIO, marciando,
con SCARO e altri soldati

ANTONIO - L’abbiamo ricacciato nel suo campo.
Qualcuno corra a informar la regina
del successo di questa nostra azione.
Domani, prima che ci scorga il sole,
faremo scorrer l’altro loro sangue
che oggi ci è sfuggito. A tutti, grazie!
Siete dei prodi, e vi siete battuti
non già come chi serve un’altrui causa,
ma come se la mia fosse la vostra.
Ognun di voi s’è dimostrato un Ettore.
Rientrate ora in città,
a riabbracciare le mogli, gli amici,
e raccontategli le vostre gesta,
mentre con le lor lacrime di gioia
vi laveranno il sangue raggrumato
delle ferite, e con i loro baci
vi guariranno le gloriose piaghe.

Entra CLEOPATRA col seguito

(A Scaro)
La tua mano: voglio raccomandare
a questa incantatrice le tue gesta,
e farti benedire dal suo “grazie”.

(A Cleopatra)
O tu, luce del mondo!
Cingimi con le braccia il collo armato,
balza, ornamenti e tutto, come sai,
attraverso la mia salda corazza,
e penetrami dentro, fino al cuore,
a cavalcarne i battiti trionfali.

CLEOPATRA - Signore dei signori, re dei re!
O valore infinito,
tu mi ritorni sorridente e illeso
dalla più grande insidia della terra?( )

ANTONIO - Mio usignolo! Li abbiam ricacciati
nei loro letti. Eh, bambina mia,
se qualche filo grigio
si mescola ai più giovani e castani,( )
un cervello c’è ancora in questa testa
che sollecita bene tutti i nervi,
e che punto per punto
tiene il passo con molta gioventù.
Guarda quest’uomo ed offri alle sue labbra
il grazioso favor della tua mano.

(A Scaro)
E tu, guerriero, baciala.
Oggi questo soldato s’è battuto
come se sotto le sue spoglie un dio
menasse distruzione in odio agli uomini.

CLEOPATRA - Ti farò dono, amico,
d’un’armatura d’oro. Era d’un re.

ANTONIO - E lui l’ha degnamente meritata,
fosse pur tempestata di rubini
come il carro di Febo.
Dammi la mano, e andiamocene in marcia
allegramente, attraverso Alessandria,
coi nostri scudi coperti di tacche
come i corpi dei loro possessori.( )
E se il nostro palazzo avesse posto
per contenere tutto questo esercito,
ci siederemmo tutti insieme a cena,
brindando alle fortune di domani
che promette pericoli da re.
Trombettieri, assordate la città
con clangore di bronzo,
e, mischiandovi al rullo dei tamburi,
fate che cielo e terra insieme echeggino
a salutare la nostra vittoria.

(Escono)



SCENA IX - Il campo di Ottavio Cesare


Entra una SENTINELLA con altri soldati

SENTINELLA - Se fra un’ora qui non verrà nessuno
a darci il cambio, dovremo tornare
tutti al posto di guardia.( )
La notte è chiara, e, a quello che si dice,
attaccheremo alle due del mattino.

1° SOLDATO - Brutta giornata, ieri, per noialtri.

Entra ENOBARBO senza accorgersi dei soldati

ENOBARBO - (Tra sé)
O sacra luna, siimi testimone
finché nel gran registro della storia
i nomi di coloro che tradirono
verranno odiosamente ricordati:
davanti alla tua faccia
il misero Enobarbo s’è pentito!

1° SOLDATO - Enobarbo!

3° SOLDATO - Silenzio! Udiamo ancora.

ENOBARBO - O sovrana signora
della cupa malinconia del cuore,
dègnati di colare su di me
il venefico umore della notte,
sì che la vita, al mio voler ribelle,
non abbia ad essermi più a lungo un peso;
scaglia il mio cuore contro la tagliente
pietra della mia colpa,
sì ch’esso, inaridito dal dolore,
s’abbia a ridurre sbriciolato in polvere,
ponendo fine ai miei cupi pensieri.
Oh, Antonio, tu ch’hai l’animo più nobile
di quanto infame sia la mia slealtà,
perdonami per quello che t’ho fatto;
ma il mondo iscriva pure il nome mio
nel novero dei grandi traditori
e dei vili fuggiaschi. Oh, Antonio! Antonio!…

(Muore)( )

2° SOLDATO - Diciamogli qualcosa.

1° SOLDATO - Ascoltiamo piuttosto quel che dice,
perché potrebbe interessare Cesare.

3° SOLDATO - Bene. D’accordo. Ma s’è addormentato.

1° SOLDATO - Direi piuttosto che sarà svenuto,
perché una così trista invocazione
per dormire, non s’era udita mai.

2° SOLDATO - Andiamogli vicino.

(S’avvicinano al corpo di Enobarbo morto)

3° SOLDATO - Sveglia, compagno, sveglia! Di’ qualcosa!

1° SOLDATO - Su, compagno, ci senti?… Olà!… Macché!…
La mano della morte l’ha ghermito.

(Rullo di tamburi in lontananza)

Ecco, i tamburi rullano sommessi
a risvegliar chi dorme.
Su, trasportiamolo al corpo di guardia:
dev’essere qualcuno di riguardo.
Il nostro turno di guardia è finito.

3° SOLDATO - Su, forza, allora; forse può riaversi.

(Escono portando il corpo di Enobarbo)



SCENA X - Spazio fra i due accampamenti


Entrano ANTONIO e SCARO, con l’esercito

ANTONIO - Oggi vanno apprestandosi per mare:
per terra non facciamo al caso loro.

SCARO - S’apprestano per tutt’e due, signore.

ANTONIO - E noi combatteremo in mezzo al fuoco,
o in aria: andremo a batterci anche là.
Ma ecco gli ordini per la battaglia:
la fanteria resterà qui con noi,
sulle alture contigue alla città
(per mare gli ordini sono impartiti:
la nostra flotta ha già lasciato il porto);
da lassù si potrà scoprire meglio
il loro piano, e seguirne le mosse.

(Escono)



SCENA XI - Un’altra parte dell’area fra i due campi


Entra OTTAVIO CESARE con l’esercito

OTTAVIO - Salvo che non ci attacchino per terra,
noi ce ne resteremo fermi qui;
e così andrà, mi pare,
perché adesso le sue migliori truppe
son fuori, a bordo delle sue galee.
Attestiamoci a valle,
e manteniamo lì la posizione
che stimeremo a noi più vantaggiosa.

(Escono)



SCENA XII - Le alture presso Alessandria


Entrano ANTONIO e SCARO

ANTONIO - Nessun contatto ancora, fra le flotte.
Da dove s’erge quel pino, lassù,
potrò vedere tutto, e tra non molto
ti potrò dire come stan le cose.

(Esce)

SCARO - A poppa delle navi di Cleopatra
le rondini hanno fatto i loro nidi:( )
gli àuguri dicono, interrogati,
di non sapere e non poter dir nulla;
hanno l’aspetto torvo e accigliato,
e non osano dir quel che intravedono.
Antonio è intrepido, ma è giù di tono,
e a tratti le mutevoli sue sorti
gli danno ora speranza ora timore
per ciò che ha e per ciò che non ha.

(Tumulto in lontananza, come di scontro navale)

Rientra ANTONIO

ANTONIO - Tutto è perduto, Scaro! Tutto! Tutto!
Quella infame egiziana m’ha tradito!
La mia flotta s’è arresa; laggiù in mare,
lanciando in aria i loro copricapo,
e bevazzano insieme come amici
ritrovatisi dopo tanto tempo!
Oh, tre volte fedifraga puttana!
Dovevi vendermi a questo novizio!
Con te ora il mio cuore è solo in guerra.

(A Scaro)
Di’ a tutti di fuggire.
Perché dopo che avrò fatto vendetta
di me su questa mia ammaliatrice,
avrò tutto finito.
Ordina a tutti di fuggire, va’!

(Esce Scaro)

O sole, più io non vedrò il tuo sorgere;
qui la Fortuna e Antonio si separano,
qui ci stringiam la mano.
E doveva ridursi tutto a questo?…
Tutti i cuori che avevo alle calcagna,
scodinzolanti come cagnolini,
perché soddisfacevo le lor voglie,
ora si liquefanno e il lor dolciume
lascian colare sul fiorente Cesare;
e questo pino che li sovrastava
ormai non ha più foglie. Io son tradito!
Ah, quest’anima perfida d’Egitto!
Questa sinistra maga incantatrice
che poteva, in un solo volger d’occhi,
mandarmi in guerra o richiamarmi a casa;
il cui seno era il mio serto di gloria,
il mio scopo supremo,
m’ha giocato come una vera zingara,
e, lega e sciogli,( ) m’ha precipitato
nel cuore della più nera rovina!
Oh, Eros, Eros, Eros!…( )

Entra CLEOPATRA

Ah! Tu, strega, sta’ indietro!

CLEOPATRA - Perché è così infuriato il mio signore
con l’amor suo?

ANTONIO - Dileguati, svanisci,
davanti a me, o ti do quel che meriti,
e guasterò il trionfo di Cesare.( )
Sia lui a catturarti,
e a sollevarti per le vie di Roma
tra la plebaglia urlante;
segui pure il suo carro trionfale
come somma ignominia del tuo sesso:
che ti si esponga all’infima marmaglia
come la più mostruosa meraviglia,
come spettacolo da quattro soldi;( )
e ti scanali il viso l’unghia aguzza
della paziente Ottavia.

(Esce Cleopatra)

Sì, fai bene ad andartene,
s’è un bene vivere; sarebbe meglio
però per te che tu fossi abbattuta
dall’ira mia: con una morte sola,
te ne risparmieresti mille e mille.
Oh, Eros, Eros! Io mi sento addosso
la camicia di Nesso;
insegnami tu, Alcide, mio antenato,
il tuo furore: sì ch’io scaraventi
Lica fino sopra ai corni della luna,
e sopprima la mia nobile essenza
con queste stesse mani
che hanno stretto la più pesante clava.( )
Quella strega morrà:
lei m’ha venduto al ragazzo romano,
e del loro complotto io son la vittima.
Morir tu devi! Oh, Eros, Eros, Eros!…

(Esce)



SCENA XIII - Alessandria. La reggia di Cleopatra


Entrano CLEOPATRA, CARMIANA,
IRAS e MARDIANO

CLEOPATRA - Aiuto, donne mie!… È più furioso
del Telamonio a causa dello scudo!( )
Non fu schiumoso mai di tanta rabbia
il tessalo cinghiale!( )

CARMIANA - Al Mausoleo! Richiuditi là dentro,
e poi mandagli a dire che sei morta.
Il vedersi sfuggire sotto gli occhi
la grandezza non è men doloroso
che lo staccarsi l’anima dal corpo.

CLEOPATRA - Al Mausoleo!… Mardiano, va’ da lui,
e digli ch’io mi son tolta la vita.
Digli che la mia ultima parola
è stata “Antonio”. Diglielo piangendo.
Va’, Mardiano, e poi torna a riferirmi
come ha accolto l’annuncio di mia morte.
Io vado al Mausoleo.

(Escono)



SCENA XIV - La stessa. Un’altra stanza


Entrano ANTONIO ed EROS

ANTONIO - Eros, mi vedi ancora in faccia a te?

EROS - Sì, nobile signore.

ANTONIO - Perché a volte ci accade di vedere
una nuvola a forma di dragone,
a volte un qualche vaporoso effluvio
che somiglia ad un orso o ad un leone,
a una rocca turrita,
a un alto picco sporgente a strapiombo,
ad un monte biforcuto,
a un promontorio azzurro con degli alberi,
che reclinan le chiome sulla terra
e par che si confondano con l’aria…( )
Li avrai visti anche tu: sono i cortei( )
dei personaggi dell’opaco vespero…

EROS - Infatti, mio signore.

ANTONIO - … e quello che sembrava ora un cavallo,
in un batter di ciglio
la cortina di nubi lo cancella
e ce lo rende indistinto alla vista,
come acqua in mezzo all’acqua.

EROS - È vero, mio signore.

ANTONIO - Ebbene, Eros,
anche il tuo capitano non è più
che una forma indistinta come quelle.
Ecco, come mi vedi, io sono Antonio:
eppure non potrò più conservare
questa forma visibile. Non più.
Ho fatto questa guerra
per l’Egitto e per questa sua regina
di cui credevo possedere il cuore,
così com’ella possedeva il mio,
che per il tempo ch’era stato mio
se n’era annessi a sé un milione e più,
ora tutti perduti… Ma lei, Eros,
ha mescolato le carte con Cesare,( )
e, barando, ha ceduto la mia gloria
in cambio del trionfo del nemico.( )
Ma tu non piangere, Eros gentile;
restiamo ancor noi stessi, per finirci.

Entra MARDIANO

Ah, quella svergognata tua padrona
m’ha rubato la spada!

MARDIANO - No, Antonio, ella t’ha amato, e le sue sorti
facevano tutt’uno con le tue.

ANTONIO - Vattene, eunuco impertinente! Zitto!
M’ha tradito, e dev’esser messa a morte!( )

MARDIANO - La morte è un debito che una persona
paga una volta sola:
ed ella il conto suo l’ha già saldato.
Perché quel che volevi fare tu,
è stato già compiuto, ed in tue mani:
il suo ultimo dire è stato: “Antonio,
nobilissimo Antonio!”…
Poi, nel mezzo d’un gemito straziante
questo nome di Antonio s’è spezzato
diviso tra il suo cuore e le sue labbra.
E così, col tuo nome in lei sepolto
ha reso la sua vita.

ANTONIO - È morta, dunque?

MARDIANO - Sì.

ANTONIO - Eros, toglimi via quest’armatura:
il compito del nostro lungo giorno
è finito, e dobbiamo riposare.

(A Mardiano)
Che tu possa partirti sano e salvo
da qui, ripaga generosamente
la tua fatica. Va’.( )

(Esce Mardiano)

Eros, disarmami.
Ora il settemplice scudo di Aiace( )
non basterebbe a proteggermi il cuore
da tanti colpi. Miei fianchi, squarciatevi!
Cuore, per una volta, sii più forte
del tuo fragile involucro di carne,
e spezzalo! Fa’ presto, presto, Eros!
Disarmami: non sono più un soldato.
E tu, armatura mia piena d’ammacchi,
va’, sei stata indossata con onore!
Ora, ti prego, lasciami un momento.

(Esce Eros)

Io vengo a te, Cleopatra,
a implorare piangendo il tuo perdono.
Così dev’essere: ché ormai per me
ogni ulteriore indugio è una tortura.
Spenta è la fiaccola, stenditi in terra
e poni fine agli errori e agli affanni.
Ora ogni sforzo ottiene il suo contrario,
la forza stessa inceppa la sua forza.
Apponiamo il sigillo, e sia finita,
Eros!… Io vengo, o mia regina, aspettami.
Ce ne andremo tenendoci per mano
dove l’anime giacciono sui fiori
e coll’incedere nostro radioso
ci faremo ammirare dagli spiriti:
Didone ed il suo Enea
non avran più chi faccia lor corteggio,
perché tutti verranno al nostro seguito.
Oh, Eros, Eros, vieni!…

Rientra EROS

EROS - Che cosa mi comanda il mio padrone?

ANTONIO - Dacché Cleopatra è morta,
io sto vivendo in tale disonore
che dagli stessi dèi
la mia bassezza è stata presa in odio.
Io, che ho squarciato con la spada il mondo,
e ho fatto sorgere città di navi
sopra l’azzurra schiena di Nettuno,
mi trovo adesso ad incolpar me stesso
d’aver meno coraggio d’una donna
e d’esser meno nobile di lei
che con la propria morte dice a Cesare:
“Io son la vincitrice di me stessa”.
Eros, tu m’hai giurato
che quando fosse giunto quel momento
ch’io sentissi la spinta irrefrenabile
dell’avversa fortuna e dell’orrore,
m’avresti ucciso. Ebbene è giunto. Fallo!
Eros, se tu mi uccidi,
tu non uccidi me: sconfiggi Cesare.
Fa’ tornare il colore alle tue guance.( )

EROS - Che gli dèi mi trattengano la mano!
Dovrei dunque far io, mio generale,
quello cui tutte le frecce dei Parti
ancor che a te nemiche, non riuscirono,
ogni volta mancando il tuo bersaglio?

ANTONIO - E tu vorresti, Eros,
da una finestra della grande Roma,
star lì a veder sfilare il tuo padrone,
così, braccia conserte e capo chino,
nell’attesa penosa del castigo,
sfatto nel volto da vergogna atroce,
mentre dinnanzi a lui
il fortunato Cesare in trionfo
sul suo carro facesse risaltare
davanti a tutto il popolo romano
l’estremo suo ludibrio?( )

EROS - No, signore,
questo, di certo, non vorrei vederlo.

ANTONIO - Su, forza, allora! Ché da questo male
può guarirmi soltanto una ferita.
Sfodera la tua spada
che sempre hai cinto con tanto valore
per la tua patria.

EROS - Oh, signore, perdonami!

ANTONIO - Il giorno che ti feci emancipato( )
non mi giurasti che l’avresti fatto,
se te l’avessi chiesto?
Ebbene, adesso devi farlo, subito,
o tutti i tuoi servizi precedenti
saranno stati solo accidentali
e senza alcuno scopo.
Avanti! Sfodera la spada e vieni!

EROS - Allora volgi altrove quel tuo volto,
quel tuo nobile volto
in cui vive la maestà del mondo.

ANTONIO - Ecco fatto.

(Volge altrove il viso)

EROS - Il mio ferro è sguainato.

ANTONIO - E allora, avanti, che compia l’azione
per cui l’hai tratto!

EROS - Amato mio padrone,
mio capitano e mio imperatore,
prima ch’io vibri il sanguinoso colpo,
lasciami dirti addio.

ANTONIO - È detto: addio, Eros, caro amico.

EROS - Addio, mio grande capo.
Debbo colpire adesso?

ANTONIO - Adesso, Eros.

EROS - Ecco, allora! Così io mi sottraggo
al dolor di veder morire Antonio!

(Si trafigge con la propria spada e muore)

ANTONIO - O tu, di me più nobile tre volte!
O valoroso Eros!
Tu qui m’insegni quel che avrei dovuto,
e tu non hai potuto!
Con questo loro esempio di coraggio
la mia regina ed Eros
si sono conquistati su di me
un loro titolo di nobiltà.
Ma la mia morte io voglio abbracciarla
come fossi il suo sposo, e andarle incontro
come si corre al letto d’un’amante!
E dunque, avanti!… Eros,
il tuo padrone muore tuo discepolo:
ecco, tu m’hai insegnato a far così…

(Si lascia cadere sulla spada)

Ah, non muoio, non muoio!… Guardie, olà!
Finitemi!…

Entra DERCETA con alcune GUARDIE

1° GUARDIA - Che sono queste grida?

ANTONIO - Amici, ho mal compiuto la mia opera…
Oh, completate quel che ho cominciato!

2° GUARDIA - L’astro è caduto.

1° GUARDIA - È la fine del tempo.

TUTTI - Oh, sventura, sventura!

ANTONIO - Chi di voi mi vuol bene mi finisca.

1° GUARDIA - Non io!

2° GUARDIA - Non io!

3° GUARDIA - Nessuno di noi tutti!

(Escono le guardie)

DERCETA - (Tra sé)
La tua morte e l’avversa tua fortuna
consigliano la fuga ai tuoi seguaci.
Mi basterà mostrare questa spada
a Cesare, e recargli la notizia,
per entrar nella sua benevolenza.

Entra DIOMEDE

DIOMEDE - Dov’è Antonio?

DERCETA - Sta là, Diomede, là.

DIOMEDE - Vive?… Su, avanti, perché non rispondi?

(Derceta se ne va)

ANTONIO - Oh, Diomede, sei tu?… Snuda la spada,
ed assestami quanti colpi bastino
a farmi morto.

DIOMEDE - Mio supremo duce,
mi manda a te Cleopatra, mia padrona.

ANTONIO - Quand’è che te l’ha chiesto?

DIOMEDE - Or ora appena.

ANTONIO - Dov’è?

DIOMEDE - Rinchiusa nel suo mausoleo.
L’ha assalita un profetico timore
di quello ch’è accaduto.
Quando ha visto che tu la sospettavi
- senza alcun fondamento, devo dirlo -
d’aver tramato con Ottavio Cesare,
e che non ci sarebbe stato modo
di placar la tua furibonda collera,
ti mandò ad annunciare ch’era morta;
ma poi, temendone le conseguenze,
ha mandato qui me per dirti il vero.
Ma temo d’esser giunto troppo tardi…

ANTONIO - Sì, troppo tardi, mio caro Diomede.
Ti prego, chiamami qui le mie guardie.

DIOMEDE - Guardie del generale! Guardie! Olà!
Vi chiama il vostro signore. Venite!

Entrano quattro o cinque GUARDIE di Antonio

ANTONIO - Portatemi dov’è Cleopatra, amici.
È l’ultimo servizio che vi chiedo.

1° GUARDIA - Che dolore, signore, che dolore,
che tu non possa più vivere tanto
da valerti più a lungo dei servigi
di tanti tuoi fedeli servitori!

TUTTI - Ah, sventurato giorno!

ANTONIO - Miei buoni amici, non gratificate
il rio destino con la vostra pena.
Date piuttosto un lieto benvenuto
al destino che viene a castigarci;
perché se ci facciam vedere lieti,
lo castighiamo noi a nostra volta.
Sollevatemi, amici. Tante volte
vi ho guidati; portatemi ora voi,
e vi ringrazio tutti.

(Escono trasportando Antonio)



SCENA XV - Alessandria. Il mausoleo dei Tolomei


Entra CLEOPATRA con le ancelle, nel piano superiore.( ) Sono con lei CARMIANA e IRAS

CLEOPATRA - Oh, Carmiana, da qui non esco più.

CARMIANA - Devi farti coraggio, mia signora.

CLEOPATRA - Non ne ho nessuna voglia.
Bene accetti ci siano ormai gli eventi
più terribili e più straordinari,
ma teniamo in dispregio ogni conforto:
la dimensione del nostro dolore
dev’esser grande come la sua causa.

Entra, nel vano inferiore della scena, DIOMEDE

Dunque, è morto?

DIOMEDE - La morte è su di lui,
ma morto non è ancora. Guarda fuori,
dall’altro lato del tuo mausoleo:
le sue guardie l’hanno portato là.

CLEOPATRA - Oh, sole, brucia in un’immensa vampa
la grande sfera dentro cui ti muovi,( )
e ne restino avvolte nella tenebra
le mutevoli prode della terra!
Oh, Antonio, Antonio, Antonio!…
Amici, voi, là sotto,
aiutatemi a trarlo fin quassù.

ANTONIO - Silenzio!… Non il valore di Cesare
ha rovesciato Antonio:
Antonio ha trionfato su se stesso!

CLEOPATRA - Così doveva essere! Su Antonio
nessun altro poteva trionfare
all’infuori di Antonio!… Ma, oh, sciagura!…

ANTONIO - Egitto, io sto morendo…
ma voglio ancora importunar la morte( )
per un momento: il tempo di posare
sulle tue labbra il mio ultimo bacio,
l’ultimo e il più infelice
dei mille e mille che ci siamo dati.

CLEOPATRA - Non oso, caro… non oso, perdonami…
non oso… per paura d’esser presa.( )
L’imperiale parata del trionfo
dell’arci-fortunato Ottavio Cesare
non si farà ornamento di Cleopatra
finché pugnali, e veleni, e serpenti
avranno punte e denti a buon effetto.
Qui sono in salvo. Né tua moglie Ottavia
avrà giammai l’onore di scrutarmi
dall’alto, con quel suo pudico sguardo,
e con la muta sua riprovazione.
Ma vieni, vieni tu qui sopra, Antonio!
Su, mie donne, aiutatemi!…
Dobbiamo farcela a tirarlo su…
Miei buoni amici, dateci una mano.

ANTONIO - Oh, presto, o sarò morto!

CLEOPATRA - Questo è davvero un gioco da forzuti…
Quanto a peso, non scherza il mio signore!
Ah, che le nostre forze son dissolte
nella pesante angustia che ci opprime,
e questo rende il peso ancor più grave.
Avessi il gran potere di Giunone,
ora Mercurio, il dio dall’ala forte,
ci penserebbe lui ad innalzarti
e a collocarti alla destra di Giove.( )
Su, forza ancora un poco… Oh, i desideri
furon sempre follia! Oh, vieni, vieni!…

(Antonio è sollevato accanto a Cleopatra)

E sii qui benvenuto!
Benvenuto a morir dove hai vissuto.( )
Ma baciami e rivivi! Oh, le mie labbra
avessero davvero un tal potere!…
Me le consumerei così, baciandoti.

TUTTI - Oh, vista dolorosa!

ANTONIO - Io sto morendo, Egitto, sto morendo…
Dammi un goccio di vino,
e lasciami parlare ancora un poco.

CLEOPATRA - No, fa’ parlare me,
e lasciami imprecare tanto forte
che per le mie invettive la Fortuna,
quella bugiarda ipocrita puttana,
dovrà mandare a pezzi la sua ruota.( )

ANTONIO - Dolce regina, un’ultima parola:
da Cesare assicurati l’onore,
insieme con la tua salvezza… Ohi, ohi!

CLEOPATRA - Sono due cose che non vanno insieme.

ANTONIO - Ascoltami, mia cara:
di nessuno di quelli intorno a Cesare
devi fidarti, tranne Proculeio.( )

CLEOPATRA - Mi fiderò della mia decisione
e di queste mie mani;
di nessuno di quelli intorno a Cesare.

ANTONIO - Non fare alcun lamento né angosciarti
del triste e doloroso mutamento
che ti reca la fine di mia vita;
ma ridona conforto ai tuoi pensieri
ricordando le antiche mie fortune,
grazie alle quali ho vissuto da principe,
il più grande e il più nobile del mondo;
e ch’io non sono morto ignobilmente,
né come un vile mi son tolto l’elmo
al cospetto del mio concittadino:
sono un Romano vinto da un Romano,
e vinto con onore…
Ma sento che la vita m’abbandona…
Non reggo più…

CLEOPATRA - Vuoi tu dunque morire,
tu, uomo nobilissimo tra gli uomini?
E di me non t’importa?
Dovrò io dunque seguitare a vivere
in questo mondo gramo, che, tu assente,
non sarebbe migliore d’un porcile?…
Donne, donne, guardatelo!…

(Antonio muore)

La corona del mondo s’è disfatta.
La ghirlanda di guerra s’è appassita.
Tramontata per sempre all’orizzonte
è la stella polare del soldato.
D’ora innanzi fanciulli e giovinette
sono tutti alla pari degli adulti:
è scomparsa la superiorità;
e nulla resta più di degno e grande
ormai, sotto lo sguardo della luna.

(Cade svenuta)

CARMIANA - Signora! Mia signora!

IRAS - È morta anch’essa!
Regina nostra!

CARMIANA - Signora!

IRAS - Regina!
O regina d’Egitto! O imperatrice!

CARMIANA - Silenzio, Iras! Zitta, si riprende.

CLEOPATRA - (Rinvenendo)
Non più regina… una comune donna,
guidata dai meschini sentimenti
della ragazza che munge la vacca
e attende alle più umili mansioni.
Mi verrebbe la voglia
di scagliare contro gli dèi maligni
questo mio scettro, e gridar loro alto
che questo nostro mondo
poteva stare alla pari del loro,
prima che ne rapissero il gioiello.
Adesso tutto è nient’altro che nulla.
La pazienza è da sciocchi,
la rivolta ti fa cane rabbioso.
E allora chi può dire che è peccato
precipitarsi volontariamente
nell’oscura dimora della morte,
prima che sia la morte a visitarci?
Che dite, donne mie?… Su, su, coraggio!
Su, Carmiana, mia nobile fanciulla!
Ah, donne, donne, guardate, guardate:
ecco, la nostra lampada s’è spenta,
non c’è più!… Miei signori, fate cuore,
andiamo a seppellirlo;
poi compiremo, all’uso dei Romani,
tutto quello che è coraggioso e nobile,
per indurre la morte
ad essere orgogliosa di ghermirci.
Su, la spoglia di questo grande spirito
è ormai irrigidita. Ah, donne, donne!
Venite. Non ci restano altri amici
che la nostra decisa volontà
di finirla nel modo più sollecito.

(Escono tutti; quelli del piano di sopra portando via il corpo di Antonio)